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Anthelme Brillat-Savarin: il piacere della tavolaA

29/09/2023

Anthelme Brillat-Savarin: il piacere della tavolaA

Molte furono le novità in cucina in seguito alla Rivoluzione Francese (1789). Tra queste, due divennero le più interessanti per la storia della gastronomia: il nuovo ruolo dell’alta borghesia che si prese lo spazio lasciato dall’Ancien Régime nella società, nella cultura e, naturalmente, in cucina, e la nascita dei ristoranti. Fu in questo periodo, infatti, che nacque la figura del gourmet, letterato ed esperto di buon gusto nella vita e a tavola, dal palato esigente ed elegante, abile conversatore e acuto osservatore, frequentatore di ristoranti e, quindi, preparato a educare i nuovi ricchi. D’altronde ricevere ed essere ricevuti, invitare e farsi invitare, era un’arte da insegnare e apprendere. 

Tra questi illustri intellettuali e magnifici anfitrioni ci furono Charles-Maurice de Talleyrand (1754-1838), statista e diplomatico, i cui successi al Congresso di Vienna (1815) passarono sicuramente attraverso i ricchi banchetti da lui organizzati. Vi fu, poi, Alexandre Balthazar Laurent Grimod de La Reynière (1758-1837), magistrato e habitué dei numerosi ristoranti sorti a Parigi dopo la Rivoluzione, dei quali curò una sorta di guida dal 1803 al 1812, l'Almanach des Gourmands. In Italia, un vero gourmet fu il medico Giovanni Rajberti (1805-1861), che ne “L’Arte di convitare spiegata al popolo” del 1850 descrisse i modi di ospitare e stare a tavola.

A questi si aggiunse Jean Anthelme Brillat-Savarin (1755-1826) autore de La fisiologia del gusto o meditazioni di gastronomia trascendente (1825), tutt’ora piacevolissimo e testo fondamentale per la storia della gastronomia. 

Nato nel 1755 a Belley nella regione dell'Alvernia-Rodano-Alpi, Brillat-Savarin sopravvisse al Terrore trasferendosi in Svizzera e negli Stati Uniti dove rimase alcuni anni, ampliando i suoi orizzonti gastronomici, inseriti poi nel testo, in gustosi aneddoti. Nel 1796 rientrò in Francia come giudice della Corte di Cassazione e morì a Parigi nel 1826, poco tempo dopo l’uscita del libro.

Uomo brillante e letterato, visse molte vite: fu avvocato, giudice, politico, ufficiale, autore di serissime opere di economia e giurisprudenza, professore di francese, musicista ma anche, e soprattutto, buongustaio.

Louis-Jean Allais, Public domain, via Wikimedia CommonsLouis-Jean Allais, Public domain, via Wikimedia Commons

La fisiologia del gusto

Inizialmente anonimo e pubblicato a sue spese, La fisiologia del gusto è suddiviso in due parti. La prima presenta 20 gustosi aforismi, uno dei quali è sulla puntualità a tavola, così cara all’autore: “per il cuoco, la puntualità è la dote più indispensabile: tale deve essere anche per l'invitato”. Un altro è, invece, sulla cucina: “la scoperta di un nuovo piatto contribuisce molto di più alla felicità umana della scoperta d'una nuova stella”. Seguono 30 capitoli o “Meditazioni”, riflessioni su diversi temi quali i comportamenti da tenere a tavola, spiegazioni scientifiche sul gusto, sulla chimica delle cotture e degli alimenti e sulla botanica. Vi è poi la storia e le qualità del caffè, del vino, del cioccolato e dello zucchero e gli effetti positivi di una corretta alimentazione sul sonno e sul peso corporeo. 

Spassosa, tra le altre, è la Meditazione VII dal titolo la “Teoria della frittura” dove Brillat-Savarin apostrofa il povero Maestro La Planche, cuoco del professore, come “friggitore incerto” perché si era permesso di servire una sogliola non cotta a regola d’arte, “bianchiccia, molle e scolorita”, giudicata una vera calamità. Il gastronomo avvia, quindi, una spiegazione per una buona frittura, affidata alla tecnica della “sorpresa”, ossia al brusco istante in cui il cibo  viene “sorpreso” e immerso in olio bollente, creando così una crosta tutt’attorno.

La seconda parte è una miscellanea di avvenimenti e osservazioni, con l’inserimento di qualche strana ricetta come “l’omelette del curato”, una frittata al tonno “tonda, panciuta e cotta a puntino”.

Il testo termina con un “congedo” una sorta di passaggio di testimone a tutti i futuri gastronomi e l’invito a “lavorare per il bene della scienza”,

Le pagine sono ricche di aneddoti, talvolta esilaranti, consigli, conversazioni private e riflessioni dell’autore sulla gastronomia ma non solo: la novità di questo testo è una narrazione teorico-filosofica sui sensi, sul piacere, sul gusto e, soprattutto, sulla tavola imbandita come centro della socialità e della società, intrecciando, per la prima volta, sociologia, antropologia, psicologia e sensorialità. Con uno stile comprensibile a tutti e piacevole, mentre presenta ricette e consigli sulla riuscita di un pranzo, Brillat- Savarin disserta sull’esistenza umana, “esaurimento” compreso.

La fisiologia del gusto fu un divertissement letterario per l’autore, di grande successo solo dopo la sua morte, e una novità per i suoi contemporanei: il pubblico, abituato ai classici libri di ricette di cucina, si trovò di fronte a un’opera innovativa e curiosa, sospesa tra opera scientifica ma leggera nello stile e un’opera letteraria e filosofica ma divulgativa.

Alphonse Farcy, Public domain, via Wikimedia CommonsAlphonse Farcy, Public domain, via Wikimedia Commons

Il più gourmand dei gourmands

Fu proprio Brillat-Savarin, nelle Meditazioni XI e XII, a descrivere la figura del gourmet e la gourmandise, termine appena nato, dipinta come “una preferenza appassionata, ragionata e abituale per tutto ciò che è gradevole al palato” e ancora “uno dei più forti legami sociali”, avvicinando a tavola uomini di diversa estrazione sociale ma nemica degli eccessi. 

Per essere gourmet non basta volerlo, scrive Brillat-Savarin bisogna nascerci. I migliori compagni di tavola, ça va sans dire, vanno cercati tra questi che “mangiano lentamente e assaporano con discernimento”. Non hanno fretta di andarsene, sanno tenere una conversazione brillante e conoscono tutti i passatempi per la perfetta riuscita di una serata.

Anthelme Brillat-Savarin: il piacere della tavolaA

Il piacere della tavola

Nel libro è descritta, poi, la grande differenza tra il piacere di mangiare e quello della tavola: il primo è un bisogno da soddisfare, mentre il secondo è “di tutte le età, di tutte le condizioni, di tutti i paesi e di tutti i giorni; può associarsi a tutti gli altri piaceri e rimane per ultimo a consolarci della loro perdita”. È, anche, il piacere percepito dai commensali per la cura e l’attenzione loro riservata nella preparazione del pasto anche attraverso decorazioni, musica e illuminazione, in modo che “dopo un buon basto, il corpo e l’anima godono di uno speciale benessere”. D’altronde “invitare qualcuno significa farsi carico della sua felicità durante tutto il tempo che passa sotto il nostro tetto”.    

Ecco la ricetta di Brillat-Savarin per una riunione conviviale ben riuscita: il numero dei partecipanti mai maggiore di 12, puntuali e selezionati per “varietà delle occupazioni e affinità di gusti” con “gli uomini spiritosi senza pretese e le donne amabili senza troppa civetteria”. La tavola deve risultare pulita e ben preparata, con poche ma ottime portate accompagnate da vini eccellenti, e “gli invitati si comportino come viaggiatori che devono raggiungere insieme la stessa meta”, mai allontanandosi prima delle undici, “ma che a mezza notte tutti siano a letto”.



Alessia Cipolla

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