Nel 2010 in Italia gli sprechi di prodotti alimentari dal campo alla tavola sono costati 11,2 miliardi di euro: una cifra pari allo 0,72 per cento del Pil.
“Abbiamo perso il valore del cibo - ha affermato il professor Andrea Segrè, fondatore di Last Minute Market, in occasione della presentazione del suo ultimo libro - ognuno di noi produce bene 550 kg di rifiuti solidi urbani, di cui un 20 per cento è imballaggio e un altro 30 per cento è perfettamente consumabile. Dobbiamo fare della crisi economica un’occasione di riflessione sul nostro paradigma economico ed etico, che considera lo spreco un rifiuto, mentre molto spesso è ancora utilizzabile e va usato o riciclato”.
Alla presentazione di “Basta il giusto (quando e quanto)”, pubblicato da “Altraeconomia Edizioni”, erano presenti il prof. Adolfo Pepe, direttore della Fondazione Di Vittorio, il prof. Silverio Ianniello, docente dell'Università di Trieste, il dottor Antonio Gaudioso, vicepresidente di Cittadinanzattiva, e Giuseppe Politi, presidente della Confederazione Italiana Agricoltori, che hanno costruito un dibattito attento e profondo sui limiti e le contraddizioni del nostro sistema economico.
“La pratica del ‘quanto basta’, allargata all’intera umanità, può costituire una chiave per la grande sfida planetaria della sicurezza alimentare, in cui il settore primario ricopre un ruolo centrale. -ha affermato il presidente della Cia Giuseppe Politi - Dietro le cifre ancora oggi impressionanti della malnutrizione globale si nasconde una grande ingiustizia sociale. Ed è proprio la mission degli agricoltori, cioè quella di produrre risorse e nutrimento, ad assumere in questo contesto un significato strategico, sia economico che etico. È proprio per questo che non mi stanco di ripetere lo slogan che la Cia ha fatto proprio da anni: serve più agricoltura per sfamare il mondo”.
In un Pianeta in cui si produce tanto cibo da assicurare ad ognuno di noi la disponibilità di 2800 kcal, quindi abbastanza per tutti, la malnutrizione continua a colpire quasi un miliardo di persone. Una contraddizione insostenibile, che si spiega anche con le cifre spropositate degli sprechi alimentari, che oltretutto hanno un costo economico altissimo, se si somma la mancata vendita allo smaltimento.