Abbiamo volutamente lasciato passare il gossip estivo del toast a metà e del piattino a due euro perché riteniamo che comunicare le cose in quel modo non fa bene a nessuno: né al ristorante perché non ha gli strumenti comunicativi per reagire correttamente, né al pubblico che tende a fare di ogni erba un fascio.
Però quel gossip è stato il primo segnale di una tendenza in atto: quella di non considerare il ristorante come un’attività commerciale e imprenditoriale che sta in piedi se guadagna il giusto.
Di chi è la colpa? Non è questa la domanda importante. Quello di cui abbiamo bisogno è presentare correttamente la ristorazione italiana, darle il giusto peso e valore nella scala sociale ed economica del Paese.
Un settore che conta 330.000 imprese che, a loro volta, gestiscono, in certi casi, più di un’insegna, che vale all’incirca 100 miliardi di euro, che è uno dei principali motivi di scelta dell’Italia come destinazione turistica. Certo, nel comparto ci sono anche situazioni di malessere dettate dal fatto che la malavita ci investe per “pulire” denaro sporco e questa situazione andrebbe tenuta sotto controllo in maniera più serrata dalle forze dell’ordine, ma nel complesso la ristorazione è un bene per l’Italia, ne rappresenta la parte più gioiosa, conviviale, piacevole.
Proviamo, quindi, a dare valore a questa dimensione della ristorazione, a scegliere bene quando decidiamo di frequentare un ristorante nella sera in cui usciamo, a capirne la filosofia, il menu, l’ambiente: se sono adatti a noi, al nostro stato d’animo, anche al nostro appetito, a cosa abbiamo voglia di vivere in quella serata.
Non è un obbligo andare al ristorante, pertanto impariamo a scegliere, a conoscere, a capire cosa significa gestire uno dei lavori più difficili che esistano: le persone che lavorano in un ristorante, tutte, dal lavapiatti al cuoco al cameriere, in quel momento lavorano per il nostro piacere ed è giusto, fondamentale, che verso di loro ci sia rispetto.
Per questo è meglio, molto meglio, scegliere con cura il luogo dove vogliamo trascorrere la serata. Gli strumenti non mancano, siamo pieni di guide, recensioni, informazioni, siti, social, foto e video per capire. Facciamo semplicemente un po’ di esercizio! Lo dico da cliente!
Da giornalista specializzato invece scrivo che è importante che noi impariamo a tirare fuori il bello e il buono dalle situazioni, che lasciamo parlare i cuochi, i maître, i gestori offrendoci come cassa di risonanza, cercando di interpretare al meglio i loro problemi e i loro desideri. Svolgendo quel ruolo non di critici né di censori, bensì di divulgatori di un’idea di ristorazione, di accoglienza, di cucina che metta in condizioni chi ci legge di imparare a distinguere il bello e il buono.
Sempre per il fatto che nessuno è obbligato a mangiare fuori casa. Non andateci se non avete fame, se dovete risparmiare per altre cose, se la vostra serata si riduce a un piatto in due e una bottiglia d’acqua; non vivrete la gioia e il ristoratore perderà tempo e soldi. Quando lo si fa deve essere un bel momento!