Aurora Mazzucchelli è una donna contemporanea. In cucina da una vita, perché mamma e papà facevano i cuochi, porta dentro di sé quella gastronomia del ricordo di cui trasudano i colli bolognesi, ma riesce – e benissimo – a esprimerla senza cadere nel nostalgico, anzi arricchendo d’attualità e di interpretazione personale e sicura ogni sua ricetta. Al Ristorante Marconi di Sasso Marconi i genitori approdano nel 1983, ma dal 2000 sono Aurora e il fratello Massimo a fare quello che loro definiscono “lavoro legato alla soddisfazione dei palati, dove colore, sentimento e materia si mescolano, senza compromessi.”
- Aurora, qual è la definizione che più ti somiglia? Cuoca, chef, chef donna, artista?
Donna e basta. Sarebbe bello poterlo dire sempre, no?
- Come nasce una tua ricetta?
Spesso nasce andando a trovare i produttori e facendomi raccontare i prodotti in azienda. Chi lavora con passione ha voglia di comunicarla e si crea una catena virtuosa, una ragnatela locale fatta di incontri, di assaggi, di prove e infine di selezione accurata, così alla fine anche io posso raccontarla nel ristorante questa passione, a parole e nel piatto.
- Come è la tua giornata tipo?
Mi sveglio alle 8 e faccio il pane. Poi mi dedico alla preparazione del pranzo, mangio un boccone al volo e si parte con il servizio. Il pomeriggio è diviso tra il riordino, la definizione dei piatti per la sera, le pubbliche relazioni – scrivere, mandare ricette, fare interviste – se avanza tempo faccio una camminatina così prendo una boccata d’aria, altrimenti arrivo a sera senza mai guardar fuori dalla finestra! Alle 18 ceno, mi dedico al servizio e per ultima cosa faccio una piccola riunione con lo staff per il giorno dopo. Infine vado a dormire che si è fatta la una. Per il lavoro serve tempo, più che per te stessa.
- Qual è il piatto a cui sei più affezionata?
Mio padre è bolognese e mia madre è siciliana. Il mio imprinting è doppio, ricco di sfumature e profumi. Amo molto il tortellino, ricorda l’ombelico della donna, la totalità, ma anche il cappero, il pomodoro, la mandorla, il limone, il profumo del finocchio selvatico…
- Vita professionale e privata vanno sempre d'accordo?
Sono fatta di queste due parti, anche se il lavoro è la mia vita, quindi si mischiano. Amo me stessa per come sono e la cucina di un amore totale, se così non fosse scoppierei.
- C’è un incontro che ti ha cambiato la vita?
Deve ancora succedere (e ride). I miei genitori e alcuni colleghi che stimo, ma un uomo… spero che possa succedere: sono single da un anno, ma sono molto romantica! E spero che non metta a repentaglio il mio lavoro, amo troppo questo mio “equilibrio squilibrato”!
- Cosa avresti fatto se non avessi intrapreso questa professione?
Avrei viaggiato, ma in Italia. Abbiamo delle tali bellezze intorno a noi a cui non diamo il giusto peso. E avrei dipinto: amo molto la pittura, quando ho tempo sperimento i colori a olio, è molto difficile ma è una passione che mi porto dentro da anni.
- C'è più rivalità e invidia oppure sostegno e stima, tra colleghi/colleghe?
Tra colleghi non c’è troppa rivalità, alla fine credo ci sia più sostegno. Magari c’è indifferenza dovuta alla poca conoscenza. Ci sono eventi in cui ognuno fa il suo e basta, altri invece dove ci si aiuta un po’ tutti. È bello quando succede. Un cuoco che mi ha segnato, per il suo coraggio e la sua umiltà, è Gaetano Trovato (di cui Aurora Mazzucchelli è stata allieva, ndr) e di recente ho conosciuto Antonella Ricci, una gran bella persona.
- La tua femminilità come influisce, se influisce, sul lato creativo e pratico del tuo lavoro?
Non sono categorica. La femminilità c’è e in qualche modo per forza viene fuori, è normale. La cura, la voglia di raccontare un episodio, di esprimere le sensazioni che si provano a lavorare quell’ingrediente, sono tratti solo femminili? Non ne sono certa. Gli uomini hanno più testa e meno cuore nel lavoro? Può essere, ma non vale per tutti.
- Pensi che una donna abbia bisogno di "inventarsi" qualcosa di particolare nel modo di porsi e/o di lavorare per rendersi più credibile?
Ha sicuramente bisogno di tirare fuori la grinta. Tendiamo forse a stare un po’ in ombra, perché lavoriamo tanto ma non siamo sempre lì a ribadirlo ogni volta, e a chi non è attento può passare inosservato. L’atteggiamento spesso conta: conta esserci, rendersi nel possibile disponibili, pur continuando ad essere molto responsabili.
- Uomo forte/donna debole; uomo al lavoro/donna con i figli; uomo in carriera/donna che si accontenta: è ancora così? E, nel caso, come si va oltre?
Penso che alcuni uomini non vivano bene la donna con un carattere, perché è più semplice gestire una che non sa cosa vuole, ma non ce ne sono più tante di donne così, per fortuna! Invertire le cose è una scelta: la donna una volta doveva stare a casa, oggi si deve lavorare in due per arrivare a fine mese. Spesso il pregiudizio oltre che sociale è della donna stessa… e il sostegno della famiglia e dell’uomo che ipoteticamente hai vicino sono indispensabili. Se mancano, è molto dura.
- Quando non ci sarà più “bisogno” di scrivere articoli sulle chef donne?
Bella domanda. Sui blog leggo a volte cose un po’ offensive verso la cucina al femminile. Si ribadiscono sempre i soliti concetti, il focolare, l’impronta casalinga… lo trovo un po’ stupido, sono notizie non notizie.
- Dove ti vedi tra 20 anni?
Non ne ho idea. Vivo molto il presente, non sono una che fa progetti.
- Dov’è la felicità?
È dentro di noi. E non dura un attimo, spesso la cerchiamo fuori, nelle cose. Invece è fuoco che arde dentro, e che io cerco di tenere sempre acceso.
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Alessandra Locatelli
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