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Octavin

30/10/2023

Octavin

Nella scheda che racconta il ristorante Octavin al pubblico di Amodo - vedi qui - compare, in prima battuta, la parola intellighenzia. Intelligenza, in italiano, perché in questo ristorante, ricavato da uno scantinato ubicato nel centro storico di Arezzo, c’è sempre una ragione sul perché si fanno le cose. Sul come si sceglie, agisce e trasforma

Luca Fracassi, lo chef e proprietario, è la voce che ci guida all’interno di questo ricco e coerente esempio di ristorazione contemporanea, abile nel gestire i temi attuali partendo da principi solidi.

Octavin

 

Un’organizzazione singolare

“Come, sei solo in cucina?”.

È inevitabile esordire così quando si inizia a parlare con Luca. Da tempo Luca guida l’intera cucina da solo, affiancato solo da un lavapiatti. 

“Sì, e la ragioni sono due” ribatte subito.  “La prima è che vivo il ristorante e il mio spazio di cucina con un coinvolgimento totale. Li sento miei e voglio che le mie mani siano lì, impiegate in ogni preparazione e piatto. I piatti non saranno impeccabili, millimetrici, ma nella mia idea di cucina c’è questo: l’equilibrio, la costanza, ma anche quel pizzico tollerabile di artigianalità che rende il cibo più comprensibile e meno ineccepibile. La seconda ragione riguarda il tema del personale, che come sapete è carente. Per mandare avanti un locale bisogna trovare delle soluzioni pragmatiche e questa ci sta dando modo di lavorare con più serenità”.

In sala ci sono, sin dalle prime ore, Sofia, la compagna di Luca, e Alessandro

“Serviamo al massimo quattordici coperti e chiudiamo le prenotazioni alle ore 15 per il servizio della sera. Questa scelta ci consente di mettere in atto un sistema organizzativo preciso ed efficace. Può sembrare difficile, un azzardo, ma è solo una questione di preparazione maniacale e dialogo tra sala e cucina”. 

 

La scelta del vegetale

Non è l’unica scelta ardita che si rintraccia da Octavin. L’altra riguarda il menu, ormai di impostazione vegetale.  

“A un certo punto ho maturato l’idea che la cucina non dovesse più essere un petto di piccione cotto in modo esemplare o un foie gras preparato alla perfezione, ma che ci fosse un altro campo di esplorazione da indagare” - ci confessa Luca. “I vegetali, con la loro irregolarità e stagionalità, danno continue opportunità. Oltretutto consentono di ridurre la centralità della materia prima nella scena di un ristorante. Mi spiego meglio: in un’osteria è giusto che il salume, il formaggio o la carne di qualità, acquistati da un produttore eccellente, vengano valorizzati. Credo che in un ristorante gastronomico l’esperienza debba essere di altro taglio, cioè si deve offrire all’ospite la possibilità di sperimentare l’elaborazione, l’interpretazione di ingredienti sì buoni, ma non necessariamente protagonisti. Il mondo vegetale va a braccetto con questo obiettivo: a parità di pratica in campo, i fagiolini appena raccolti non sono lontani anni luce da altri fagiolini appena  raccolti in un campo vicino. Però possono essere diversi a seconda di come il cuoco decide di collocarli e lavorarli”. 

Luca ci lascia anche un altro pensiero.

“Giustificare un certo tipo di spesa per un menu che non prevede carne e pesce non è semplice. È una questione culturale: se superiamo questo concetto, ossia che il menu interamente vegetale debba valere di meno, allora forse il trend della cucina vegetale diventerà davvero il futuro. Non ci sarà moda, trend, corrente culinaria che tenga. Sarà una questione di risorse, di etica, e al tempo stesso di interesse gastronomico”.

Octavin

In questa sfida complicata, per consolidare il tema vegetale, naturalmente, gioca un ruolo cruciale anche l’incisività della cucina. 

“Io sono onnivoro e nei miei piatti cerco di conferire alcune sensazioni tattili e gustative che rievochino la carne. Significa che punto sulla succosità, sul morso, sull’accentuare tutti gli aspetti appetibili di una pietanza. Penso per esempio al nostro fondo d’arrosto, ossia un fondo preparato con sedano rapa, carota, e reidratato con oliveto spinoso, su cui adagiamo un tuorlo d’uovo. È una preparazione che nel profumo e nel sapore ricorda tantissimo il fondo di pollo, ma di carne non c’è traccia”.

L’altra nota cruciale: il rapporto con i luoghi

Arezzo non è paragonabile a Firenze in quanto a presenze turistiche ma registra comunque discreti numeri di presenza. E Octavin, insignito della stella Michelin, è indubbiamente una delle insegne più quotate. Facciamo una riflessione anche su questo.

“I turisti incidono circa per il 50% sulla clientela complessiva del nostro ristorante. Senz’altro ci accodiamo alle considerazioni di alcuni colleghi che, in quest’estate in cui si è tornati a registrare numeri pre-pandemia, hanno sollevato il problema della carenza dei servizi. Accade in città come Roma e anche nei centri più piccoli. C’è bisogno di più sinergia tra le strutture, di più servizi, di un trasporto più efficace se vogliamo rendere sempre attrattivo questo Paese e far viaggiare insieme la ristorazione e il turismo”.

 

Octavin

Scalinata Camillo Berneri, 2

52100 Arezzo 

Te. 0575 343521 

www.octavin.it

a cura di

Giulia Zampieri

Giornalista, di origini padovane ma di radici mai definite, fa parte del team di sala&cucina sin dalle prime battute. Ama scrivere di territori e persone, oltre che di cucina e vini. Si dedica alle discipline digitali, al viaggio e collabora con alcune guide di settore.
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