“La cucina è un dialogo continuo tra un'eredità e la realtà del momento”, questa affermazione di Alain Ducasse, lo chef più famoso al mondo, con 18 stelle Michelin, mi consente di fare una riflessione sul nostro modo di mangiare e sul ruolo che i cuochi avranno nel prossimo futuro.
Per anni, dal Rinascimento al giorno d’oggi, gli ingredienti nelle cucine di casa degli italiani erano quelli importati dalla scoperta delle Americhe. Quella è stata l’ultima vera rivoluzione gastronomica fino ad oggi. Alcuni ingredienti che arrivarono in Europa ci misero decine di anni prima di venire considerati commestibili: basti pensare al pomodoro. Poi si trasformarono nella cosiddetta tradizione gastronomica italiana.
Da allora ad oggi sono cambiate le ricette, si è passati da una cucina che tendeva all’agrodolce a quella attuale, ma i prodotti della terra sono rimasti, più o meno, inalterati. Adesso, invece, da quel 15 maggio 1997, data in cui è entrato in vigore il regolamento comunitario 258/1997 sui nuovi prodotti alimentari, cambierà il nostro modello alimentare. Come per il pomodoro, forse ci vorranno anni, decine di anni, ma emergenza climatica, salvaguardia delle risorse della terra, bio-tecnologia, abitudini alimentari che non coinvolgono più di tanto le giovani generazioni (nessuno di loro perde la testa per una lasagna squisita), sono destinate ad incidere fortemente sui gusti, sulle scelte, sulle decisioni di produttori e di consumatori (parola che ritengo orribile ma c’è).
Un dialogo continuo tra un’eredità e la realtà del momento sarà il mantra per i cuochi, per gli anni a venire, perché, se l’ultima rivoluzione alimentare, quella partita dal Rinascimento, si è svolta nelle case popolari e nei palazzi nobiliari, la prossima vedrà i cuochi come protagonisti principali. A loro, lo si vede già adesso, è demandato il compito di definire i gusti delle persone.
Si mangia fuori sempre più spesso, le case, nelle metropoli, vengono costruite senza lo spazio per la cucina, le tendenze alimentari, come quella più attuale e, per certi aspetti, dirompente, ossia il consumo vegetale vengono determinate fin dall’inizio dai cuochi, dai ristoratori.
Questo è il futuro di questa professione: un futuro ormai prossimo che impone un’attenzione al benessere, alla salute, e questo significa nuove conoscenze, nuova e rinnovata formazione. Significa approcciare a nuovi alimenti che, forse, ancora non esistono ma che arriveranno sulle tavole, evitando atteggiamenti ‘talebani’.
Significa evitare scelte, come quella del governo italiano sulla proibizione della carne coltivata, che sanno di elettoralismo e basta. Scrivere, nel provvedimento, che in Italia “è vietata la carne coltivata al fine di tutelare non solo la salute umana ma anche il patrimonio agroalimentare nazionale”, vuol dire andare conto l’evoluzione, mettere un veto alla ricerca e scontrarsi con le prossime direttive comunitarie.
È necessario lasciare la libera scelta! È così che si salvaguarda la ragione e la capacità delle persone di guardare avanti.