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Cibo Civile: tutta una filiera etica e sostenibile

12/10/2015

Cibo Civile: tutta una filiera etica e sostenibile
Ha la precisione di un’operazione matematica: Agricoltura + Solidarietà = Cibo Civile, ed è il nome scelto per il progetto con cui l’Università di Pisa e l’Assessorato all’Agricoltura Regione Toscana intendono creare una rete sempre più ampia e diffusa di sostenibilità agroalimentare.
Presentato nei giorni scorsi a Milano nell’ambito di Toscana Fuori Expo, Cibo Civile Toscana conta già oltre 30 aziende, fra produttori, ristoratori e supporter, che si stanno trasformando negli anelli di una filiera etica, basata su un nuovo modo di concepire sia il lavoro agricolo che i prodotti agroalimentari, in grado di rendere entrambi capaci di sostenere i bisogni delle comunità.
Il fine del progetto, infatti (che non poteva che nascere in Toscana, la regione con il numero più significativo di esperienze sul fronte dell’agricoltura sociale), è collegare chi produce, chi trasforma e chi distribuisce il cibo in chiave solidale e sostenibile. Il che, tradotto in concreto, significa prevedere l’inserimento di persone con una disabilità o un disagio in attività agricole e di ristorazione, promuovendo così l’occupazione e la lotta a povertà e marginalità. “Il Cibo Civile – spiega Francesco Di Iacovo, docente dell’Università di Pisa e coordinatore del progetto – è un bene di relazione, uno smartfood di comunità e un’innovazione sociale guardata con interesse crescente da osservatori di ogni parte del mondo. Dalla Norvegia al Giappone, dalla Spagna al Belgio riconoscono la creatività italiana del rivoluzionare in modo semplice le cose quotidiane e generare risposte utili ai bisogni che oggi le società incontrano”.
In effetti, lo scopo dell’agricoltura sociale è proprio dar vita a servizi innovativi che valorizzino le risorse agricole per generare accoglienza, crescita di capacità, formazione e lavoro per persone a bassa contrattualità. Come concretizza tutto questo Cibo Civile Toscana? Il cibo prodotto è venduto a privati (in prevalenza con filiera corta e gruppi di acquisto solidale) e a strutture di ristorazione collettiva e scolastica in cui lavorano persone con svantaggio sociale.
Le esperienze sono già numerose, dalla produzione, come l’azienda Biocolombini in provincia di Pisa e Agricola Calafata di Lucca, al progetto Orti Etici dell’Università di Pisa, che crea start up occupandosi della formazione e del rafforzamento di 70 persone con disabilità mentale, dipendenze e in uscita dal carcere. Al Risto Ca’ Moro Social Bateau, invece, un peschereccio ristorante galleggiante ancorato alla Darsena Vecchia di Livorno, trovano lavoro i ragazzi down della cooperativa sociale Parco del Mulino, mentre Tuttigiorni, il progetto della cooperativa sociale Betadue di Arezzo, offre un modello di ristorazione scolastica e collettiva attraverso la valorizzazione dei prodotti di filiera corta e a km zero, e Ticucinobio, a Pisa, si occupa di catering e banqueting con prodotti biologici provenienti da agricoltura sociale ed equosolidale.

Mariangela Molinari

 
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