È un vulcano sottocute Riccardo Bosco, sono le tappe della sua vita a svelarlo.
Dopo aver intrapreso gli studi universitari, parte insieme al fratello alla ricerca di nutrimento culturale e inizia a visitare le città europee toccando Londra e poi Parigi, dove frequenta una scuola di jazz e al tempo stesso lavora in una pizzeria, per potersi mantenere. Poi giunge il momento in cui dover decidere se abbandonare gli ampi orizzonti di quell’ esperienza piuttosto che fare ritorno a casa per tener vivo il progetto di famiglia. Prevale la seconda opzione, la più concreta. È il 1986 e i due fratelli Bosco rientrano insieme in quel di Levico portando in dote un primo originale contributo rispetto al panorama trentino, vale a dire la creazione di una birreria che prende spunto dagli ambienti respirati in Europa, allestita in uno spazio poco utilizzato dello stabile di proprietà.
“Il nostro problema - spiega Riccardo - era sopravvivere alla noia degli inverni e anche renderli produttivi. Così abbiamo iniziato a proporre una cucina molto semplice, fatta di zuppe, affettati, panini come si usava all’epoca nelle birrerie ma anche la bruschetta col pane portato da Ischia, la terra di origine di mia madre, e pure ad occuparci un po’ della mescita di vino”. Trascorsi dieci proficui anni matura il pensiero di chiudere la birreria e fare il salto, rilevando l’attività avviata dal padre anni prima.