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Zone d’ombra

27/03/2024

Zone d’ombra

Nel mese di marzo, nell’editoriale in apertura della rivista, svisceravamo un fenomeno preoccupante, quello della contrazione dei consumi a tavola. 

“Un piatto in due e una bottiglia d’acqua” è la sintesi di come stiano cambiando le dinamiche della ristorazione; di come si stia impoverendo l’esperienza al ristorante per molti clienti, e di come sia necessario sensibilizzare le persone per far capire l’impatto economico che queste scelte hanno nell’intero comparto del fuori casa. 

 

Si esce soprattutto nel fine settimana

Non è l’unico fenomeno preoccupante. La concentrazione delle prenotazioni nel fine settimana è un altro tema cruciale, che sta interessando tantissime attività di ristorazione, a tutti i livelli. Ci auguriamo di trovare dati esaustivi nel Rapporto della Ristorazione FIPE che verrà presentato ad aprile, supportato sempre da riflessioni precise e analitiche. 

Ad ogni modo, è sufficiente parlare con un campione nemmeno troppo ampio di ristoratori per capire che non si tratta più di un trend ma di una consuetudine con cui bisognerà convivere da qui in avanti. 

Lo abbiamo detto tante volte: esistono un prima e un dopo Covid. Forse, negli anni scorsi, ce lo si raccontava più per fare eco alle teorie di alcuni che per convinzione. Nessuno poteva pensare che la pandemia potesse davvero sradicare, convertire, stravolgere le abitudini sul lungo termine, modificando alla radice l’ecosistema di un settore chiave per il nostro Paese. E invece, eccoci qui: a parlare di un nuovo modo di gestire il tempo dedicato ai pasti, a un’abitudine a cenare prima la sera e a non uscire tra lunedì e il venerdì, al consolidamento del momento aperitivo, ai nuovi parametri di scelta dei locali in cui andare a mangiare o a bere.

Uno dei primi che - da quanto ricordiamo - ha sollevato il problema dello sbilanciamento totale delle prenotazioni nel fine settimana è Giacomo Ballarini, titolare di Buns, nota hamburgeria di Verona città (la seconda insegna è dedicata anche al delivery). In un video pubblicato su Instagram, Giacomo lanciava un messaggio di sensibilizzazione generico sul tema, invitando, le persone a non accalcarsi tutte nel week-end e a prendere in considerazione l’uscita anche infrasettimanale, con motivazioni che vi enunceremo tra qualche riga. Il messaggio era diretto non solo ai propri clienti, ma genericamente a tutti. Ci siamo tornati su con Giacomo.

Giacomo BallariniGiacomo Ballarini

“La nostra attività ha ovviamente meccanismi diversi da quelli di un ristorante tradizionale. Lo scontrino per un locale che fa hamburger, seppur con materie prime di alta qualità come il nostro, è medio basso rispetto a ristoranti e trattorie. Abbiamo comunque un punto d’osservazione largo, avendo un bacino di utenti ampio e variegato in entrambe le attività. C’è un pensiero errato che riscontriamo in molti clienti: se un ristorante o un locale risponde che è al completo, nel fine settimana, non è un disservizio per il cliente (come sottintendono la maggior parte di quelli che sono dall’altro capo del telefono)… semmai lo è per il ristoratore che si trova a dover dire di no alle persone perdendo un’occasione di vendita!”.

 

Potremmo citare decine di episodi raccontati dai ristoratori, di clienti o potenziali clienti che rispondono stizziti, a volta sconfinando nella maleducazione, perché non hanno trovato un tavolo libero chiamando all’ultimo minuto o magari recandosi direttamente davanti all’ingresso del locale. 

Ricordo io stessa la risposta assurda di un trio all’uscio di una birreria, un sabato sera di marzo. Alla risposta “ci spiace, al momento siamo pieni” il trio controbatte “allora andremo nell’altro!”. Una sorta di minaccia… incredibile! E chissà quante esperienze simili o addirittura peggiori potreste raccontarne voi! 

Non si può non comunicare

Non è questa, tuttavia, la sede delle critiche; semmai delle proposte e delle riflessioni. Pertanto chiediamo a Giacomo come sia intervenuto per convertire questa tendenza.

“Le persone durante la settimana escono poco. Prima del 2020 i numeri erano nettamente diversi. Oggi, probabilmente soprattutto per ragioni di comodità, preferiscono mangiare a casa; in città questo si traduce in una grande richiesta di cibo d’asporto o a domicilio ed è anche questo che noi abbiamo voluto intercettare. Ora, questa è una scelta che non può riguardare tutti perché tantissime tipologie di cucina non si prestano, così come bisogna considerare che le logiche, per esempio in un contesto di provincia, sono totalmente diverse. Quello che però mi sento di dire è che la comunicazione è fondamentale. Noi facciamo di tutto per essere attrattivi servendoci di una comunicazione costante, studiata nei tempi e nelle uscite, con tante iniziative speciali che aiutano a tenere alto l’hype considerando anche che i tempi di reazione delle persone sono lunghi. Suppongo che molti ristoratori non stiano comunicando bene con i propri clienti perché, ancora oggi, la comunicazione non è considerata, in termini di valore, al pari della scelta dei fornitori e delle materie prime, per esempio. Invece bisognerebbe ricordarsi… che anche non comunicando si sta comunicando qualcosa!”

Giacomo si riferisce, evidentemente, all’auto-esclusione di alcuni locali che mettono la voce comunicazione in fondo alla lista delle priorità. 

“Comunicare con il cliente oggi non significa solo elencargli le proposte, lanciare i nuovi menù, raccontare le preparazioni… ma anche spiegare perché, per esempio, nei giorni infrasettimanali si sta meglio al ristorante! Si può fare con ironia ma lo si deve fare”.

Spieghiamo il vantaggio dell’esperienza infrasettimanale

A supporto di quest’ultima affermazione interviene anche Silvia Banterle, del ristorante Stilla a Colognola ai Colli (VR), con cui Giacomo ha un rapporto di amicizia oltre che di confronto professionale. 

“Gli appassionati e assidui frequentatori dei ristoranti sanno che il weekend è il momento peggiore per godere di un'esperienza soddisfacente. I ritmi del locale sono accelerati per via dell'afflusso elevato e chi magari vorrebbe prendersi del tempo parlare con il sommelier o con lo chef, nel fine settimana fa fatica. Costatiamo che il pubblico appassionato non ha l’imperativo di uscire per forza sabato e domenica; il resto della clientela spesso pretende il tavolo al sabato sera alle 20.30 senza lasciare spazio a possibili alternative”.

Questo non è che un ostacolo enorme per il ristoratore; le risorse, personale in primis, non possono variare di molto tra fine settimana e infrasettimanale.

Oltre a sensibilizzare il cliente, raccontando che, durante la settimana, l’esperienza è più distesa, probabilmente pure più precisa e soddisfacente, che altro può fare il ristoratore

Molti sono intervenuti organizzando serate ed eventi tematici; ospitando produttori, artisti, vigneron. Altri hanno introdotto formule di menu differenziate. Sono tutte strade corrette, non sempre efficaci, senz’altro molto dispendiose, ma mediamente portano benefici rispetto all’immobilismo di altre attività.

Silvia BanterleSilvia Banterle

Business non è una parola scomoda

Giacomo ci lascia un’altra considerazione: “In questi quattro anni è cambiato il mondo e continuare a guardare indietro augurandosi che alcune regole in vigore in passato possano ristabilirsi è una perdita di tempo. Oggi più che mai sono utili la comunicazione e la matematica per far girare un’attività. In Italia facciamo sempre così tanta fatica ad avere confidenza con la parola business, quindi con le discipline ad esso correlate come la matematica e la comunicazione… eppure bisogna capire che è così: un ristorante è un’azienda e bisogna far di conto per farla stare in piedi. Nel 2024 fare business, inoltre, significa aggiornare il linguaggio, aggiornare se stessi; studiare tanto, tutti i giorni, il comportamento e le attitudini dei clienti; avvicinarsi a nuove tecnologie e non aspettarsi che siano loro ad arrivare da noi”. 

 

Ci sono sicuramente molte altre riflessioni da mettere sul piatto e siamo aperti all’ascolto per chi volesse dire la sua, consapevoli che ci siano degli inopinabili aspetti di natura economica che stanno condizionando i consumi. Ci sentiamo però di dire una cosa, fuori dai denti: in questo periodo storico probabilmente conviene dedicare un’ora in meno all’abbellimento del piatto e un’ora in più all’aggiornamento e allo studio reale degli interlocutori che avete davanti. Sono sempre gli stessi di prima… ma sono totalmente diversi!

Zone d’ombra
a cura di

Giulia Zampieri

Giornalista, di origini padovane ma di radici mai definite, fa parte del team di sala&cucina sin dalle prime battute. Ama scrivere di territori e persone, oltre che di cucina e vini. Si dedica alle discipline digitali, al viaggio e collabora con alcune guide di settore.
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