La storia si piega ai cicli dei nostri riti e così, se anche invecchiamo, cresciamo, evolviamo, il Natale torna identico ogni anno, anche in ciò che è proposto in tavola. Certo non sarà così nel ristorante di uno chef creativo, ma nella stragrande maggioranza dei ristoranti italiani le tradizioni si riaffacciano immancabili anno dopo anno, quasi a ricordarci che da lì non si scappa. Un filo di conformismo ci tocca quando un po' dappertutto ricorrono salmone affumicato, magari caviale e ostriche e poi cappelletti in brodo insieme a secondi di carne elaborati e dolci complessi e burrosi.Una cosa è certa: premesso che ogni casa ha il suo modo di interpretare il Natale, il denominatore comune del menu natalizio è la complessità, se non altro per la commistione di gusti e l'alternarsi di sapori. E dunque, di regola, anche con l'avvicendarsi delle bottiglie dovremo essere all'altezza style dei piatti e, almeno a Natale, dovremo compiere lo sforzo di cambiare bottiglia almeno tra antipasto e secondo e quindi tra secondo e dolce, altrimenti avremo ammazzato tutti i nostri sforzi.
BIANCO, RE DI ENTRÉE E ANTIPASTO
Pensando al Natale, se scegliamo delle aragoste come entrée, occorre sapere che la dolcezza delle carni andrà bilanciata da un vino aromatico, complesso, ma anche, soprattutto, di buona acidità come ad esempio un Lugana superiore. Se l'antipasto è ancora a base di pesce e magari comprende le ostriche, opteremo per un vino fresco, dal tenue profumo d'agrumi, che può essere ottimo compagno del gusto iodato e salato di questo particolare mollusco: l'acidità spegne, o meglio, tempera e modera il salato. Meglio però prevenire l'eventuale bocciatura dell'abbinamento scegliendo un Oltrepò Pavese Riesling, vino tipico dal moderato tenore alcolico, con una buona acidità e con un leggero accento frizzante. Considerata la delicata percezione dolce che lascia l'ostrica in bocca, potremo propendere anche per un vino bianco giovane, leggermente aromatico e abboccato, se non addirittura amabile grazie a pochi grammi di zucchero residuo, mettendo in lista un Alto Adige Pinot bianco. Per il salmone affumicato vanno bene vini con qualche residuo zuccherino in più come un'Albana di Romagna amabile oppure vini effervescenti e ben strutturati, ottenuti con la rifermentazione in bottiglia, ad esempio un Oltrepò Pavese spumante o un Franciacorta. Per essere alternativi e rigorosi al tempo stesso, ricordiamoci che il compagno di rito del caviale è la Vodka per la pulizia e la trasparenza che rimanda alla lucentezza delle uova e il deciso contenuto alcolico che si armonizza con un solo sorso.
BIANCHI O ROSSI?
Procedendo con i primi piatti, si può continuare con i bianchi se si tratta di ricette delicate come ravioli o cappelletti in brodo che si sposano, per l'appunto, con vini secchi e ben strutturati, morbidi e di buona freschezza come il Bianco di Custoza o il Frascati. Se invece serviremo ravioli conditi con sugo di carne o a base di funghi allora scegliete l'abbinamento con rossi, possibilmente giovani, di acidità più o meno accentuata dai tannini dolci, appena morbidi e con un bouquet vinoso e fruttato come il Colli Piacentini Barbera o il Friuli-Grave Merlot.
Con certi secondi come l'abbacchio alla romana, l'agnello al forno, il fagiano alle olive, l'oca arrosto, il pollo arrosto e il pollo alla diavola scegliete vini più strutturati come il Dolcetto di Ovada, il Garda Groppello, il Conero o il Primitivo di Manduria. Per piatti più complessi e strutturati, come ad esempio il bollito misto, il brasato al Barolo, il capriolo al ginepro e il cinghiale in salmì, i rossi dovranno essere ancor più strutturati, dai tannini più evoluti, morbidi, con vena acida in equilibrio con i tannini, con bouquet evoluto e complesso, come lo stesso Barolo, il Valtellina Sfurzat o l'Amaronedella Valpolicella.
Poca spesa, molta resa