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Blubai ci spiega come stanno cambiando i consumi di vini

04/02/2012

Blubai ci spiega come stanno cambiando i consumi di vini
Come stanno cambiando i consumi di vino in Italia? Questa volta lo abbiamo chiesto a Blubai, leader consolidato nella distribuzione, assistenza e consulenza del settore beverage and food per il pubblico esercizio. “Prima di tutto si sono modificate le richieste” ci risponde Alberto Arlotti, responsabile dell’area vini. “E a più livelli: chi è costretto a pranzare fuori casa per lavoro ha eliminato o limitato il consumo di vino, a causa della crisi economica e ancor prima della legge sul controllo del tasso alcolico. Lo stiamo vedendo da circa tre anni a questa parte e ne consegue che da parte del ristoratore c’è minor investimento in bottiglie cosiddette pregiate in favore di prodotti a prezzo minore. Le etichette che sono state di moda per decenni stanno cedendo il passo al vino locale recuperato”. Blubai, l’organizzazione commerciale maggiormente strutturata nei propri mercati di competenza, serve quotidianamente oltre 4000 clienti tra ristoranti, bar e locali notturni nell’area compresa da Cervia/Milano Marittima a Senigallia, dalla costa adriatica all’entroterra, fino ai confini con Emilia, Toscana e Umbria.

“Registriamo invece una tendenza inversa con le bollicine, per cui abbiamo richieste anche maggiori.” Come si spiega? “Danno la sensazione di bere più leggero, contro i vini rossi che raggiungono gradazioni alcoliche importanti. E servono come base per i cocktail” continua Arlotti, che ci mostra quindi un’altra chiave di lettura delle attuali tendenze: il consumo di cocktail, nell’happy hour e nell’after dinner, piace alla media dei consumatori che pensa, scegliendo drink a base di vino, di poter bere di più senza compromettere troppo il livello di alcool nel sangue. Ma non solo: si esce per l’aperitivo o per la serata, senza la cena nel mezzo, perché costa troppo. E i ristoranti si organizzano, inventandosi eventi, contest e serate a tema. Siamo nel bel mezzo di una doppia paura: del cliente, di spendere in una sera un terzo dello stipendio e della prova del palloncino, e del ristoratore, di dover chiudere bottega.

Non resta che reinventarsi, a discapito della qualità (e anche della salute)? “Va detto che tutto sommato una certa qualità la si ricerca comunque, e la si può trovare, anche cercando cose diverse da prima. Ci sono vini mediamente buoni che sono aumentati in qualità” precisa ancora Alberto Arlotti.

Quanto si può spendere allora per non prendere cantonate ma anche senza rimetterci il portafoglio? “Al ristorante si sarà soddisfatti scegliendo bottiglie messe in carta a 14 euro circa, in enoteca con 10-12 euro e in cantina si trovano buoni vini a 6-8 euro”.

E magari, anziché mischiarli a intrugli indefiniti, mangiamoci insieme pane e salame.

Alessandra Locatelli
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