Abbiamo deciso di affrontare il problema celiachia che riguarda un italiano su 100. Iniziamo dall’approccio che la ristorazione e le aziende alimentari hanno con questa realtà.
“È doveroso parlarne: quell’1% di popolazione italiana intollerante al glutine rappresenta infatti un dato sottostimato” ci spiega il Dr. Aniello Cusati, da anni impegnato come dirigente Asl in favore della Prevenzione in Medicina. “Il problema è la diagnosi: si tende a cercare altro perché i sintomi sono piuttosto generali, inappetenza, debolezza, dolori addominali, irritabilità. E non esiste una causa specifica: si tratta di una patologia sistemica su base immunologica, indotta dalla ingestione di glutine nel soggetto geneticamente predisposto” afferma il Dr. Cusati. Ad oggi l’unica terapia è la dieta senza glutine, ovvero priva di frumento, farro, kamut, orzo, segale, spelta e triticale: ciò significa escludere completamente dalla propria vita alcuni degli alimenti più comuni come pasta, pane, biscotti e pizza, ma che anche eliminare le più piccole tracce di farina da ogni piatto, perché anche l’assunzione di piccole dosi di glutine potrebbe arrecare seri e irreversibili danni alla salute.
Le aziende alimentari sono preparate a rispondere a un tale bisogno?
“A causa dell’incremento annuale delle diagnosi di celiachia il consumo dei prodotti senza glutine è in crescita: noi forniamo al canale ho.re.ca. un semilavorato per la pizza idoneo anche a realizzare grissini e piccoli panini, prodotto da Molino Rivetti di Maclodio” ci risponde Stefano Pistollato, responsabile del marchio “5 Stagioni” per la società Agugiaro & Figna. È rivolto al mondo della pizza anche il prodotto specifico per celiaci che sarà presentato a breve da Molini Pivetti: “È stato pensato e messo a punto con la collaborazione dell’Executive Pizza Chef Antonino Esposito” racconta Gianluca Pivetti “come primo approccio verso un target di riferimento purtroppo sempre più significativo.”
I celiaci potenziali sarebbero, secondo i dati condividi dal’AIC, circa 600.000, con un incremento annuo del 20% circa: da undici anni l’Associazione promuove il progetto “Alimentazione Fuori Casa”, con l’obiettivo di creare un network di locali ricettivi informati sulla celiachia e in grado di fornire un servizio idoneo a clienti con esigenze alimentari precise; ad oggi aderiscono al circuito più di 2.500 ristoranti, pizzerie, hotel bed & breakfast, bar, gelaterie, campi estivi e navi da crociera su tutto il territorio nazionale. Il programma consiste in percorsi di formazione teorico-pratica rivolta al personale dell’esercizio, in consulenze e controlli periodici gratuiti (alcune AIC regionali possono richiedere un contributo annuale per la ricezione del materiale di aggiornamento); inoltre dal 2010 è attiva la collaborazione tra AIC e l’azienda produttrice di alimenti dietetici per celiaci Dr. Schaer, leader nel settore, con il “Progetto DS Point”, una rete di ristoranti e pizzerie a cui viene offerto un pacchetto che comprende sia la fornitura di attrezzatura e materie prime, sia la formazione base sulla celiachia, la ricettazione e le norme sanitarie sulla ristorazione senza glutine.
“Noi abbiamo aderito da subito, accogliendo una richiesta dei clienti” ci racconta Alessandro Pesapane del Ristorante Pizzeria Aragon di Alghero, unico locale preposto all’accoglienza dei celiaci in città e uno dei quindici DS Point di tutta la Sardegna. Un numero infinitamente piccolo, considerato che si tratta di una regione ad altissima influenza turistica. Nel 2011 l’Aragon ha servito 7.500 pizze senza glutine, lavorate in un settore non comunicante al resto della cucina e cotte in un forno specifico, accortezze necessarie per evitare la contaminazione tra alimenti, e condite con prodotti privi di glutine, gli stessi peraltro adottati anche nella preparazione degli altri piatti, ma conservati e manipolati in luoghi distinti. E il riscontro della clientela si percepisce: difficilmente chi si reca al ristorante o in pizzeria è solo, tantomeno la persona celiaca, e se la struttura è in grado di garantire e soddisfare una buona offerta, gustosa, di qualità e sicura, il senza glutine può incrementare le entrate.
Ma 2500 locali su 250.000 sono ancora pochi: “Il celiaco sa cosa deve evitare: è la sensibilità tra domanda e offerta a non essere adeguata” ci ricorda il Dr. Aniello Cusati. Lo stile di vita medio fa in modo che un uomo di 35 anni e 70 kg abbia ingerito nella propria vita almeno due quintali tra coloranti e addensanti, aggravando le concause di una patologia diagnosticata spesso tardi dal medico di base. “Ma non solo, c’è ancora poca attenzione ai concetti di tutela e di assistenza, anche da parte della ristorazione: chi è adeguatamente attrezzato a ricevere i celiaci dovrebbe sensibilizzare il ristoratore vicino, creando triangolazioni, vedendolo non come un rivale ma come un partner.” Concorda anche Pesapane: “Molti si improvvisano, specie nei luoghi di villeggiatura, non pensando alla gravità di quello che fanno e ai danni alla salute che potrebbero arrecare.” E poi c’è anche un’assurda fascia di persone che sostiene di essere allergica al glutine, ma non è vero: “Dicono di essere allergici perché vogliono stare a dieta o perché non gradiscono un alimento, come se fosse una moda essere intolleranti” afferma Simone Padoan del Ristorante Pizzeria Ai Tigli, a San Bonifacio, nel veronese. “Questo atteggiamento danneggia i celiaci veri, perché non fa che confondere i ristoratori meno attenti. Io penso che prima di saper fare da mangiare un cuoco debba saper fare scuola, cioè debba saper conoscere e riconoscere un alimento e le sue proprietà: il cliente allora sarà sicuro di potersi godere la cena nella massima serenità.” Ad oggi il ristorante Ai Tigli per ragioni di spazio non è attrezzato ad una cucina esclusiva senza glutine, ma il personale è comunque formato alle intolleranze e allergie alimentari. “Abbiamo un paio di clienti celiaci e quando prenotano (buona norma che garantisce un servizio ottimale) propongo tre opzioni: può succedere che si portino le proprie basi e noi le lavoriamo con attrezzatura dedicata, o le acquistiamo noi in un negozio specializzato del circuito “CuoreBio”, oppure cucino un piatto unico senza ingredienti proibiti, ma sempre prestando tutti la massima attenzione.”
Attraverso i distretti regionali l’AIC ha strutturato anche progetti dedicati alla ristorazione in viaggio, rivolti agli esercizi situati nelle aree aeroportuali, autostradali, in stazioni ferroviarie e in centri commerciali ed è in fase sperimentale il Progetto Vending, partito dall’AIC dell’Emilia Romagna in collaborazione con l’azienda Buonristoro, leader nel settore dei distributori automatici.
C’è però ancora molto da fare, a partire dalla promozione, da parte del medico, del ristoratore e dell’uomo comune, della cultura del benessere, cioè di quel sottile ma possibile equilibrio tra lo stato fisico, emotivo e sociale, diritto di ogni individuo. Celiaco e non.
Per saperne di più:
Alessandra Locatelli