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Una questione critica

29/01/2024

Una questione critica

Foto di Alberto Blasetti
 

In una piccola saletta di un ristorante due pareti su quattro sono occupate da una libreria affollata di volumi. Non sono romanzi, saggi, tantomeno enciclopedie; si tratta di un sostanzioso archivio di riviste e guide gastronomiche. Sono ordinate in ordine temporale, divise per tipologia, con le prime uscite di Gault&Millau, Michelin, Arcigola, Gambero Rosso, L’Espresso a segnare gli scaffali più alti. 
Inizio a sfogliare le prime, quando si avvicina un signore con aria navigata. 

“Non c’è più la critica e la scrittura di un tempo. Leggi qualche pagina e vedrai che roba”. 

Mi raccolgo e, dopo qualche istante di meditazione, consapevole che mi reputi un’assoluta neofita, controbatto: “Sarebbe curioso, per non dire altisonante, che si parlasse così di cucina e ristorazione a distanza di trent’anni!”. 

Il signore mi osserva. Iniziamo a discutere sull’utilità della comunicazione specializzata, sul dualismo critica-giornalismo. Solo a distanza di qualche minuto inizia a capire le ragioni della mia risposta. 
“Questi testi sono di grande piacevolezza e finezza ma non possiamo pensare che siano cambiate le tecniche di cucina, gli ingredienti, le tecnologie e non sia cambiato il linguaggio per comunicare questo settore” aggiungo a un certo punto.

“Se la guardo dalla mia esperienza e memoria vedo tanta superficialità oggi” - continua lui. “Che ne dici di tutte queste persone che si ergono a giudici e critici? Chi mi dice che i clienti siano in grado di discernere chi è capace, e competente, e chi no? Tanti linguaggi sembrano omologati e banali. E poi l’abbondanza di immagini, danno alla testa tutti questi scatti di piatti”. 
La conversazione prende una piega stimolante.
“Concordo con lei" - lo fermo. “Il punto non è se è cambiato, perché è ragionevole che sia così, ma è capire quali sono gli attori e le voci autorevoli che possano dire qualcosa di utile, e interessante, per questo settore. E poi la questione della misura”.

Scrivere e comunicare per professione

Questo dialogo in cui mi sono imbattuta a inizio anno dà continuità all’articolo che avevamo dedicato, sempre su questa rivista, alle aspettative che condizionano il piacere quando si va al ristorante. Con un orientamento preciso, in questa puntata: fare un po’ di analisi in merito alla comunicazione gastronomica per professione

Parlare di critica gastronomica, e giornalismo gastronomico, oggi è molto più diffuso e confuso di quanto non lo fosse quando iniziavano a diffondersi le prime guide. Siamo costantemente bersagliati da narrazioni di cibo e ristorazione, che hanno ormai raggiunto le modalità di erogazione più disparate; ogni giorno ci imbattiamo in un premio e “una top”… e sapete cosa ci viene da esclamare?


Che fatica! Che fatica stare al passo e mantenere la lucidità!

C’è chi sostiene che non esista più la critica gastronomica; chi mette sullo stesso piano la critica e il giornalismo; chi parla di conflitti di interessi. Districarsi tra questi temi è estremamente complicato ma dev’essere una priorità sia per chi si occupa di comunicazione sia per chi la comunicazione la subisce (ristoranti, aziende, personale). A questa responsabilità morale vogliamo rispondere non con l’indifferenza ma dialogando con chi vive il settore da dentro. C’è un obiettivo che ci muove: capire insieme quale sia la strada per affermare la comunicazione di qualità.

La nuova critica

Abbiamo parlato con Lorenzo Sandano, impegnato nella narrazione del cibo e di temi connessi da 14 anni (ha iniziato giovanissimo, è classe 1991). Lorenzo ha collaborato con guide gastronomiche e magazine specializzati, ha partecipato a programmi televisivi ed è un instancabile viaggiatore. In merito alla ‘resistenza’ della critica gastronomica ci dice: 

“Per me dovrebbe persistere un punto di vista critico nel mondo gastronomico ma certamente la figura del critico va aggiornata. Non può più ricalcare modelli e retaggi del passato. Dev’essere definita, contornata; va allineata ai tempi moderni e questo è estremamente complicato nello scenario attuale”. 

 

Capiamo cosa intende ma gli chiediamo di approfondire.

“Stiamo assistendo a una bulimia narrativa. L’abbondanza di contenuti legati al cibo sta inquinando l’immagine più “nobile” che aveva in origine la sfera della critica gastronomica, con l’aggravante della ricerca diffusa di monetizzazione. Il critico dovrebbe essere un soggetto competente, preparato, che funge da ponte tra l’ampio mondo della ristorazione e il pubblico; insomma dovrebbe essere la voce che consente, da esperto in materia, ai potenziali clienti di scegliere un locale anziché un altro in funzione dei propri bisogni e desideri. La sua missione dovrebbe essere l’utilità, non all’autocelebrazione o la notorietà. Quello a cui assistiamo in questi giorni è diverso, c’è una confusione sconcertante”.

Lorenzo SandanoLorenzo Sandano

Lorenzo ci parla anche di punteggi e nuovi focus narrativi.

“Ritengo che ricondurre tutto a un punteggio sia fortemente limitante, come lo è affidarsi a un giudizio elargito dopo una sola visita al ristorante. Dobbiamo essere consapevoli che quella visita potrebbe essere stata viziata da mille fattori condizionanti ed oggi, purtroppo, più visite per un singolo locale non sono più sostenibili per le guide. Stando al contenuto del racconto, per prima cosa penso si debba parlare di un locale dandone una visione globale e completa, non circoscritta al gusto e all’aspetto; bisogna fornire al lettore tutti gli elementi utili alla scelta aggiungendo altri contenuti e punti di osservazione. Sono i dettagli che una persona capace e competente, con un know how nel settore, a fare la differenza sulla professionalità e autenticità del racconto”. 

 Spaghetti aglio, olio e pomodoro Spaghetti aglio, olio e pomodoro

In merito alla differenziazione rispetto alla massa di comunicatori Lorenzo dice:

“Quello che dovrebbero fare i comunicatori autorevoli è opporsi alla superficialità, alla costante celebrazione dell’estetica. Dovremmo contrastare questo pulviscolo di non-notizie con informazioni più oggettive e concrete. Solo così possiamo ostacolare un fatto gravissimo: la supremazia dell’apparenza su sul fondamento del fare ristorazione, ovvero essere luogo di ristoro”.

 

Chiediamo a Lorenzo cosa dovrebbe fare, a suo avviso, in questa fase storica, il settore della critica gastronomica.

“Dovrebbe prendersi una pausa, riformularsi, porsi delle domande sincere sul proprio ruolo e operato. In generale andrebbero ristabilite le misure nella comunicazione: il cibo e chi lo prepara non va’ divinizzato né condito con eccessiva mediaticità. Oggi, invece, assistiamo a questo. Il cibo è nutrimento, rappresenta un valore enorme, ma siamo noi a scegliere quali ideali premiare, quali informazioni veicolare. Personalmente ambisco a focalizzarmi sempre di più su persone, artigiani, ecosistemi, e trattare l’impatto dei nostri consumi nell’ambiente rispetto a tutto il resto”.

La formazione

Veridicità, utilità, misura, saper cogliere un’attività nella sua complessità, lasciare da parte i meri parametri estetici (e gli interessi personali ed economici): sono solo alcune delle parole di cui si dovrebbe riempire la comunicazione di settore

In un momento come questo, minato da improvvisatori e personaggi in cerca di gloria, è essenziale fare propri questi termini per tutelare la qualità della comunicazione, che sia critica o giornalistica. Dobbiamo opporci al pressappochismo e alle correnti prive di sostanza.

È importante che nei contesti di formazione dei nuovi comunicatori si parli di esempi storici, si ripercorrano i passaggi fondamentali della costituzione della critica, si faccia cultura, si rievochino grandi firme di gastronomi… ma non dimentichiamoci di meditare insieme su come debba essere la comunicazione del presente e del futuro. Noi partiamo dal presupposto che la comunicazione dovrebbe essere un megafono fondamentale per l’affermazione del cibo e della ristorazione di qualità e accompagnare le persone verso una conoscenza pulita e contemporanea.

a cura di

Giulia Zampieri

Giornalista, di origini padovane ma di radici mai definite, fa parte del team di sala&cucina sin dalle prime battute. Ama scrivere di territori e persone, oltre che di cucina e vini. Si dedica alle discipline digitali, al viaggio e collabora con alcune guide di settore.
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