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Bernard Fournier e la cultura del rispetto

01/10/2022

Bernard Fournier e la cultura del rispetto

Una cucina che definisce “franco-mediterranea”, una profonda cultura del cibo intesa come conoscenza e rispetto di tradizioni e processi, una generosità che deriva dalla consapevolezza di colui che sa e ama trasmettere.

Bernard Fournier, chef patron del ristorante da Candida a Campione d’Italia, una stella Michelin fin dal 1995, appartiene a quella generazione di cuochi responsabili e colti che hanno fatto del loro mestiere una missione oltre che un business. Le sue convinzioni, la sua ideologia, affondano le radici nelle basi stesse della cultura culinaria; la sua conoscenza del cliente e delle sue esigenze e preferenze lo rendono artefice e custode dell’arte antica che è la gastronomia. Solidità, rispetto, conoscenza sono i valori che comunica e trasmette alle nuove generazioni.

“Sono francese di nascita – racconta chef Fournier – ma ho vissuto molti anni in Italia. Da 30 anni lavoro a Campione che è una piccola ex-clave italiana. Dunque, dall’Italia, nazione che possiede una tradizione gastronomica importante, come la Francia, ho assimilato cultura e gusti tanto che, oggi, la mia cucina, riflette entrambi gli stili e ne unisce sapori e aromi. Un esempio sono le mie tagliatelle di crêpes con salmone affumicato in casa e burro bianco: le tagliatelle sono italiane, le  crêpes francesi; due culture che convivono e si armonizzano, semplicemente. Non sono altro che classiche crêpes arrotolate e tagliate a tagliatella.  Amo molto la cucina italiana e mi piace cucinare i risotti, la pasta. Le tagliatelle di crêpes sono una base perfetta per condimenti diversi, per esempio i porcini oppure il foie gras.”.

Bernard Fournier e la cultura del rispetto

Il foie gras, appunto. È la specialità di Bernard Fournier, croce e delizia della sua gastronomia raffinata; il foie gras è il prodotto, disponibile tutto l’anno, per assaggiare il quale i clienti giungono apposta, da Candida. Il foie gras è una querelle aperta, alla quale Bernard Fournier risponde con cognizione e convinzione, con buonsenso.

“La mia passione per il foie gras è nata in modo curioso – racconta Fournier – quando mia moglie ed io avevamo il ristorante a Trento. Facevamo cucina esclusivamente francese e, in occasione delle feste natalizie, pensai, perché non preparare delle terrine di foie gras? Mi sembrava normale. Ebbene, ben presto ci rendemmo conto che a Trento nessuno conosceva il foie gras, lo confondevano col paté…ne ignoravano il gusto e le particolarità. Penso che non sia corretto sconvolgere la cultura e le idee delle persone imponendo usanze estranee e, pertanto, abbiamo cercato di educare il cliente trentino poco a poco, finché non ha cominciato ad apprezzare le nostre proposte. Ma il foie gras è rimasto nel mio menù, anzi ne è il protagonista”.

Il foie gras diventa, però, un problema quando i Fournier si trasferiscono in Svizzera. La comparsa nel menù di Candida di piatti a base di fois gras dà origine a uno scontro con gli animalisti svizzero-tedeschi, che in questa nazione riscuotono grande seguito e consenso.

Bernard Fournier si trova ad affrontare un percorso tortuoso per affermare le sue idee:

“Per controbattere coscientemente alle obiezioni degli animalisti decisi di approfondire il tema visitando gli allevamenti attivi in Francia e qualcuno che ancora esisteva in Italia, allo scopo di verificare quello che già sapevo: metodi di allevamento, controlli sanitari, cura e benessere dell’animale sono garantiti. L’errore che spesso si commette è quello di fare un fascio di tutto e di tutti e non decidere in base a conoscenza effettiva. È vero che esistono condizioni di allevamento poco etiche ma si verificano prevalentemente nell’est Europa, dove ci sono pochi controlli, e non riguardano i produttori francesi o italiani che rispettano le regole imposte dalla Comunità. Non rispondo a coloro che mi accusano di atrocità verso gli animali perché semplicemente parlano per ignoranza della realtà della situazione. Ci vorrebbe maggiore conoscenza, ci vorrebbe cultura e informazione. Quando la gente non è sufficientemente informata, tende ad assumere atteggiamenti negativi nei confronti di ciò che, semplicemente, non sa”.

Bernard Fournier e la cultura del rispetto

Chef Fournier si rende conto di quanto comunicare in maniera corretta sia importante. A questo scopo, inizia a organizzare dei corsi di formazione, sia per i consumatori sia per gli chef, che considera poco informati e troppo spesso interessati esclusivamente al risvolto economico del prodotto, senza conoscerne il valore gastronomico e culturale.

 

“I miei corsi – spiega – durano almeno 6 ore. Innanzi tutto tratto la storia del foie gras, poi affronto la problematica degli animalisti, poi i problemi legati alla salute, infine affronto la tecnica di lavorazione e, insieme, prepariamo delle ricette. Tengo molto a che le persone che frequentano i miei corsi capiscano ogni sfumatura del tema, comprendano il valore del prodotto e ne abbiano rispetto. Devono sapere che gli allevatori francesi operano nel pieno rispetto delle regole, non potrebbero superare i confini altrimenti. Le autorità ne sono consapevoli del resto: quando gli animalisti cercarono di far approvare al parlamento svizzero il divieto di importare fois gras, i 3 / 4 dei parlamentari votarono contro. Sono polemiche che non hanno senso, frutto di scarsa conoscenza. La stessa cosa succedette quando decisero di vietare la cottura di astici e aragoste vivi. Se si fossero informati prima, avrebbero saputo che questi animali hanno una conformazione fisica che impedisce loro di sentire dolore. Gli animalisti svizzero-tedeschi sono molto forti ma, purtroppo, poco informati e per nulla istruiti”.

Bernard Fournier e la cultura del rispetto

Il segreto di una buona comunicazione sta nel dialogo. Bernard Fournier crede fermamente nel rapporto diretto col cliente e dedica molto del suo tempo alla sala di Candida dove instaura un dialogo aperto e costruttivo col cliente:
“Molti colleghi cuochi hanno paura di parlare col cliente, hanno poco tempo, si sentono a disagio. Peccato, perché credo sia importante che il cliente che siede al nostro tavolo possa sentirsi accolto e partecipe. I miei clienti sono contenti di dialogare con me, la mia presenza in sala è diventata parte dell’esperienza. Naturalmente, per essere all’altezza del dialogo, serve una formazione adeguata”.

 

La formazione dei giovani è, per chef Fournier, quasi una missione, convinto che l’istruzione debba essere a tutto tondo, un’esperienza completa, e spiega il suo metodo:

“Da almeno 5 anni ho adottato questo sistema: arriva uno stagista, lo faccio lavorare su tutti i fronti, alla fine dello stage faccio una valutazione e, se lo giudico meritevole, quando completa la scuola lo convoco per una proposta di assunzione. Il 60% degli stagisti che vengono nella mia cucina, sono in seguito assunti. Dopo 2 anni, al massimo 2 anni e mezzo, li lascio andare per la loro strada. Questo è importante per loro e per me. Loro, nella mia cucina, imparano tutto, perché siamo una piccola realtà e possono vedere e provare ogni tecnica di lavorazione, aprono la loro mente e acquisiscono quella preparazione necessaria ad affrontare realtà più complesse; io, posso godere di un costante ricambio di forze nuove e piene di entusiasmo. Ho una brigata giovanissima, l’età media è 22 anni. Inoltre, c’è la soddisfazione di aver formato giovani cuochi pronti per affrontare una carriera spesso eccellente: tornano a trovarmi, e mi ringraziano. È bello”.

La cucina di Candida, fucina di talenti, è un luogo dove la tradizione e il rispetto per il cibo trovano espressione e valorizzazione. L’amore di chef Fournier per la gastronomia ha dato vita a un ambiente creativo, culturalmente appassionato; un luogo dove si percepisce l’apprezzamento per l’eccellenza delle materie prime, si respirano i dettagli, si vive la storia del cibo. “Esistono così tante sfaccettature nell’universo del cibo – conclude Bernard Fournier – e dobbiamo saper cogliere ogni sfumatura, per poterla mettere in rilievo come merita. Se pensiamo ai prodotti italiani, per esempio, ci rendiamo conto che l’Italia possiede oro. Ma spesso non se ne accorge. Spetta a noi custodire e diffondere questo patrimonio”.

a cura di

Marina Caccialanza

Milanese, un passato come traduttrice, un presente come giornalista esperta di food&beverage e autrice di libri di gastronomia.
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