Un ricarico esagerato?
Se è vero che il bicchiere di vino, al ristorante, può arrivare a costare anche cinque volte in più di quello che viene pagato in cantina, allora i dati allarmanti trovano una spiegazione che va ben oltre le ragioni di natura contingente.
Per la prima volta, secondo i recenti dati Ismea, quest’anno il consumo di vino pro-capite in Italia è sceso sotto i 40 litri, con un calo del 67% rispetto agli anni Settanta, quando si consumavano in Italia circa 120 litri pro-capite.
In questo scenario la situazione del vino al ristorante è critica – spiega Fabio Foppoli, responsabile del canale enoteca della Fratelli Foppoli s.r.l., azienda distributrice di bevande di Darfo Boario Terme (BS) –
ma non tanto in relazione ai controlli alcolemici o alla crisi, quanto alla scarsa professionalità del ristoratore nel trattare il vino. I ricarichi sono troppo elevati, molti ristoratori pensano di fare quadrare il bilancio prevalentemente con la voce vino e a contribuire alla flessione dei consumi si aggiunga anche la scarsa professionalità dei molti esercenti che non hanno ancora capito che il vino va assaggiato, spiegato e non venduto come un paio di scarpe o un bene di largo consumo!”
E quando ciò avviene i riscontri si toccano con mano, come ci conferma Roberto Gazzola, sommelier del ristorante Palta di Bilegno, a Piacenza, che vanta una carta dei vini di oltre mille etichette, di ogni fascia di prezzo.
La crisi si sente – chiarisce Gazzola –
ma se la lista è coerente con le proposte gastronomiche e se il servizio è corretto e professionale, allora i consumi tengono. I vini più venduti? Quelli del territorio, che rientrano in una fascia di prezzo dai 20 ai 30 euro.”
Meglio far girare la carta
E la categoria indiziata come reagisce alle accuse? In tanti si difendono ribattendo che servire vino al ristorante non è semplicemente vendere un prodotto, ma offrire un servizio: tale servizio comprende una miriade di costi accessori, a cominciare dal tenere il vino alla temperatura giusta, servirlo nei bicchieri adeguati, magari avvalendosi di personale qualificato. Costi che aumentano il prezzo d’acquisto iniziale del vino fino a raggiungere livelli che giustificano ricarichi, ma non del 400%. Il ricarico selvaggio non è l’uovo di Colombo per i tanti ristoratori ed enotecari che hanno imparato la lezione del far girare la carta dei vini e praticano la mescita a bicchiere o la mezza bottiglia. Perché allora non concertare il ricarico con il distributore rendendo così trasparente la filiera?
Questo accrescerebbe anche la fiducia dei consumatori e andrebbe a beneficio del vino italiano di qualità, senza intaccare il margine di guadagno di ristoranti ed enoteche. E come scrive in proposito un ristoratore in un blog online
“avremmo più gente ed appassionati dentro le enoteche a respirare quel magico odore di spezie e vino…”
Come ti ricarico il vino