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Pascal Tinari

28/02/2024

Pascal Tinari

Benvenuti a casa! Recita così la prima pagina del sito di Villa Maiella, la struttura di Guardiagrele (CH) nata come trattoria nel 1968 dalle mani e dalla testa dei coniugi Arcangelo e Ginetta Tinari.
Erano altri tempi come si suol dire ma il concetto di accoglienza è rimasto immutato, passando prima nel modo di essere e nello stile di Peppino Tinari, grande persona con una forte carica di umanità, e oggi in quella del figlio, Pascal, che, con il fratello Arcangelo in cucina, sta continuando l’opera dei nonni e dei genitori in un luogo che non è più una trattoria bensì una locanda e un ristorante stellato.

“Dalla sala i più grandi insegnamenti li ricevi dall’ospite” mi racconta Pascal nel corso di questa bellissima conversazione. 

Pascal Tinari

Pascal ma era quello che volevi fare davvero nella vita?

“No, e neppure i miei genitori volevano che facessimo questo mestiere. Un mestiere faticoso, molto impegnativo, che ti prende tutto il tempo a disposizione. Mi sono diplomato in ragioneria informatica e, fin da piccolo, mentre studiavo davo una mano nel ristorante, fino al giorno in cui decisi che volevo fare il cuoco e non il ragioniere. I miei genitori sono sempre stati molto laici, non ci hanno mai imposto nulla per le nostre vite e, quindi, anche questa decisione, seppur un po’ a malincuore, venne accettata. Mio padre chiese ad Antonio Santini, patron Del Pescatore di Canneto sull’Oglio (MN), di farmi fare uno stage da loro. Quando arrivai il signor Antonio mi disse che in sala avrei cominciato di lì a poco. Ma io voglio fare il cuoco, gli raccontai. ‘In cucina, per ora, non abbiamo bisogno, sei un ragazzo intelligente, di bell’aspetto, conosci le lingue, dammi retta, comincia in sala’ mi suggerì. Era il 2008, avevo 19 anni, non ho più abbandonato il mio posto in sala, grazie all’insegnamento fondamentale del signor Antonio; dopo di lui mi spostai per continuare la mia formazione in Alsazia all’Auberge de l’ill. Poi il ritorno a casa, insieme a mio fratello Arcangelo che, nel frattempo, si stava formando da Michel Bras. Oggi, quando penso a questa professione, non la considero un mestiere ma una vera e propria ragione e stile di vita. Il mestiere ha un inizio e una fine nel corso della giornata, lo stile di vita, invece, è parte integrante dei tuoi pensieri, delle tue idee e delle tue azioni”.

State affrontando un passaggio generazionale: come lo vivete?

“In Italia il passaggio generazionale all’interno delle aziende ha dato adito a vere e proprie superstizioni del tipo che la seconda generazione distrugge ciò che ha creato la prima. Non so se sia vero o leggenda, so che molto dipende dal rapporto che si crea tra le diverse generazioni. I miei genitori hanno sempre e solo accolto le nostre idee, la nostra visione delle cose. Ci hanno dato la possibilità di sbagliare ma noi avevamo ben chiaro il valore del loro lavoro e ciò che, oggi, cerchiamo di fare è avere il cliente che ci segue perché questo passaggio sia indolore. Non vogliamo nessuno stravolgimento, siamo a Villa Maiella a Guardiagrele, e il papà, quando tornò a Guardiagrele dopo lo stage da Cipriano a Venezia, negli anni ’80, aveva ben chiaro questo concetto. Serve un equilibrio in tutte le cose. E poi cambiare è molto più difficile che creare affinché una struttura come questa abbia sempre un profondo significato”.

Pascal Tinari

Tu sei stato nominato miglior sommelier d’Italia nel 2020 per la guida de L’Espresso: quali criteri usi per comporre la carta dei vini di Villa Maiella?
“Parlare di carta dei vini è un argomento talmente ampio che, a volte, non si sa da dove iniziare. Quindi, in questo momento, per me la definizione più adatta è: trascrizione di un periodo. In questo momento la mia visione è in continua evoluzione al punto che ho ideato un software, frutto dei miei studi di programmazione, per consentire all’ospite di ricevere tutte le informazioni possibili sui vini che intende scegliere. Inoltre stiamo optando per dei percorsi del vino che necessitano, per il loro valore, di essere raccontati, non tanto e solo in termini di degustazione ma di racconto di un territorio. Se vieni fin qui non ti facciamo scegliere un Trebbiano sulla carta ma ti portiamo tre trebbiani, con temperature e fermentazioni diverse da assaggiare in parallelo per capire come, con un confronto orizzontale dei vini, si riesce ad esprimere un territorio. All’ospite, grazie al software di cui ho parlato, riusciamo a stampare una piccola brochure di ciò che ha assaggiato. È necessario trovare una chiave di lettura per gli ospiti e raccontare un territorio, dopo averlo visitato anche da noi bevendo quel dato vino, rende piacevole il tempo che si trascorre a Villa Maiella. Quest’inverno, con i ragazzi del mio staff, siamo andati nelle Langhe per visitare 16 cantine, ognuna aveva una precisa identità che siamo in grado di raccontare all’ospite”.

 

Pascal Tinari

Preferisci il cliente che sceglie il menu degustazione o la carta?

“Questa domanda apre una riflessione sulle dinamiche di un ristorante che, oggi, stanno cambiando profondamente. Purtroppo ci sono serate e persone dove a occupare i pochi tavoli che abbiamo mangiano un piatto in due, bevendo acqua. Quella che ti ho descritto è una situazione estrema ma può succedere. Il ristorante è un’attività imprenditoriale e commerciale che non potrebbe reggersi se quel caso estremo si ripetesse spesso. Ecco il perché di un menu degustazione, perché ci consente di ottimizzare i costi e il servizio di cucina, oltre a raccontare qualcosa in più all’ospite. Ma in questo c’è anche la componente salutista di cui tener conto e, di conseguenza, il nostro ospite può scegliere tra i tre menu degustazione i piatti che ritiene più funzionali al suo gusto e al suo benessere e comporre il tutto. Andare al ristorante significa entrare in un luogo di piacere, non dobbiamo violentare psicologicamente i nostri ospiti. Un ‘ultima cosa, dal momento che parliamo di organizzazione del lavoro: nella nostra famiglia abbiamo adottato alcune pratiche. La prima è dettata dal fatto che quando siamo assenti sia io che mio padre in sala il ristorante resta chiuso. Per rispetto verso chi si spinge fino a Guardiagrele per provare un’esperienza. La seconda è dettata dal fatto che il piatto buono rappresenta una percentuale dell’esperienza; il resto lo fa un’accoglienza sincera che non si formalizza troppo. Fino a qualche anno fa pensavo che, avendo una stella Michelin, dovessimo adottare un certo stile di servizio. Oggi quel pensiero è scomparso, frutto di un confronto con il mio staff che capiva il bisogno vero dell’ospite: quello di essere accolto. Ho assunto una fumettista che mi ha fatto delle tavole con i super-eroi ambientati nel ristorante, accompagniamo i bambini in cucina, creiamo le condizioni perché ognuno stia davvero bene”.

 

L’ultima domanda: stai allevando dei ragazzi che vogliano fare davvero questo mestiere?

“Assolutamente si, partendo da un principio: le persone vanno considerate! Ci vuole il tempo necessario per interessarsi davvero, per ascoltare prima i loro bisogni e poi i loro suggerimenti. Con me ci sono persone che sono qui da anni, perché? Perché ho adottato questa regola. La ragazza che è la mia spalla, Maria Pia Costanzo, è con me da ormai quattro anni. Sacko, un ragazzo di colore entrato come lavapiatti, oggi fa servizio in sala, per darti due esempi. L’altra cosa che non deve mai farci innervosire è quando se ne vanno perché è normale, anzi benefico per loro, che vogliano arricchirsi di altre esperienze”.

 

Villa Maiella

Via Sette Dolori, 30

66016 Guardiagrele (CH)

Tel. 0871 809319
www.villamaiella.it 

a cura di

Luigi Franchi

La passione per la ristorazione è avvenuta facendo il fotografo nei primi anni ’90. Lì conobbe ed ebbe la stima di Gino Veronelli, Franco Colombani e Antonio Santini. Quella stima lo ha accompagnato nel percorso per diventare giornalista e direttore di sala&cucina, magazine di accoglienza e ristorazione.
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