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Si fa presto a dire carne

13/03/2025

Si fa presto a dire carne

Secondo Euromonitor International, nel 2024 sono stati venduti 260 milioni di tonnellate di carne in tutto il mondo. Entro il 2028 le vendite saliranno a 275 milioni di tonnellate.

Analizzando i consumi possiamo notare, a fronte di un consumo globale medio pro capite di 42,82 kg, una cifra che può raggiungere 80 kg per la media europea e addirittura 128 kg negli Stati Uniti. 

Recenti studi prevedono che nei prossimi anni si verifichi un rallentamento della richiesta che tra dieci anni dovrebbe passare dal 2% a circa 1,5% annuo. Resta un mercato importante e, osservando l’impatto che esso ha sull’economia italiana, vale 38 miliardi di euro (Statista, 2023) ovvero circa il 2% de PIL (IMF, 2022).

La filiera delle carni bovine in Italia, però, manca di autosufficienza, lo è solo per metà circa. 

Secondo le stime di A.O.P. Italia Zootecnica, produciamo il 45% del fabbisogno nazionale di carne bovina e importiamo il restante 55%. In particolare, l’Italia importa anche gran parte dei ristalli che vengono poi portati al peso finale negli allevamenti del nostro Paese. 

Nel resto d’Europa il tasso di autosufficienza dei principali Paesi produttori di carne comunica: Irlanda 398%, Francia 112%, Spagna 125%, Olanda 128%, Belgio 141%. Fanalini di coda l’Italia col suo 45% e la Grecia col 19%. (fonte Teseo).

In questo scenario, non si può non tener conto delle nuove abitudini alimentari della popolazione e di tendenze in crescita per stili e diete in cui sempre più le alternative alla carne compaiono sulla tavola dei consumatori e alle quali anche gli addetti al consumo “fuori casa” devono prestare attenzione. Un elemento, in particolare, emerge da tutti gli studi di settore, ed è l’importanza di salute e benessere che il 66% degli italiani considera come primo driver di acquisto, insieme ai concetti di salutare, semplice e autentico, secondo il rapporto Coop 2024.  La ricerca del giusto rapporto tra qualità e prezzo stimola gli acquisti e fa riflettere su quanto sia determinante la percezione del valore di un prodotto. Insomma per gli Italiani la recessione appare scongiurata ma l’inflazione aumenta, i risparmi sono un ricordo lontano, niente cinema, teatro o musei, e allora buttiamoci su qualche piccola soddisfazione in campo alimentare, perché no? Ma che ne valga la pena!
È evidente come anche al ristorante sia un fattore di scelta. Uno spunto di riflessione per gli operatori del settore, da non sottovalutare.
La proposta del ristorante, specialmente se parliamo di carne, alimento costoso di per sé, deve essere all’altezza delle aspettative di un cliente sempre più informato, cosciente ed esigente. 

Scegliere la carne: corretta informazione e consapevolezza
Se per i comuni consumatori, riempire il carrello della spesa è diventato motivo di riflessione, è evidente come questa attenzione ai criteri di acquisto sia fondamentale per coloro che, gestendo un’attività di somministrazione, devono far quadrare i conti, mantenere alta la reputazione del locale, fidelizzare il cliente e, perché no, guadagnare a sufficienza per i suoi fabbisogni. 

Con Andrea Marchi, titolare di Marchi spa e presidente di Cateringross, abbiamo cercato di focalizzare i punti critici di questo problema. Come si deve comportare un ristoratore quando compie gli acquisti di carne per le sue necessità?

Si fa presto a dire carne

“In un ristorante la carne, come il pesce, è un elemento distintivo ed è importante che la qualità sia alta per soddisfare il cliente, fidelizzarlo e favorire la diffusione della sua soddisfazione che genererà un ritorno di immagine. Per ottenere questo, il ristoratore deve alzare l’asticella della qualità. È fondamentale – afferma Andrea Marchi – stabilire un rapporto di fiducia col proprio fornitore. Questo perché la carne è una materia prima che può esprimere diverse caratteristiche e l’esame visivo non sempre è sufficiente, non sempre è possibile o non si è abbastanza competenti per praticarlo. Conoscere il proprio fornitore è alla base di tutto per scegliere con cognizione”.

La carne, come e più di altri prodotti, è soggetta a normative e certificazioni che la qualificano e che possono essere un aiuto valido nella scelta: “Esistono certificazioni come le dichiarazioni di HACCP e le autorizzazioni di sanificazione che devono obbligatoriamente, per legge, comparire nell’etichettatura. Così come la provenienza e la data di macellazione, la scadenza: costituiscono il passaporto dell’animale. Oltre a queste esistono però altre certificazioni facoltative che rappresentano una fonte aggiuntiva di informazioni utili e generalmente vengono fornite da un ente certificatore che verifica che i dati trasmessi siano corretti. Sono molto importanti perché l’ente certificatore controlla di persona, per esempio, se l’animale macellato è maschio o femmina, differenza sostanziale ai fini della degustazione soprattutto a livello della masticazione, il maschio ha una carne più tenace e fibrosa; se è stato alimentato a foraggio o a erba, determinante per le caratteristiche organolettiche e gustative, per la sapidità; da che taglio anatomico la carne proviene, costata o fiorentina o roast beef. Queste caratteristiche devono essere identificabili. Infine ci sono altri tre parametri di valutazione: la conformazione, il colore e l’omogeneità. Dalla conformazione si capisce se il pezzo è uniforme, dal colore l’età dell’animale al momento della macellazione, dall’omogeneità il grado di diffusione del grasso e la distribuzione della fibra muscolare. È evidente che per riconoscere queste caratteristiche occorre competenza. Queste idoneità, che attribuiscono valore alla qualità della carne, verificabili grazie alla certificazione, si ritrovano nel sapore, nella quantità di grasso e conseguente riduzione dello spreco: nel food cost. Sono caratteristiche di base comuni sia al mercato interno sia a quello estero ma ci vuole un addetto ai lavori che le sappia identificare. Ecco che il rapporto instaurato col fornitore, basato sulla competenza e sulla fiducia, è fondamentale. Più l’etichetta è completa più semplice sarà la scelta”.

Andrea Marchi, foto di Mattia GianfeliciAndrea Marchi, foto di Mattia Gianfelici

Uno sguardo al mercato
Come accennato, in Italia soddisfiamo circa la metà del fabbisogno nazionale e dobbiamo importare dall’estero il rimanente. Il motivo è evidente: la mancanza di terreni sufficienti da destinare al pascolo, innanzi tutto. “Negli anni - spiega Andrea Marchi - nell’allevamento si sono sviluppate due grandi correnti che hanno colonizzato il settore: i bovini da carne e le femmine da latte.  Appartengono fondamentalmente alle razze francesi e inglesi Limousine, Charolais, Hereford e Angus e nel tempo si sono diffuse anche in tutta Europa e in sud America dove i pascoli sono più presenti e i capi vengono alimentati a erba mentre da noi l’alimento più comune è il foraggio arricchito con mais e altri componenti”.
L’animale nutrito a erba risulta più magro, le sue carni più ricche di ferro; l’animale nutrito a foraggio e cereali, ricchi di acidi grassi, sviluppa una muscolatura più carnosa. Il tipo di allevamento, oltre alla razza, determina le caratteristiche organolettiche della carne. “Queste caratteristiche definiscono gli scopi e il ristoratore attento dovrebbe scegliere secondo le sue finalità in cucina – afferma Marchi – decidendo in base alle informazioni in suo possesso. Anche nel caso dell’origine dell’animale perché le carni francesi e italiane rivelano masse muscolari più diffuse, con poco grasso, ideali per le tartare, per esempio; le anglosassoni invece e quelle dell’est Europa sono più grasse e saporose, preferibili per le cotture alla griglia; quelle provenienti dal sud America sono grasse perché all’alimentazione naturale del pascolo vengono aggiunti cereali. Ne risultano animali imponenti e devono essere macellati più giovani per poter essere trasportati conservati sottovuoto in maniera che se ne preservino le caratteristiche organolettiche”.  

Un monitoraggio attento e meticoloso è alleato delle scelte per il ristoratore che desidera acquistare le carni più idonee alla sua attività e al suo stile culinario. Seguire le mode del momento non è un fattore di indicazione affidabile, dunque, meglio seguire il consiglio di Andrea Marchi e affidarsi ad esperti per poter, poi, comporre il proprio menù secondo criteri adeguati. “Il prezzo non deve essere un parametro di scelta – ribadisce – perché potrebbe essere a discapito della qualità e quando il gioco si fa al ribasso quest’ultima ne risente sempre. Il ristoratore dovrebbe capire che questo comportamento alla fine non paga perché partendo da una materia prima di buona qualità l’esecuzione del piatto sarà più semplice e ci saranno meno sprechi, favorendo il food cost: meno sprechi, maggiore resa anche in termini di apprezzamento e reputazione. Oggi il consumatore è attento, vuole leggere la carta delle carni come fa con quella dei vini, il suo potere d’acquisto è diminuito e quando spende vuole farlo con soddisfazione. Chi propone qualità vince”. 

 

Garden Relais, un punto di riferimento per gli amanti della carne

È un luogo in cui l’accoglienza e la buona cucina costituiscono il miglior biglietto da visita. Al Garden Relais di Borso del Grappa (TV) la buona scelta della carne proposta compone un menù di altissimo livello.  

Francesco Zen, quarta generazione della famiglia, insieme al fratello Alessandro guida con perizia l’attività e dirige la cucina proponendo ricette tradizionali e specialità culinarie innovative in un connubio sapiente di tecnica e genuinità. La carne è il piatto forte al Garden Relais: “Selezioniamo la materia in base alla destinazione d’uso – afferma chef Francesco Zen – tenendo conto innanzi tutto del livello di marezzatura e del sapore. Facciamo cucina espressa su carbone di quercia e per ottenere una pietanza succulenta, con una bella crosticina data dalla reazione di Maillard in superficie, con caratteristiche precise di croccantezza e succosità, abbiamo bisogno di carni grasse. Per questo scegliamo principalmente carni da fassona polacca Red Cow, la migliore secondo noi. Ma utilizziamo anche Black Angus americano. Sono tutte carni che rivelano infiltrazioni di grasso molto importanti che compongono una marezzatura ideale per i nostri scopi”.  

Nella cucina del Garden Relais si utilizzano tagli di carré intero - costate, fiorentine, filetti – lavorati adeguatamente per essere cucinati alla brace. La cottura alla brace su legna di quercia e uno speciale carbone di quercia sudamericano è il metodo che meglio preserva le peculiarità delle carni, spiega Zen: “Aiutano a mantenere alta la temperatura e quindi a creare in superficie quella crosticina tipica e, inoltre, rilasciano un profumo inconfondibile che attribuisce gradevolezza alla carne valorizzandone il sapore naturale”.

Le carni sono frollate per un tempo massimo di 40-45 giorni perché, spiega Zen: “è il tempo ideale per il tipo di carne che scegliamo, grassa, giovane e da animali femmine”.

Il bovino è la materia prima principale per realizzare la proposta culinaria del Garden Relais a cui Francesco Zen accompagna ricette a base di agnello gallese, qualche spiedino di quaglia e soprattutto costolette di Patanegra, il pregiato maialino iberico. Di recente ha introdotto anche alcune proposte di wagyu giapponese che riscuote grande apprezzamento: “Lo cuciniamo su brace ma con una piastra in ghisa, nel suo grasso, e lo presentiamo con porro bruciato alla soia. Un sapore unico”.

La carne costituisce, naturalmente, la base di antipasti classici come la tartare o il carpaccio ma in questo caso Francesco Zen predilige carni italiane da un allevamento locale: “Per queste proposte è meglio la carne delicata e magra, e il prodotto nato in Francia e allevato in Italia è la soluzione migliore”. 

Francesco ZenFrancesco Zen
Si fa presto a dire carne
Si fa presto a dire carne

La carne alla brace resta la specialità, e anche l’ambientazione è studiata per valorizzare questa tipologia di cucina. Racconta chef Francesco Zen: “I tagli sono esposti nelle vetrine refrigerate come in una macelleria e il cliente può osservarli e scegliere dal menu, dove l’origine delle carni è evidenziata; il servizio viene fatto direttamente in sala, di fronte ai commensali creando un’atmosfera molto conviviale. Possiamo servire fino a 200 persone: la nostra clientela è abituale e l’aspettativa è alta, per questo valutiamo con cura, selezioniamo attentamente e pratichiamo le cotture con grande meticolosità. I nostri clienti lo sanno, vanno sul sicuro”. 

a cura di

Marina Caccialanza

Milanese, un passato come traduttrice, un presente come giornalista esperta di food&beverage e autrice di libri di gastronomia.
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