Cerca

Premi INVIO per cercare o ESC per uscire

Vino al cibo, viceversa… e non solo

20/11/2024

Vino al cibo, viceversa… e non solo

A fine cena, sul bancone dietro al nostro tavolo, sostavano sei bottiglie, all’incirca una per commensale. Da Montagne de Reims a la Styria, da la Côte de Beaune alla Toscana, dall’Etna alle colline moreniche della Franciacorta: la serata si era snodata tra vitigni, stili e terroir molto diversi. Si era assaggiato alla cieca, in autonomia, senza particolari consultazioni con il personale di sala. Non c’era una trama di sottofondo e nessuno si era preoccupato del fatto che le bottiglie potessero funzionare con i piatti in carta, non avendo nemmeno ben chiaro quali cibi avrebbero fatto capolino.

Cito questo episodio perché oggi, tra tanti appassionati, enofili e pure tra i professionisti, a volte funziona proprio così: si sceglie cosa bere, perché la voce vino è preponderante, e si bada meno al pairing. Meno forzature, più beva. E se il vino è buono, e il cibo anche, non ci sono molte altre considerazioni da fare, sento dire

Mi trovo mediamente d’accordo, e la cena in questione è scivolata via in modo sontuoso, ma non è questo il punto. C’è da interrogarsi su come stia cambiando da un lato la presenza del vino al ristorante, dall’altro il dialogo tra il cibo e il vino, tenendo conto che il pubblico è eterogeneo e la fetta degli addetti ai lavori è stretta rispetto alla moltitudine di clienti che ogni giorno popolano i ristoranti italiani. E, non da ultimo, che in questa partita stanno entrando anche attori diversi. 

Partire dalla conoscenza
Il tema dell’abbinamento cibo-vino gode di moltissime infiltrazioni di pensiero: c’è chi si affida alle indicazioni accademiche, chi le ritiene obsolete, chi le utilizza solo in parte e a seconda della circostanza. Di tutti i pareri che ho raccolto, però, trovo quello di Ciro Fontanesi, coordinatore dell’ ALMA Wine Academy, estremamente autorevole e condivisibile: “Non si può essere moderni se non si conosce il classico. L’approccio tecnico è sempre il punto di partenza, anche per chi intende evolvere un metodo o metterlo in discussione”.
Per l’abbinamento ci si può affidare ai dettami più noti. Cito, per diffusione, concordanza e contrapposizione. Oppure si può costruire un proprio stile. Ciò che conta è che tutto si erga su competenze solide e aggiornate. Non è così scontato: l’approssimazione, la fretta, talvolta l’incapacità critica, non stanno risparmiando il mondo del vino, anzi, e sicuramente inficiano anche sull’appagamento dell’ospite. Aggiunge a tal proposito Fontanesi:
“Al momento c’è molta improvvisazione nel settore. Per sviluppare un pensiero personale, riconoscibile e saper consigliare il cliente sull’abbinamento e in generale sulle bevande, sono indispensabili lo studio, l’assaggio, l’investimento personale. E sicuramente il sapersi mettere in discussione, pratica poco diffusa nel comparto della sommellierie. Il tutto tenendo conto della curiosità e della fiducia che l’ospite ripone sulla persona che lo accompagna”. 

L’altro grande tema, dunque, ancor prima di parlare di combinazioni eno-gastronomiche e buone prassi, è quello dell’ascolto.
“L’incapacità di leggere i bisogni e le preferenze di chi è seduto a tavola è l’altro nodo stretto della ristorazione contemporanea. Siamo sempre meno abituati a dialoghi reali e sempre più condizionati da scambi virtuali. Per chi svolge il mestiere di sala diventa sempre più difficile leggere, interpretare e capire il cliente. Ma è un’abilità cruciale che serve anche quando si tratta di consigliare il vino o gestire il pairing. È importante sondare il terreno e cogliere le attitudini, il grado di conoscenza, le preferenze”.

Vino al cibo, viceversa… e non solo

Costruire un percorso aperto 

Al netto di quanto detto finora, cosa è bene auspicarsi da una cena in cui il cliente non si vuole affidare al caso o a individuali ispirazioni, e desidera invece seguire un tracciato più ragionato? Meglio orientarlo verso la bottiglia o il percorso di abbinamento?

Dipende. In merito alla degustazione abbinata ci affidiamo ancora alle parole di Ciro Fontanesi: “Sostengo che il pairing non debba essere costruito a tavolino ma che sia un lavoro sartoriale, da compiere in relazione a molteplici fattori. Il punto focale è che le pietanze non vanno ‘bilanciate’ o smussate come si sente spesso dire in giro. Vanno esaltate attraverso l’abbinamento. Il rispetto del tema del piatto è la prima regola. L’altra è padroneggiare il percorso prestando attenzione al ritmo: alternare le texture e i colori, l’intensità, prevedere delle pause, dei momenti di ‘rilassatezza’ sensoriale e delle parentesi di assaggio in cui prevalgono sentori più marcati. È un lavoro di fino e umano, che va scritto e ridefinito ogni volta”.

 

Suggestioni sensoriali e cambiamenti
In merito agli aspetti puramente sensoriali dell’abbinamento cibo-vino possiamo affermare che oggi, tra nuovi ingredienti e nuove flessioni culinarie, le carte si siano scombinate, e non di poco. Basta scorrere i menu che circolano nei ristoranti con una cucina contemporanea ed è evidente che compaiano sempre meno quadri organolettici classici. Difficile incontrare una da lièvre à la royale, per intenderci.
Le variazioni, le aggiunte, l’incursione di spezie, salse, sementi, estrazioni, sono all’ordine del giorno.
Stefania Pompele, specialista in Analisi Sensoriale, fa il punto.
“È sempre più ricorrente incontrare sapori sferzanti. Nelle cucine moderne c’è ormai da anni una grande inclinazione verso l’acidità e talvolta anche verso l’amaro. Si sono diffuse alcune tecniche, come le fermentazioni, proprio per favorire l’esaltazione di precise note gustative. In alcune circostanze, parlo per esperienza personale e comunque da appassionata di enologia, credo si possa fare anche a meno del vino. In certi percorsi sembra che il cibo non abbia bisogno di ulteriore complessità”.
C’è da stimolare la riflessione in chi cucina, naturalmente, e in chi guida la sala, anche in termini di opportunità di vendita. Ma ci sono anche altre strade che si possono valutare.
“Prendiamo il sapore più difficile da addomesticare: l’amaro. È molto più diffuso rispetto al passato e trova sicuramente più affinità con cocktail e infusi. L’abbinamento dell’amaro al vino è una delle pratiche più difficili ma guardando alle alternative si possono individuare proposte convincenti”.
Ce ne ha parlato anche lo stesso Ciro Fontanesi.
“Se nelle cucine abbiamo visto grandi evoluzioni e stravolgimenti, nel mondo delle bevande non si è registrata altrettanta innovazione in questi anni. Con gli alunni dei miei corsi parto proprio da qui, ossia dal considerare tutte le opportunità di abbinamento, quindi dal prendersi cura di una carta delle bevande e non di una carta esclusivamente orientata al vino. Significa includere tanti altri prodotti, come birre, cocktail, ma anche tè e bevande alcol free in genere. Oggi c’è bisogno di dare spazio e soprattutto variazioni: non prevedere bevande senz’alcol è una mancanza nei confronti del cliente perché la domanda c’è ed è in crescita”.
Naturalmente, anche qui, bisogna farsi trovare pronti all’appuntamento. È necessario veicolare informazioni precise e pensare ad abbinamenti efficaci, funzionali al godimento del cliente.
 

Barbabietola e caffèBarbabietola e caffè

È esploso il menu

Fatta eccezione per i ristoranti in cui la cucina tradizionale è solida e pressoché immutata, in tante altre insegne i cambiamenti interessano sia la cucina in senso stretto sia la sequenza di assaggio. Come dicevamo prima sono mutati i piatti - per sostanza, intensità, esoticità, spaziature, affumicature - ma è cambiato anche il modo in cui le portate giungono a tavola. In alcuni locali si rispetta ancora l’ordine di servizio, in altri i piatti arrivano insieme e con ritmi non definiti. Sarà anche in questo caso buona regola proporre un vino o una bevanda che possa dialogare con più pietanze, sia che il cliente chieda la bottiglia, sia che si affidi al personale per uno o più calici. Elargire consigli non deve mai assumere toni saccenti ma, piuttosto, rivelarsi un’occasione per rendere l’esperienza più completa e felice.

Abbinamenti al ristorante Local - VeneziaAbbinamenti al ristorante Local - Venezia

Un’ultimissima considerazione, questa volta personale, sul vino a tavola. 

È sempre un piacere incontrare vini che emozionano, che fanno ballare il naso, il palato e non solo. Ci sono bottiglie che non smetteresti mai di bere o che ordineresti ogni volta che compaiono nella carta o sugli scaffali. Ma trovare un’armonia perfetta tra il cibo e il vino genera un piacere unico e duraturo. Ha più le sembianze di una danza che di un ‘pairing’, potremmo cambiargli il nome. Non dimentichiamoci di dargli valore!
 

a cura di

Giulia Zampieri

Giornalista, di origini padovane ma di radici mai definite, fa parte del team di sala&cucina sin dalle prime battute. Ama scrivere di territori e persone, oltre che di cucina e vini. Si dedica alle discipline digitali, al viaggio e collabora con alcune guide di settore.
Condividi