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Vanessa Melis

13/03/2025

Vanessa Melis

Ho conosciuto bene Gianfranco Pascucci, lo chef di Pascucci al Porticciolo di Fiumicino, quando, nove anni fa, andai con lui a passeggiare nell’oasi WWF di Macchiagrande, sulla foce del Tevere. Da quella passeggiata e dalla cena che feci nel suo locale nacque una bella intervista che parlava anche di Fiumicino (che io, come tanti, conoscevo solamente come importante hub aeroportuale), dei suoi pescatori, di pesci mai sentiti nominare prima, del suo impegno verso il mare. Nel corso della cena ebbi modo di conoscere anche sua moglie, Vanessa Melis, che governava la sala con uno stile inusuale. Da allora il Porticciolo ha conquistato la stella Michelin; Gianfranco è diventato molto noto per la sua cucina; hanno aperto, di recente, anche Bistrot Mare e Vanessa, grazie a quello stile già evidente nove anni fa, quest’anno, è stata insignita dalla guida Michelin del Michelin Service Award, cioè il riconoscimento del miglior servizio di sala d’Italia.

Non potevamo che dedicare a lei la copertina di sala&cucina!

Vanessa Melis

Da zero a miglior sala d’Italia, secondo la Michelin; come stai vivendo questo momento?

“È stato un premio inaspettato, uno splendido riconoscimento per tutto quello che abbiamo fatto in venticinque anni. Mentre ritiravo il premio mi sono passate in testa le immagini del nostro inizio: dell’unica persona che aveva varcato la porta del Porticciolo e noi l’avevamo fatta accomodare vicino alle finestre per far vedere che avevamo gente. Però non abbiamo mollato ed eccoci qui, a parlare di concetti che, all’apparenza, sono facili da capire: la parola accoglienza reca in sé il significato. Ma sono difficili da interpretare se non lo fai con un po’ di amore. Questo è quello che ho fatto per tutto questo tempo, ho accolto ogni nostro ospite dedicandogli tempo, attenzione, spontaneità e quel gesto d’amore che ci si aspetta quando si varca la porta di qualsiasi ristorante. Cucinare è un gesto d’amore e di benessere, lo stesso deve sempre valere anche e soprattutto in sala. L’ospite deve restare con un ricordo positivo per farlo tornare e, di conseguenza, tutto deve essere pensato e fatto per raggiungere questo obiettivo. Oggi si parla tanto di fine dining, se è morto oppure no. No è la mia risposta, anzi, è proprio lui che ci fa capire quando stiamo andando nella direzione sbagliata. In questo momento non c’è la giusta comunicazione di cosa significhi fine dining o alta ristorazione o chiamiamolo come vogliamo. Di un locale dobbiamo comunicare solo due cose: l’identità e la qualità. Dobbiamo essere sicuri di quello che offriamo all’ospite e lui deve percepirlo non appena varca la soglia del nostro locale. È qui che entra in gioco la sala; la persona preposta al tavolo deve saper raccontare l’identità, la cucina, la qualità, il luogo in cui si trova quel ristorante. La maggior parte degli ospiti ha fame di questi racconti, noi dobbiamo nutrire questa fame!”

Vanessa Melis

Sia tu che Gianfranco siete autodidatti: come si impara, come si cresce e come si trasmette questo mestiere?

“È vero, siamo autodidatti e non veniamo, nessuno dei due, da percorsi importanti fatti nella ristorazione. Gianfranco, come ben sai, era un surfista quindi… Però abbiamo fatto questa scelta, venticinque anni fa, di far si che a Fiumicino, la nostra città, avesse un luogo dove dar vita alle nostre idee. In Gianfranco il bisogno di interpretare il mare era molto forte e Fiumicino, borgo di piccoli pescatori, ci dava la possibilità di usufruire del pescato locale. Mangiare questi pesci, fino ad allora, significava proporli nelle classiche ricette – la frittura, con olive e pomodorini ecc… - mentre noi volevamo diversificare. I primi tempi sono stati durissimi, come ho detto, non veniva nessuno. È stata quella esperienza che ci ha fatto capire che l’ospite era come oro colato, farlo tornare era più importante di ogni altra cosa. E questo genera rispetto verso le persone! Devo ringraziare Gianfranco per questo: perché è da lui che ho imparato a credere nei progetti e questo ti fa star bene. Sono venticinque anni e sembra ieri. E lo devo ringraziare perché, senza la sua cucina, io non sarei mai potuta diventare quella che sono oggi!”

Vanessa Melis
GAMBERO ROSSO AL CEDRO, SALICORNIA E SUCCO DI MELAGRANAGAMBERO ROSSO AL CEDRO, SALICORNIA E SUCCO DI MELAGRANA

Qual è la tua visione, oggi, del servizio di sala?

“La prima cosa è scegliere il team. Scegliere, non prendere il primo che si propone solo perché c’è un problema di scarsità di personale. E, nello scegliere, dare piena fiducia ai giovani. Sono fondamentali, diventano fonte d’ispirazione. E, da parte loro, suggerisco di saper scegliere i luoghi che diano loro la possibilità di potersi esprimere. La sala di oggi non vuole gerarchie, non vuole imposizioni però questo non significa non essere perseveranti perché il raggiungimento di un obiettivo non avviene con il tutto e subito. Occorre tempo, memoria e determinazione; se si ha voglia di far bene i riconoscimenti arrivano. Infine è indispensabile dire alle persone che lavorano per noi quando fanno un servizio ben fatto, consente un clima più sereno che viene percepito dagli ospiti”. 

 

Qual è il tipo di rapporto che instauri con i tuoi ragazzi? Che età media hanno? Perché hanno scelto di fare questo mestiere?

“Rispondo subito alla seconda domanda: l’età media è sui 24 anni. Un’età con cui è, a volte, difficile confrontarsi, come è sempre stato e sempre sarà tra generazioni che hanno età e visioni della vita tanto diverse. Però, anche se durante il servizio una parte di me deve diventare rispettosa delle regole, se vedo che un ragazzo o una ragazza del team ha una serata no chiedo di dirmelo. Questo lavoro diventa uno stile di vita che ti assorbe quasi completamente e, secondo me, tutte le persone che assumono impegni importanti devono mettere in conto qualche sacrificio. Però so anche che non posso chiedere di più del tanto che già mi danno, se vado a chiedere troppo potrei perderne qualcuno perché per loro questo è lavoro. Non posso usare il metro di misura basato sull’impegno mio e di Gianfranco, noi siamo imprenditori, il locale è il nostro. Io dico sempre che ristorante significa ristoro, in tutti i suoi aspetti, anche quello dell’organizzazione del lavoro”.

Vanessa Melis

Qual è la cosa che ti sentiresti di dire a un ragazzo che intende percorrere questa strada?

“Gli direi che la cosa più bella è avere un sogno e che, se quel sogno fosse aprire un ristorante o dirigere una sala, può diventare realtà. Serve perseveranza e capire che ogni sbaglio non deve deprimerci ma diventare opportunità di crescita”. 

 

Il vostro ospite si aspetta qualcosa dal servizio di sala, oltre a quello che già si aspetta dalla cucina?

“Il nostro ospite già ci fa tantissimi complimenti per il servizio quando finisce la sua serata. Si hanno sempre tante aspettative quando si sceglie un locale e sentirti dire che siamo andati oltre alle aspettative è sempre molto gratificante. Chi viene, invece, per la prima volta capita che non conosca l’esperienza che deve vivere ma questo è un posto che fa bene all’anima e, di conseguenza, mette tutti subito a proprio agio; è l’aria che qui si respira, ci dicono, è non è più solo il piatto o il servizio di sala. Molte volte, penso per la vicinanza dell’aeroporto, entrano clienti soli, magari in viaggio di lavoro. Sono quelli a cui dedico più attenzione, voglio che stiano ancora più bene, vivano la stessa atmosfera; come se ci sedessimo al tavolo con lui. Voglio che, quando escono, pensino a noi anche solo per un primo piatto e un bicchiere di vino”.

 

C’è un tema che è al centro dell’attenzione in questi anni: la carenza di personale. Come si deve affrontare e risolvere questo problema?

“Dal punto di vista contrattuale adeguando le remunerazioni, anche con l’aiuto dello Stato che può agire sul piano delle detrazioni fiscali. È necessario trattare le persone in un certo modo, adeguando gli stipendi al costo continuo della vita, siamo l’unico Paese che non applica sufficientemente queste regole. In secondo luogo essere chiari sui diritti, sacrosanti, ma anche sui doveri. Il ristorante è un lavoro di grande sacrificio, è necessario che chi lo intraprende lo sappia ma non possiamo non tenere conto anche della vita privata delle persone. È quindi necessario trovare un giusto equilibrio”.

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Come vedi il futuro prossimo della ristorazione in Italia?

“Di mio sono sempre molto positiva e mi piace combattere le giuste battaglie. Quella del nostro futuro è una di queste e voglio vincerla perché si può sempre fare meglio e, in questa fase storica, è giunta l’ora di farlo”.

a cura di

Luigi Franchi

La passione per la ristorazione è avvenuta facendo il fotografo nei primi anni ’90. Lì conobbe ed ebbe la stima di Gino Veronelli, Franco Colombani e Antonio Santini. Quella stima lo ha accompagnato nel percorso per diventare giornalista e direttore di sala&cucina, magazine di accoglienza e ristorazione.
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