Gualtiero Marchesi compie 83 anni, la maggior parte dei quali spesi al servizio della ricerca e dell’affermazione del bello e del buono in cucina come nella vita come ricorda lui stesso nell’intervista da noi pubblicata alcuni mesi fa che vi riproponiamo in alcuni stralci come il nostro modo di dire: Auguri Maestro, grazie per tutto quello che abbiamo ricevuto dal suo stile.
Cosa la spinse a viaggiare, scoprire, capire cosa succedeva negli anni ’50 nella cucina internazionale e italiana?
“Sono nato figlio di albergatori e ristoratori con una iniziale scarsa voglia di studiare, ancor meno di seguire la strada dei miei genitori. Fu mia madre che, con uno spettacolare colpo d’ala, mi spedì a 17 anni al Kulm Hotel di St. Moritz. Mi sono entusiasmato di quello stile e, in quel momento, mi sono reso conto dell’ambiente straordinario in cui ero nato. Fu così che decisi di iscrivermi alla scuola alberghiera a Lucerna. Alla scuola seguirono molti anni al Mercato, l’albergo dei miei genitori, dove passavano tutti, Fellini, Visconti, Testori che definì il nostro ristorante tra i migliori degli alberghi in Europa. Poi l’incontro con mia moglie che mi ha appassionato alla musica, con lei ho cominciato a studiare il piano. Sono state queste due donne che hanno influito sulla mia formazione e vita. Il passaggio successivo fu la Francia e l’incontro con Troisgros, da cui me ne andai solo dopo aver capito. Capito cosa? mi chiese. Vedrai, fu la mia risposta. Infine il Bonvesin della Riva e tutto il resto”.
La scelta della materia prima: oggi va di moda andare alla ricerca del prodotto di nicchia. Quanto vale questo concetto per lei che ha lavorato spesso in controtendenza, anche per l’industria?
“Quando stavo a Milano tutte le mattine andavo al mercato, avevo fatto fare un punzone per segnare le lombate di 40/50 chili che selezionavo e poi facevo frollare 40/50 giorni. Ma la buona materia prima è anche altrove. Ti racconto una cosa: nell’ottobre 2002, quando l’Accademia Internazionale della Gastronomia mi assegna il Grand Prix “Mémoire et Gratitude”a Lione, al mattino esco e nell’edicola francese campeggia un giornale con la foto di Bernard Loiseau (lo chef più amato di Francia, insieme a Paul Bocuse ndr) con sotto il titolo ‘Il futuro della cucina è nell’industria’ ed è vero! In questo momento però il problema è un altro: abbiamo il guaio che il ristorante soffre del rapporto con il cliente perché manca l’oste, quello che sta attento ai bisogni del cliente”.
Da maestro quali sono i suoi maestri?
“Il maestro è quello che insegna con l’esempio”.
Luigi Franchi