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Michele Casalboni

30/08/2023

La prima volta che venni in questo ristorante mi posi la domanda sul perché si chiamasse Terre Alte visto che si trovava sulla prima collina romagnola, a neanche 200 metri di altezza, ma la domanda non la feci mai preso com’ero dalla bontà assoluta di quei piatti a base di pesce che Michele Casalboni mi metteva davanti con gesti delicati e semplici. È passato qualche anno da allora ma quel ristorante, almeno una volta all’anno, mi tornava in mente per come era gestito: il ristorante che meglio di tanti rappresentava quel gusto e quell’ospitalità tipicamente italiana che in tante parti del mondo ci invidiano. Per questo motivo, oggi, Michele Casalboni è il soggetto di questa intervista che comincia proprio da quella domanda mai posta.

Michele  e FrancescaMichele e Francesca

Perché si chiama Terre Alte il tuo ristorante?

“Perché mi piaceva molto quel vino: il Terre Alte di Livio Felluga. Non avevo pensato che potesse essere un marchio registrato e quando si presentò al ristorante Maurizio Felluga ebbi qualche timore. Invece è nata un’amicizia che mi rende orgoglioso e felice, oltre a molte serate fatte appunto con il Terre Alte proprio qui al Terre Alte”.

 

Raccontami di te, come ti sei avvicinato a questo mondo, come hai aperto un ristorante di pesce in collina e perché proprio qui?

“Ho iniziato a lavorare nella ristorazione a 15 anni, facendo il cameriere durante le stagioni estive sulla riviera romagnola. A 19 anni ho fatto l’incontro della mia vita innamorandomi della cucina grazie a Vincenzo Camerucci, lo chef che ha portato una stella Michelin all’Hotel Lido di Cesenatico negli anni Novanta e che oggi gestisce il suo Camì, un agriturismo a pochi passi dal mare. Poi alcune stagioni in montagna fino a che, con un socio, abbiamo visto questa struttura che stavano costruendo sulla collina di Longiano. Era il 2001, avevamo l’entusiasmo giovanile che ti porta a fare scelte avventate, e decidemmo di aprire un ristorante di pesce in collina. In quegli anni era ancora una novità assoluta mangiare il pesce lontano dalle coste ma noi non ci pensavamo molto, volevamo provarci. Un anno e il mio socio lascia per andare in Giappone e mi chiede di vendere tutto. Avevo trent’anni, un po’ di debiti e ancora credevo in questo progetto. Chiesi allo chef se si sentiva in grado di gestire interamente la cucina e Thomas, questo il suo nome, mi disse di sì. Da allora sono passati 22 anni e Thomas Rivalta è ancora con me, a capo di una cucina apprezzatissima”.

Lo chef Thomas RivaltaLo chef Thomas Rivalta

In questi anni del terzo millennio cosa è successo?

“Siamo andati avanti fino al 2009/2010 con il giusto ritmo, senza grandi stravolgimenti, una clientela che si affezionava sempre di più, buoni piatti, poi abbiamo deciso di puntare sul pesce crudo. Era agli albori quel tipo di piatti, all’inizio non si mangiava, ora invece è uno dei simboli del Terre Alte. Con il pesce crudo è cambiato anche il modo di selezionare le materie prime che oggi rappresentano il 35% dei costi del locale. Ne sa qualcosa Matteo Mortani, il nostro capo-partita che, nei 15 anni che è con noi avrà pulito 1200 tonni. Non ultimo il ruolo di Francesca, mia moglie, che ha lasciato il posto in banca per affiancarmi in sala. La sua è una funzione fondamentale. Da quel momento, dopo anni di investimento, possiamo dire che Terre Alte ha raggiunto l’apice del successo, siamo sempre pieni, a mezzogiorno e a sera, tutti i giorni della settimana”.

LL'esterno di Terre Alte

Mi stai parlando di persone che sono con te da una vita, di un ristorante sempre pieno: a tuo parere da cosa deriva questo risultato?

“Credo che molto dipenda dal fatto che ho avuto una gavetta robusta e, quindi, riesco a capire le esigenze del mio personale. Oggi siamo in 15, con persone che sono con me da almeno 10/15 anni. Il motivo? Ascoltare tutti, lasciare libere le persone di esprimersi. In cucina io non entro nemmeno, lo chef ha carta bianca su tutto, dagli acquisti al menu. Pagare il giusto a chi lavora, fargli fare quello per cui è stato chiamato e non per lavare i vetri del ristorante nel tempo libero. Avere una serietà di gestione, orari giusti, esaudire ogni variazione di giorni liberi se le persone hanno impegni inderogabili. Questo per quanto riguarda il personale. Per i miei clienti, invece, garantire che le ore trascorse al Terre Alte siano belle, serene, senza pensieri, senza formalità pur essendo un ristorante di fascia alta. Offrire materia prima di assoluta qualità e questo è possibile se rispetti, ogni giorno, i metodi di pagamento. Per garantire che un ristorante sia un’azienda florida è necessario lavorare in tutti i giorni di apertura e, per fare questo, ci sono molti modi, a cominciare dalla localizzazione: vedi, noi siamo in collina ma a un chilometro dalla Via Emilia, a venti minuti da Cesena e dalla riviera, qui si arriva con estrema facilità e si sa che si mangia sempre bene perché abbiamo una linea talmente corta da definirsi giornaliera e, con il pesce, questo è fondamentale”.

 

Spiegati meglio…

“Il pesce lo puoi ormai comprare in qualsiasi modo: arriva congelato da ogni parte del mondo al tuo indirizzo, grazie a distributori specializzati, ed è buono; puoi acquistarlo al mercato ittico a Milano, il più importante, e trovi di tutto. Ma quello che fa la differenza, per noi, è avere buyer affidabili in ogni mercato delle nostre coste, sapere cosa arriva e a che ora per comprare il meglio ogni giorno. Per questo ti dicevo che spendiamo il 35% del nostro fatturato in materia prima. Un dato esagerato se rapportato alla media della ristorazione che si aggira intorno al 15/18%! Abbiamo un buyer al mercato di Ancona dove le trattative cominciano ogni mattina alle quattro; in quel mercato compriamo solo pesci di taglia grande che arrivano al ristorante, nelle mani del capo-partita al mattino presto. A Rimini, sempre al mattino alle sei, un altro buyer ci segue nell’acquisto di pesci più piccoli, mentre al pomeriggio apre il mercato a Cesenatico dove compriamo prevalentemente le canocchie. Quelle di Cesenatico sono indiscutibilmente le migliori. Infine un buyer pugliese che, da anni, ci fornisce gamberi viola, cozze pelose, cernie, ricciole e frutti di mare dalla Francia; per capirci, 700/800 ostriche a settimana! Tutto pesce pagato alla consegna grazie ai miei clienti che mi garantiscono l’incasso ogni giorno! Solo in questo modo io riesco a interpretare il mestiere di ristoratore!”

Gambero battutoGambero battuto

 

Come cambia il menu a Terre Alte?

“Potrei dire quattro volte all’anno, ma preferisco affermare che cambia in base alla stagionalità del pesce. A volte mi viene da pensare che siamo una pescheria fine che offre un buon servizio… scherzo, ovviamente. Alcuni piatti sono però sempre presenti, soprattutto per la composizione di crudi o per lo spiedino di calamaretti spillo, un autentico piatto che dà dipendenza a detta dei clienti, qualcosa che assomiglia all’illegalità”.

 

Come hanno fatto a conoscere Terre Alte i tuoi clienti?

“Prevalentemente grazie al passaparola! Non facciamo molta attività social e non abbiamo agenzie che ci curano l’immagine. Conosciamo i nostri clienti, ci chiedono semplicemente di star bene. Ci sono persone che vengono tutte le settimane da dieci anni. Ieri sera avevamo 60 persone, di cui 30 per la prima volta; 25 posso dire di averli conquistati per un ritorno, degli altri cinque forse non mi interessava più di tanto. Non è presunzione ma conoscenza del mestiere. Molti pensano che la nostra sia una cucina semplice ma non è così, il pesce, come ogni materia prima, va conosciuto, trattato con rispetto, sapendo che ogni pezzatura e tipologia è adatta a un determinato tipo di preparazione. Tenendo puliti i frigoriferi, cambiando ogni volta gli involucri che avvolgono un pesce ecc…”

Cappesante frescheCappesante fresche

La ristorazione, in questa estate, è stata condizionata da alti e bassi, dal cambiamento climatico che ha spinto le persone a cambiare le destinazioni, dai rincari a volte eccessivi: come valuti il futuro del settore?

“Per noi è stata una delle estati più belle ma non dobbiamo pensare solo a noi stessi e, a questo proposito, non vedo rosa nel Paese. Stipendi inadeguati al costo della vita nella maggior parte dei casi sono un tema che va affrontato in maniera rapida. Per quanto riguarda la ristorazione abbiamo il comparto gourmet che, se non ci fossero i turisti danarosi, sarebbe in crisi. I costi di gestione sono esagerati come la troppa formalità. Non dobbiamo mai dimenticare quello che vuole il cliente, non dobbiamo imporre nelle scelte, altrimenti è la fine!”

Carpaccio di tonno rosso dellCarpaccio di tonno rosso dell'Adriatico
a cura di

Luigi Franchi

La passione per la ristorazione è avvenuta facendo il fotografo nei primi anni ’90. Lì conobbe ed ebbe la stima di Gino Veronelli, Franco Colombani e Antonio Santini. Quella stima lo ha accompagnato nel percorso per diventare giornalista e direttore di sala&cucina, magazine di accoglienza e ristorazione.
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