La formazione è importante, anzi fondamentale. E non è certo sufficiente quella che si riceve da giovanissimi sui banchi della scuola o nelle università. Occorre entrare nell’ottica di una formazione permanente, ricavando il tempo per apprendere qualcosa di nuovo. Per una formazione attiva, non passiva. Ed è proprio per questo motivo che il tema della prossima edizione del Forum Olio & Ristorazione avrà per tema “A scuola d’olio”. L’appuntamento è a Milano, in maggio. A supporto c’è un libro dal titolo L’olio al ristorante, scritto a più mani proprio per argomentare di olio da più angolazioni possibili, con i punti di vista di diverse figure professionali. Per essere al passo con i tempi, occorre immaginare la professione ristorativa come un esercizio continuo di relazioni e di scambi culturali, in modo che ciascuno possa apportare qualcosa di sé all’altro. Non prospettando una formazione statica, ma un flusso dinamico e aperto al confronto, così che si creino connessioni virtuose. Perché è solo attraverso un simile approccio che è possibile migliorare le proprie performance in cucina e in sala. Un cambio di passo è necessario, anche perché l’olio è l’ingrediente più trascurato in cucina, forse perché ritenuto a torto marginale rispetto ad altri alimenti. Rientrando infatti nel concetto del “quanto basta”, non ci si concentra con la giusta attenzione sui criteri di scelta e impiego. È tanto trascurato, l’olio, da non essere nemmeno inserito in menu, pur potendolo indicare in ogni singola portata. Tanto trascurato che in molti lo percepiscono come un costo, anziché come un’opportunità di vendita. Si fa pagare l’acqua del rubinetto filtrata, ma non l’olio. La soluzione, invece, è nel proporre piatti incentrarti sull’olio da servire in apertura. A ben riflettere, il margine di ricarico dell’acqua di rubinetto trattata è elevato, a fronte di costi di esercizio irrisori. Perché allora tanta timidezza e titubanza nel proporre l’olio a pagamento? La soluzione sta nell’inventare una serie di proposte di preparazioni di benvenuto. Attribuire un prezzo agli oli, significa assegnare un valore a un prodotto che lo merita ampiamente in quanto functional food e nutraceutico. Tutto ciò comporta l’impegno nel gestire un carrello e una carta degli oli, ma non può certo essere la pigrizia a frenare ogni buona iniziativa in tal senso. In una società come quella contemporanea, così attenta ai particolari, non si può perdere di vista il valore intrinseco degli oli extra vergini di oliva. La società cambia, così come cambiano i modi di rapportarsi al cibo e gli approcci con gli alimenti. Proprio per questo è necessario studiare nuove formulazioni e applicazioni. Tornare (quanto meno metaforicamente) a scuola, permette di apprendere nuove tecniche, sperimentare soluzioni non ancora acquisite e mettere a punto idee alternative. Non si tratta di stare dietro ai banchi, quanto invece di creare attorno ad alcuni maestri, come nel caso dei grandi artisti del passato, un nucleo propulsivo che sviluppi idee e agisca ispirandosi a valori condivisi. Faccio solo un esempio, per concludere. Le scuole di assaggio dell’olio hanno permesso di elevare negli ultimi anni la qualità degli extra vergini, ed è un dato concreto. Una scuola in cui si studino le interrelazioni tra olio e altri alimenti può solo apportare vantaggi, sia nelle preparazioni a crudo, come quelle in cottura. Solo studiando, sarà possibile individuare nuove e originali formulazioni.
Luigi Caricato