Le inchieste giornalistiche quando si avvicina l’estate aumentano esattamente in proporzione al calo di notizie da stampare sugli insaziabili giornali, eterni divoratori di scoop. E non c’è rimedio migliore che sguinzagliare frotte di giornalisti a caccia di falsi scoop che si rivelano poi essere vecchie notizie da quei lustri, ma che riciclate risultano almeno per i non addetti ai lavori comunque sensazionali.
Titolo: “Attacco alla salute, il pesce che mangiamo non è dei nostri mari ed è pieno di additivi”. Come rispondere a queste notizie per non farsi prendere dal panico.
Primo non sono notizie, perché sono già risapute. Tutto è già stato detto e scritto: noi, per esempio, senza presunzione, sulla rivista Catering abbiamo da tempo scritto che il Mediterraneo termina di fornirci pesce da aprile di ogni anno e il rischio che peggiori in futuro l’abbiamo sottolineato. Quindi, il prodotto che arriva sulle nostre tavole 7 pesci su 10 – passateci la proporzione grossolana, ma è così– non è dei nostri mari.
Allora la notizia vera è la seconda: il pesce che mangiamo è pieno di additivi. Anche questa è una non notizia almeno per gli addetti ai lavori. Certo non è esaltante e neanche bello doverlo ammettere. Ma vogliamo precisare che per renderlo bianco e brillante il pesce viene “sbiancato” con additivi e uno di questi è noto col nome Cafodos, usato proprio per rendere più bianco il pesce. La notizia forse la diamo noi scrivendo che questi prodotti si usano da anni e c’è un perchè.
Quando si danno queste informazioni si cerca sempre il colpevole, nella fattispecie al patibolo ci sono andati gli importatori di pesce e i commercianti. Peccato che i giornalisti non abbiano lo spazio di scrivere il finale della notizia, forse perchè il finale non è altrettanto interessante della prima parte della notizia? Noi non crediamo, quando entrano in ballo i consumatori è giusto spiegare bene come stanno le cose. Perché il mercato italiano –per esempio - importa calamari e seppie solo se sono bianche candide da certi paesi e non ne importa da altri dove il pesce non viene trattato e di conseguenza ha colori meno brillanti? Ricordate quando anni fa si disquisiva sull’aspetto estetico della frutta? Quella bella e invitante aveva subito trattamenti chimici, quella brutta e irregolare era biologica e costava di più. Il consumatore nonostante lo sapesse preferiva mangiare comunque i frutti belli e rotondi. Sul pesce gran parte degli argomenti riguardante la qualità, l’aspetto esteriore e al prezzo d’acquisto vengono gestite dal mercato, domanda e offerta. E il mercato è fatto da consumatori: chiede ciò che mangia, se sapesse mangiare meglio saprebbe di conseguenza scegliere meglio.
Roberto Martinelli