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Vialardi: un cuoco moderno

11/05/2024

Vialardi: un cuoco moderno

Nato nel 1804 a Salassuola nel biellese, Vialardi fu a servizio della Real casa sabauda con Carlo Alberto, salito al trono del Regno di Sardegna nel 1831, e poi con il figlio Vittorio Emanuele II, re nel 1848 e futuro primo re d’Italia nel 1861. Trent’anni di onoratissima carriera dal 1824 al 1853: nel 1845 venne nominato aiutante-capo di cucina, promosso capo cuoco e pasticciere dal 1848 al 1853, quando si ritirò in pensione per mettere ordine tra i suoi appunti di cucina, pubblicando nel 1854 il Trattato di cucina, pasticceria moderna, credenza e relativa confettureria. Le ricette di questo testo vennero utilizzate al Quirinale fino alla fine del regno di Umberto I (1900), dando alla tavola dei Savoia un lustro noto in tutta Europa. 
 

Nel 1864 pubblicò la Cucina Borghese semplice ed economica, chiamato, successivamente, Il Piccolo Vialardi, dove riassunse, in 800 ricette di cucina e 350 di dolci con molte illustrazioni, le portate più interessanti del precedente trattato rendendole, però, più semplici, con ingredienti facilmente reperibili e meno costosi, a favore di una cucina “borghese” dedita all’economia e al risparmio, più “sana, semplice, economica” e lontana dalle rappresentazioni gastronomiche esotiche e costose dell’aristocrazia sabauda ed europea.

Morì a Brusasco (TO) nel 1872, in quella che ancor oggi è nota come la Cà ’d Vialard.

Da Salussola a Torino

 

Nell’Ottocento, all’interno delle cucine aristocratiche, si parlava molto il francese. A Torino, infatti, erano presenti molti cuochi d’oltralpe, come Edouard Hélouis che dopo il servizio per la corte di Luigi Filippo (1844-1847), lavorò per Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II di Savoia. Non era semplice per Vialardi da Salassuola arrivare al ruolo apicale nella cucina sabauda, ma aveva un asso nella manica: era un grande pasticcere, abile soprattutto nel “pastigliaggio”, ossia nelle decorazioni dei dolci, come anche nella produzione di gelati e di “bombe ghiacciate” (semifreddi) e nei “pièces montées”, torte a più piani ideate qualche decennio prima dal re dei cuochi, Antonin Carême. Era poi un vero talento nella presentazione e composizione di piatti scenografici come dimostrano, nel Trattato, i bellissimi 300 disegni di piatti spettacolari come arrosti, timballi, soufflé e preparazioni di pasticceria, ammirati dagli ospiti e dai contemporanei. Hélouis gli trasferì i segreti della cucina francese, e Vialardi, grazie alla sua grande professionalità e creatività, potè entrare dalla porta principale nelle cucine reali.

In quel periodo, a Torino, c’era anche Francesco Chapusot, capo cuoco dal 1841 al 1851 per l’ambasciatore inglese Ralph D’Abercromby, autore de La cucina sana, economica ed elegante (1846) e della Cucina casalinga, sana, economica e dilicata (1851) dove vengono descritte delle ricette semplici con materie prime locali, valutando la qualità, l’origine e la stagionalità dei prodotti: alla base la cucina “senza spreco” e “del riuso” tipicamente borghese. 

La modernità dei testi di Vialardi

 

Sono 19 i capitoli del ricettario Trattato di cucina, pasticceria moderna, credenza e relativa confettureria (1854), nei quali vengono descritti utensili, apparecchi, organizzazione generale della cucina ma anche tecniche di trancio e di cottura, come apparecchiare e servire a tavola oltre a circa 2000 ricette di tutte le zone dell’allora Regno di Sardegna: piemontesi, valdostane, nizzarde, genovesi e sarde, preparazioni che fanno, ormai, parte della cultura gastronomica regionale e italiana. Per Vialardi la “supremazia favorita dal cielo “, tutta italiana, era fuori discussione: “qui sono carni eccellenti, ottimi pollami, selvaggina saporita, pesci squisitissimi tanto d’acqua salata che d’acqua dolce, legumi gustosi, frutti bellissimi, olii finissimi, latticini e formaggi di qualità eccellentissima, le quali cose sono il fondamento della buona, della sana cucina”.

Molte sono le innovazioni presenti nei testi. La prima è l’uso del sistema metrico decimale, adottato in Francia nel 1840 e in Italia nel 1845, offrendo così la possibilità, anche ai non addetti ai lavori, di riprodurre le ricette con pesi e misure corrette. Per la prima volta vi è, anche, un riferimento alla tavola per i più piccoli con, ad esempio, la ricetta delle patatine fritte. 
 

Tra i primi utilizzò il menu, il cartoncino appena nato con la lista cibaria e la carta dei vini in abbinamento: “i vini che si sono scelti si servono per ordine di servizio come nella minuta, nel corso del pranzo”. Diede molto spazio al Barolo, amato da Vittorio Emanuele II, anche se il gusto contemporaneo prediligeva i Bordeaux, gli Champagne e i vini stranieri dolci e fortificati. Per il servizio dei vini indicava di metterli in fresco con acqua e ghiaccio, mentre per la loro sequenza consigliava:“ si servono ordinariamente nel corso del pranzo quattro qualità di vino, come : 1° Vini forti amari; 2° vini spiritosi ordinari rossi, ma però in estate è meglio usare vini deboli; 3° vini spumanti; 4° vini dolci, e quindi i liquori serviti per ordine come nella minuta, nella quale, benché si trovino varie qualità di vini scritti per ordine di servizio, si sceglieranno soltanto le qualità che si desiderano.”

Un’altra novità dei testi di Vialardi fu quella della diffusione dei metodi di conservazione “Appert”, da Nicolas Appert (1749-1841), che dopo molte ricerche mise appunto la tecnica di far bollire a bagnomaria i flaconi di vetro a chiusura ermetica contenenti gli alimenti. 

I menu del Vialardi

 

A tavola, scrive Vialardi: “ogni convitato avrà la sua minuta scrìtta a caratteri chiari di ciò che si serve per ordine di servizio.” Come tutto ciò che riguardava la cucina e la tavola, il menu era in francese, la lingua ufficiale della nobiltà europea.

Lo schema era sempre il medesimo: le ostriche erano una delle poche portate che potevano precedere i potage o la zuppa. A seguire gli hors-d’oeuvre, piccole preparazioni per solleticare il palato, poi vi era una porta di pesce (molto in voga era il salmone del Reno, la trota o la spigola) e una di carne, i relevé, seguiti dalle entrée (ad esempio aspic vari e coloratissimi, timballi o preparazioni con prosciutto cotto). A questo punto vi era una sorta di pausa gustativa con il “punch à la Romaine”, caldo e servito per predisporre gli stomaci e gli animi alla seconda parte del pasto con gli arrosti, gli entremets o intermezzi salati e dolci e per finire il dessert che comprendeva formaggi, dolci e frutta.

Il menu si affaccia nella storia della cucina e della tavola proprio nell’800 come conseguenza del passaggio dal servizio settecentesco “alla francese” a quello “alla russa”. Per il primo, ricco e aristocratico, tutti i piatti venivano posti simmetricamente e contemporaneamente sulla tavola imbandita, in una sorta di buffet, dai quali gli ospiti si servivano da soli e a piacimento. Per il servizio alla russa, nato a Parigi nel volgere del XIX secolo, le portate arrivavano, al contrario, secondo una successione stabilita, già porzionati, e serviti dai valletti ai commensali uno alla volta, i quali, non conoscendo l’ordine delle portate, necessitavano di questo nuovo cartoncino sul quale erano presenti, oltre alla sequenza delle portate, la data e la ricorrenza, i vini, il programma musicale e, talvolta, anche il carnet dei balli e il posto a tavola dei partecipanti. 

Vialardi fu uno dei primi a utilizzare il servizio alla russa: “le pietanze vanno presentate alla sinistra del convitato col cucchiaio nel piatto, ond’esso possa servirsi colla mano destra.” 

Nel XIX secolo nacquero altre forme miste di servizio franco-russe tra cui il servizio all’ambigù (ambiguo) ideato proprio da Vialardi secondo il quale i servizi freddi, come gli antipasti e il servizio dei dessert dovevano essere presentati sulla tavola, per poi essere prelevati e serviti dai camerieri. 

 

La mise en place di Vialardi

Secondo il capo cuoco dei Savoia, attento a ogni dettaglio della regale mise en place, la gran tovaglia doveva essere “pendente dalla tavola incirca di 30 centimetri” con sopra “due vasi di bronzo o porcellana ripieni di fiori veri o finti”, accompagnati da “due girandoles (candelabri) in bronzo ripiene di confetti e zuccherini” e da “quattro canestri di cristallo ripieni di varii frutti crudi”.

Le salsiere erano una per ogni due persone, come anche le “caraffe di vino ordinario e di acqua”. Tre o quattro erano i bicchieri “per ciascun convitato, secondo le qualità del vino che si vuol servire nel corso del pranzo”. Sul piatto trovava posto il tovagliolo “e posala (posata) per ciaschedun convitato” mentre “i pialli (i piatti) si cambiano tutte le volte che si servono nuove pietanze, il pane si mette sopra la tovaglia (il tovagliolo) che sta sul piatto, la forchetta ed il cucchiaio si pongono a mano destra del piatto, il coltello a sinistra”. 

E come dargli torto: “Ovunque colvansi l’arte della cucina è indizio di progresso e felicità sociale.”


Alessia Cipolla

Vialardi “Trattato di cucina, pasticceria moderna, credenza e relativa confettureria”Vialardi “Trattato di cucina, pasticceria moderna, credenza e relativa confettureria”
Vialardi “Cucina Borghese semplice ed economica”Vialardi “Cucina Borghese semplice ed economica”
Menu Real Casa Savoia Vittorio Emanuele II- Roma 2 Mai 1876 Collezione BenziMenu Real Casa Savoia Vittorio Emanuele II- Roma 2 Mai 1876 Collezione Benzi
Alessia Cipolla
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