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Coinvolgere è la parola d’ordine per un ristorante di successo

03/05/2022

Coinvolgere è la parola d’ordine per un ristorante di successo

“Quali sono i giorni di chiusura?” “Come sarà il mio stipendio?”

Due domande che ogni persona di buon senso durante un colloquio di lavoro porge all’interlocutore visto che si sta parlando del suo futuro. Due domande che, in un colloquio di lavoro per un posto in un ristorante, suscitano subito irritazione e freno al potenziale datore di lavoro. Sta qui l’errore più comune che fanno i ristoratori, pensare che i dipendenti debbano avere gli stessi orari e lo stesso tipo di impegno che ci mette il proprietario e, quindi, se fanno quelle due semplici domande non vanno bene per questo mestiere e il colloquio non porta a niente. Non porterà neppure alla soluzione del problema che si vive da qualche mese a questa parte: la mancanza di personale nei ristoranti, negli hotel, nelle pizzerie.

Forse qualcuno non si è accorto che il mondo è cambiato in questi ultimi due anni. Forse non si è ancora capito che l’offerta è talmente ampia che non decide più il ristoratore come avere successo nel suo ristorante, ma lo decide il mercato. E con il mercato, in tutti i suoi aspetti, bisogna fare i conti, economici, fiscali, relazionali, di offerta gastronomica e di personale.
C’è uno scoglio da superare: quello che non considera, nella maggior parte dei casi, questo come un lavoro a cui bisogna cambiare le regole.

Il turno continuativo per il ristorante è un problema e non un’opportunità. A dirlo non sono io ma un capace food&beverage manager che avverte come il cliente sia sensibile anche al fatto che vedere le stesse persone servirti a colazione, pranzo e cena non è piacevole. I clienti prestano sempre più attenzione a tutti gli aspetti del ristorante, non solo a quello relativo al mangiare e bere bene. E quindi anche al corretto orario di lavoro.

Mi si obietterà che la pressione fiscale non consente al ristoratore di assumere personale in misura adeguata. È vero! Occorre mettere mano a molte cose per avere una ristorazione moderna in Italia ma se non si comincia dal cambiare mentalità non si arriverà mai a una soluzione. E la prima cosa da fare per cambiare davvero modo di pensare e agire è non opporre resistenza a chi fa le due domande che ho citato all’inizio. Fare quelle domande non è affermare che non si ha voglia di lavorare; è capire, da parte di chi le fa, quanta trasparenza, volontà di fare bene le cose, pagare il giusto, c’è nel ristoratore che chiede alle persone di lavorare per lui.


Le persone, soprattutto i più giovani, prima ancora del denaro cercano valori, vogliono lavorare con chi sa coinvolgerli in un progetto, con chi è trasparente nelle azioni, nella gestione del ristorante. “Dobbiamo comunicare la leggerezza” e non il sacrificio o la fatica di questa professione. Una leggerezza che diventa tale nel momento in cui chi è in cucina o in sala scopre quanto è bello fare un lavoro che porta del bene agli ospiti, è ripagato da questa sensazione.

Occorre creare un grande meccanismo di partecipazione, a tutti i livelli della ristorazione. È inutile avere persone che lavorano per il ristorante e non fargli vedere, ad esempio, i numeri che il loro lavoro produce. Occorre creare consapevolezza anche degli acquisti, del no spreco, dell’ambiente in cui si trovano a lavorare. In una parola coinvolgere!
Senza questo non ci sarà riduzione fiscale che tenga per il successo di un ristorante!


IMMAGINE DI COPERTINA ©Capitale Cultura / ristorante La Cru - Romagnano VR

a cura di

Luigi Franchi

La passione per la ristorazione è avvenuta facendo il fotografo nei primi anni ’90. Lì conobbe ed ebbe la stima di Gino Veronelli, Franco Colombani e Antonio Santini. Quella stima lo ha accompagnato nel percorso per diventare giornalista e direttore di sala&cucina, magazine di accoglienza e ristorazione.
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