Costruire un percorso aperto
Al netto di quanto detto finora, cosa è bene auspicarsi da una cena in cui il cliente non si vuole affidare al caso o a individuali ispirazioni, e desidera invece seguire un tracciato più ragionato? Meglio orientarlo verso la bottiglia o il percorso di abbinamento?
Dipende. In merito alla degustazione abbinata ci affidiamo ancora alle parole di Ciro Fontanesi: “Sostengo che il pairing non debba essere costruito a tavolino ma che sia un lavoro sartoriale, da compiere in relazione a molteplici fattori. Il punto focale è che le pietanze non vanno ‘bilanciate’ o smussate come si sente spesso dire in giro. Vanno esaltate attraverso l’abbinamento. Il rispetto del tema del piatto è la prima regola. L’altra è padroneggiare il percorso prestando attenzione al ritmo: alternare le texture e i colori, l’intensità, prevedere delle pause, dei momenti di ‘rilassatezza’ sensoriale e delle parentesi di assaggio in cui prevalgono sentori più marcati. È un lavoro di fino e umano, che va scritto e ridefinito ogni volta”.
Suggestioni sensoriali e cambiamenti
In merito agli aspetti puramente sensoriali dell’abbinamento cibo-vino possiamo affermare che oggi, tra nuovi ingredienti e nuove flessioni culinarie, le carte si siano scombinate, e non di poco. Basta scorrere i menu che circolano nei ristoranti con una cucina contemporanea ed è evidente che compaiano sempre meno quadri organolettici classici. Difficile incontrare una da lièvre à la royale, per intenderci.
Le variazioni, le aggiunte, l’incursione di spezie, salse, sementi, estrazioni, sono all’ordine del giorno.
Stefania Pompele, specialista in Analisi Sensoriale, fa il punto.
“È sempre più ricorrente incontrare sapori sferzanti. Nelle cucine moderne c’è ormai da anni una grande inclinazione verso l’acidità e talvolta anche verso l’amaro. Si sono diffuse alcune tecniche, come le fermentazioni, proprio per favorire l’esaltazione di precise note gustative. In alcune circostanze, parlo per esperienza personale e comunque da appassionata di enologia, credo si possa fare anche a meno del vino. In certi percorsi sembra che il cibo non abbia bisogno di ulteriore complessità”.
C’è da stimolare la riflessione in chi cucina, naturalmente, e in chi guida la sala, anche in termini di opportunità di vendita. Ma ci sono anche altre strade che si possono valutare.
“Prendiamo il sapore più difficile da addomesticare: l’amaro. È molto più diffuso rispetto al passato e trova sicuramente più affinità con cocktail e infusi. L’abbinamento dell’amaro al vino è una delle pratiche più difficili ma guardando alle alternative si possono individuare proposte convincenti”.
Ce ne ha parlato anche lo stesso Ciro Fontanesi.
“Se nelle cucine abbiamo visto grandi evoluzioni e stravolgimenti, nel mondo delle bevande non si è registrata altrettanta innovazione in questi anni. Con gli alunni dei miei corsi parto proprio da qui, ossia dal considerare tutte le opportunità di abbinamento, quindi dal prendersi cura di una carta delle bevande e non di una carta esclusivamente orientata al vino. Significa includere tanti altri prodotti, come birre, cocktail, ma anche tè e bevande alcol free in genere. Oggi c’è bisogno di dare spazio e soprattutto variazioni: non prevedere bevande senz’alcol è una mancanza nei confronti del cliente perché la domanda c’è ed è in crescita”.
Naturalmente, anche qui, bisogna farsi trovare pronti all’appuntamento. È necessario veicolare informazioni precise e pensare ad abbinamenti efficaci, funzionali al godimento del cliente.