Da cinquant’anni fai questo lavoro, chi meglio di te può raccontarci come è cambiato il modo di andare al ristorante?
“Quando la mia famiglia entrò alla Crepa, era il classico bar di paese, con qualche confortante piatto cucinato da mia madre. Io, allora, facevo già il cameriere in un ristorante vicino, al Molino Vecchio, dove c’era un modello di ristorazione molto avanti, per quegli anni; c’era il carrello degli antipasti, il prosciutto di San Daniele e altre specialità italiane dei territori italiani, quindi avevo la possibilità di sviluppare conoscenza. Entrai alla Crepa per aiutare mia madre, dopo la scomparsa di mio padre due anni dopo l’apertura. Mio fratello, in quel periodo, era in Sardegna a fare il servizio militare e, quando tornò, decidemmo che questo luogo sarebbe stata la nostra vita. Ne sono cambiate di cose da allora; dapprima l’evoluzione del bar in gelateria, con il latte fresco e con macchinari che, all’epoca, ci consentivano di fare un gelato che spostava persone da Mantova, da Brescia. Poi abbiamo aperto l’enoteca, con una ricerca di vini che doveva, per forza e per dove eravamo, diversa da tutti. Il primo articolo sulla nostra enoteca lo fece Franco Ziliani e suscitò l’interesse di qualche ristoratore a cui facemmo la carta dei vini; ricordo, in particolare, il Gambero Rosso di Calvisano, ma ne seguirono poi molti altri. Un processo che durò a lungo e ci portò a conoscere molti colleghi ristoratori da cui capimmo l’importanza di avere un locale che potesse essere un luogo di buone cose”.
La suddivisione dei ruoli, tu in sala e tuo fratello Franco in cucina come avvenne?
“In maniera del tutto naturale. A me piace stare con le persone, mi piace raccontare la cucina ma, soprattutto, il territorio. A Franco piace moltissimo cucinare e riesce a realizzare piatti che ti travolgono, per bontà e storia. Come è cambiato il modo di andare al ristorante in questi anni? Di certo c’è più cultura e meno fame; sono cambiati i piatti, le porzioni, la motivazione per cui si va al ristorante. Poi c’è meno fedeltà al locale. Non è così per noi e voglio dare un consiglio a chi inizia questa professione. Partite piano, con modestia, con un’attenzione forte verso il cliente. Solo così si acquisisce la maturazione necessaria, la stesa che il cliente acquisirà con voi e vi seguirà. Abbiamo sempre assecondato la clientela e, in questo paese dove devi venire apposta, abbiamo vinto la scommessa”.