Almeno un risultato positivo questa crisi lo ha generato, secondo la Confederazione Italiana Agricoltori, cambiando il rapporto che gli italiani hanno con il cibo: sono calati gli sprechi a tavola, passando da una quota in valore di 37 miliardi di euro del 2007 agli attuali 12,3 miliardi di euro.
Un calo del 66% e più di tre italiani su cinque che affermano di aver recuperato una regola dei propri nonni: a tavola non si butta via niente. La causa di questa neosobrietà sono i tagli alle spese familiari, ma vogliamo sperare che adesso subentri anche una diversa coscienza del valore del cibo, reinventando anche l’arte di recuerare gli avanzi come moderna forma di cucina.
I dati sopraesposti derivano dall’indagine “Dar da mangiare agli affamati. Le eccedenze alimentari come opportunità”, realizzata dalla Fondazione per la Sussidiarietà e dal Politecnico di Milano, in collaborazione con Nielsen Italia e Cia.
L’inizio della crisi economica, che ha investito il mondo occidentale, ha cambiato nettamente anche la tendenza degli sprechi alimentari. In salita esponenziale dal 1974 al 2007, le eccedenze di cibo -sottolinea la Cia- sono aumentate in più di trent’anni del 50 per cento. Mentre solo negli ultimi cinque anni hanno segnato un decremento del 66 per cento. Nonostante questa decisa inversione di rotta, però, nel Belpaese i numeri degli sprechi rimangono alti. Dal campo allo scaffale, infatti, circa un quinto della produzione agroalimentare italiana non viene consumata, per un totale di circa 6 milioni di tonnellate di eccedenze. In questo caso, a dimostrarsi i segmenti più virtuosi sono la produzione e la trasformazione, che rispetto alla distribuzione riescono a limitare il grande danno economico, ambientale e sociale che ne deriva.
A gettare nella pattumiera altrettanti 6 milioni di tonnellate di cibo sono i consumatori, responsabili di una perdita economica procapite di 117 euro l’anno, pari a 42 chili di alimenti a persona, tra avanzi non riutilizzati, cibi scaduti o andati a male. Il motivo fondamentale di queste cifre in ribasso è chiaramente di tipo economico. Basti pensare che -come rilevato recentemente da uno studio di Intesa San Paolo- nel 2011 il livello di spesa procapite degli italiani è ritornato quasi ai livelli di trent’anni fa. A dimostrazione che nel Belpaese oggi si “tira la cinghia” anche a tavola.