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Carovino un ricarico esagerato!

30/12/2010

Questo potrebbe essere l’incipit della lettera aperta del consumatore costretto a tagliare il vino al ristorante, trovando conforto consolatorio solo nei limiti di tasso alcolico fissato a 0,5 grammi per tutte le categorie tranne che per i giovani con meno di 21 anni, neopatentati e conducenti professionali (per questi dal 28 luglio scorso è scattata la tolleranza zero, quindi il divieto assoluto di bere alcol quando guidano). Certo, anche questo ulteriore giro di vite contribuisce a pesare sui consumi di vino nella ristorazione che, tuttavia, già in tempi non sospetti, accusavano vistosamente il colpo.

Carovino un ricarico esagerato!
Un ricarico esagerato?

Se è vero che il bicchiere di vino, al ristorante, può arrivare a costare anche cinque volte in più di quello che viene pagato in cantina, allora i dati allarmanti trovano una spiegazione che va ben oltre le ragioni di natura contingente.

Per la prima volta, secondo i recenti dati Ismea, quest’anno il consumo di vino pro-capite in Italia è sceso sotto i 40 litri, con un calo del 67% rispetto agli anni Settanta, quando si consumavano in Italia circa 120 litri pro-capite.

In questo scenario la situazione del vino al ristorante è critica – spiega Fabio Foppoli, responsabile del canale enoteca della Fratelli Foppoli s.r.l., azienda distributrice di bevande di Darfo Boario Terme (BS)  – ma non tanto in relazione ai controlli alcolemici o alla crisi, quanto alla scarsa professionalità del ristoratore nel trattare il vino. I ricarichi sono troppo elevati, molti ristoratori pensano di fare quadrare il bilancio prevalentemente con la voce vino e a contribuire alla flessione dei consumi si aggiunga anche la scarsa professionalità dei molti esercenti che non hanno ancora capito che il vino va assaggiato, spiegato e non venduto come un paio di scarpe o un bene di largo consumo!”

E quando ciò avviene i riscontri si toccano con mano, come ci conferma Roberto Gazzola, sommelier del ristorante Palta di Bilegno, a Piacenza, che vanta una carta dei vini di oltre mille etichette, di ogni fascia di prezzo.

La crisi si sente – chiarisce Gazzola – ma se la lista è coerente con le proposte gastronomiche e se il servizio è corretto e professionale, allora i consumi tengono. I vini più venduti? Quelli del territorio, che rientrano in una fascia di prezzo dai 20 ai 30 euro.”

Meglio far girare la carta

E la categoria indiziata come reagisce alle accuse? In tanti si difendono ribattendo che servire vino al ristorante non è semplicemente vendere un prodotto, ma offrire un servizio: tale servizio comprende una miriade di costi accessori, a cominciare dal tenere il vino alla temperatura giusta, servirlo nei bicchieri adeguati, magari avvalendosi di personale qualificato. Costi che aumentano il prezzo d’acquisto iniziale del vino fino a raggiungere livelli che giustificano ricarichi, ma non del 400%. Il ricarico selvaggio non è l’uovo di Colombo per i tanti ristoratori ed enotecari che hanno imparato la lezione del far girare la carta dei vini e praticano la mescita a bicchiere o la mezza bottiglia.  Perché allora non concertare il ricarico con il distributore rendendo così trasparente la filiera?

Questo accrescerebbe anche la fiducia dei consumatori e andrebbe a beneficio del vino italiano di qualità, senza intaccare il margine di guadagno di ristoranti ed enoteche. E come scrive in proposito un ristoratore in un blog online “avremmo più gente ed appassionati dentro le enoteche a respirare quel magico odore di spezie e vino…”

Come ti ricarico il vino
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