La produzione e il consumo di carne ovina in Italia ha tradizioni antiche che si ritrovano lungo secoli di storia, non solo alimentare: si diffuse nelle aree dedite alla pastorizia, dall’Italia Meridionale e le Isole fino all’Emilia Romagna, oltre il cui confine trovò scarso interesse, fatto questo dovuto al dominio longobardo che portò nelle regioni settentrionali della penisola l’allevamento dei bovini.
Con il termine carne ovina si indicano i tagli di carne di abbacchio, agnello e montone. L’abbacchio è l’animale giovanissimo, macellato a 3-4 settimane di età e alimentato solo a latte: le sue carni, per essere sane, devo essere molto chiare, tendenti al bianco; l’agnello è l’animale alimentato non solo con latte e macellato verso le 8-10 settimane, mentre il montone è il maschio la cui carne è commercializzata come castrato.
Oggi in Italia le zone in cui si produce carne di agnello da latte vanno dalla Sardegna con l’Agnello di Sardegna IGP, al Lazio con l’Abbacchio Romano IGP, fino a Sicilia e Calabria; Abruzzo, Marche, Romagna, Toscana e Umbria insieme producono invece oltre il 90% degli agnelli maturi.
La carne ovina è morbida e si presta ad essere cucinata nei modi più svariati, tranne che bollita, dove non rende al meglio e per determinarne la qualità si devono considerare tre fattori essenziali, ovvero la razza, il pascolo e l’età.
In questi giorni a Bologna si è tenuto un incontro organizzato da Assocarni - Associazione Nazionale Industria e Commercio Carni, Eblex - Ente inglese per il sostegno e lo Sviluppo dell’Industria Agroalimentare e HYBU CIG CYMRU - Ente gallese di promozione della carne, sul tema: “Cosa significa oggi produrre carne ovina in Italia ed in Europa? Quali percorsi intraprendere per promuovere il consumo di carne ovina presso i consumatori ed in particolare le giovani generazioni?”. Il convegno ha visto la partecipazione anche di rappresentanti dell’Industria di trasformazione della carne italiana, degli stessi enti di promozione della carne inglese e gallese, della Commissione europea, dell’ISMEA e della distribuzione.
Nel corso degli interventi è emersa la forte e radicata valenza tradizionale e ambientale insita nella produzione e nel consumo di carne ovina nel nostro continente, nonché la solidità dell’industria di trasformazione. Piero Camilli – Vicepresidente Assocarni ha evidenziato l’importanza nutrizionale di tale carne, ricchissima di carnitina (210mg/100gr rispetto ai 7,5 mg/100 gr del pollo), una proteina che coadiuva l’eliminazione dei grassi in eccesso nel nostro organismo e ne impedisce l’accumulo favorendo il controllo del peso. Claudio Federici, Responsabile Area Mercati – ISMEA ha illustrato i punti di forza e di debolezza del settore rimarcando la stagionalità di produzione asincrona rispetto alla domanda e la significativa diminuzione della produzione di carne ovina in Italia negli ultimi dieci anni, pari a un -23%.
Jeff Martin, Responsabile Eblex e HCC-Meat Promotion Wales in Italia, ha portato l’esperienza positiva che sta vivendo il Regno Unito, dove cresce sia il mercato interno che l’export, grazie ad efficaci azioni di promozione rivolte al consumatore ma soprattutto attraverso lo sviluppo di soluzioni di consumo efficaci che l’industria di trasformazione offre alla grande distribuzione. Argomento ripreso da Emanuel Jankowski, Direttore di programma dell’Unità Promozione prodotti agricoli della Commissione Europea, che ha esposto il programma di promozione della carne ovina europea cofinanziato dalla Commissione Europea ed orientato a far conoscere al consumatore i metodi di produzione della filiera ovina, tradizionali e rispettosi dell’ambiente, le qualità organolettiche e nutrizionali delle carni ovine e i consigli di utilizzazione in cucina. Con Luigi Zambelli, Responsabile acquisti carni Conad Nazionale, si è affrontato il tema della stagionalità degli acquisti domestici, concentrato per il 50% a Natale e a Pasqua a causa della mancanza di abitudine del consumatore italiano ad acquistare regolarmente tale tipo di carne come alternativa alle altre comunemente consumate.
Si dovrebbe allora seguire l’esempio anglosassone, e costruire campagne di promozione e di informazione, per contrastare un rischio tutt’altro che lontano: quello di perdere memoria di una cucina sana, genuina e versatile, favorita dall’utilizzo della carne di agnello di cui i ricettari storici sono ricolmi. Sono tanti i ristoratori, di ogni categoria, che invece si stanno sensibilizzando, proponendo in menu pietanze a base di carne ovina, tutto l’anno e con metodi di cottura sia tradizionali che innovativi. Ora non resta che, boccone dopo boccone, costruirsi una propria memoria dei sapori, fatta di conoscenza, di confronti e di nuove abitudini. E, come sempre, occorre la collaborazione sinergica intrinseca di tutta la filiera ed estrinseca dei canali comunicativi.
Alessandra Locatelli