I menu del Vialardi
A tavola, scrive Vialardi: “ogni convitato avrà la sua minuta scrìtta a caratteri chiari di ciò che si serve per ordine di servizio.” Come tutto ciò che riguardava la cucina e la tavola, il menu era in francese, la lingua ufficiale della nobiltà europea.
Lo schema era sempre il medesimo: le ostriche erano una delle poche portate che potevano precedere i potage o la zuppa. A seguire gli hors-d’oeuvre, piccole preparazioni per solleticare il palato, poi vi era una porta di pesce (molto in voga era il salmone del Reno, la trota o la spigola) e una di carne, i relevé, seguiti dalle entrée (ad esempio aspic vari e coloratissimi, timballi o preparazioni con prosciutto cotto). A questo punto vi era una sorta di pausa gustativa con il “punch à la Romaine”, caldo e servito per predisporre gli stomaci e gli animi alla seconda parte del pasto con gli arrosti, gli entremets o intermezzi salati e dolci e per finire il dessert che comprendeva formaggi, dolci e frutta.
Il menu si affaccia nella storia della cucina e della tavola proprio nell’800 come conseguenza del passaggio dal servizio settecentesco “alla francese” a quello “alla russa”. Per il primo, ricco e aristocratico, tutti i piatti venivano posti simmetricamente e contemporaneamente sulla tavola imbandita, in una sorta di buffet, dai quali gli ospiti si servivano da soli e a piacimento. Per il servizio alla russa, nato a Parigi nel volgere del XIX secolo, le portate arrivavano, al contrario, secondo una successione stabilita, già porzionati, e serviti dai valletti ai commensali uno alla volta, i quali, non conoscendo l’ordine delle portate, necessitavano di questo nuovo cartoncino sul quale erano presenti, oltre alla sequenza delle portate, la data e la ricorrenza, i vini, il programma musicale e, talvolta, anche il carnet dei balli e il posto a tavola dei partecipanti.
Vialardi fu uno dei primi a utilizzare il servizio alla russa: “le pietanze vanno presentate alla sinistra del convitato col cucchiaio nel piatto, ond’esso possa servirsi colla mano destra.”
Nel XIX secolo nacquero altre forme miste di servizio franco-russe tra cui il servizio all’ambigù (ambiguo) ideato proprio da Vialardi secondo il quale i servizi freddi, come gli antipasti e il servizio dei dessert dovevano essere presentati sulla tavola, per poi essere prelevati e serviti dai camerieri.
La mise en place di Vialardi
Secondo il capo cuoco dei Savoia, attento a ogni dettaglio della regale mise en place, la gran tovaglia doveva essere “pendente dalla tavola incirca di 30 centimetri” con sopra “due vasi di bronzo o porcellana ripieni di fiori veri o finti”, accompagnati da “due girandoles (candelabri) in bronzo ripiene di confetti e zuccherini” e da “quattro canestri di cristallo ripieni di varii frutti crudi”.
Le salsiere erano una per ogni due persone, come anche le “caraffe di vino ordinario e di acqua”. Tre o quattro erano i bicchieri “per ciascun convitato, secondo le qualità del vino che si vuol servire nel corso del pranzo”. Sul piatto trovava posto il tovagliolo “e posala (posata) per ciaschedun convitato” mentre “i pialli (i piatti) si cambiano tutte le volte che si servono nuove pietanze, il pane si mette sopra la tovaglia (il tovagliolo) che sta sul piatto, la forchetta ed il cucchiaio si pongono a mano destra del piatto, il coltello a sinistra”.
E come dargli torto: “Ovunque colvansi l’arte della cucina è indizio di progresso e felicità sociale.”
Alessia Cipolla