Il Rapporto Unioncamere 2011 parla di un calo degli investimenti delle aziende rispetto al 2010 di circa 0,3 punti, in sintonia con le recenti rilevazioni ISMEA sulla fiducia dell’industria alimentare italiana verso una prospettiva di crescita.
L’analisi di ISMEA, pubblicata alcuni giorni fa su questo portale, metteva in evidenza la contrazione delle produzioni alimentari, calata del 2,4% su base annua, indice di estrema prudenza da parte degli imprenditori. A tal proposito abbiamo raccolto le opinioni di due aziende che operano in comparti alimentari diversi.
“Nel breve periodo è innegabile che i rincari delle materie prime, e in particolare l’impennata del prezzo dei cereali, hanno portato ad una forte pressione sui margini, che solo in parte è stato possibile salvaguardare ricorrendo ad adeguamenti di listino e a minori promozioni. Nel medio periodo è molto difficile effettuare previsioni fondate in un mercato che negli ultimi anni ha visto mutare regole e scenari. Senza dubbio si assiste ad una crescente domanda di cereali dovuta ai nuovi mercati in crescita dell’Est del mondo anche se probabilmente è stata la speculazione internazionale a causare dinamiche dei prezzi del tutto nuove e di difficile comprensione” afferma Marcello Bassetti, marketing manager del Gruppo Alimentare Spadoni, azienda specializzata in farine.
Mariangela Grosoli, titolare di Aceto Balsamico del Duca, azienda export oriented, si dichiara “moderatamente ottimista, perché anche se pure il settore dell’Aceto balsamico di Modena risente, anche indirettamente (ad esempio attraverso l’aumento dei contenitori di vetro per la cui produzione il costo energetico è la principale voce) di tali aumenti, ci sono altre variabili che controbilanciano la situazione: il rincaro dei prezzi ha indubbiamente fatto decrescere la domanda di prodotti; i mercati esteri area Dollaro USA risentono della valutazione positiva dell'Euro e decrescono. Nello stesso tempo i consumatori di Aceto Balsamico di Modena si dimostrano più informati e, a volte, anche molto competenti: perciò cercano prodotti particolari e sono propensi a spendere qualcosa di più purché vi sia un buon bilanciamento qualità/prezzo”.
La sua ricetta per guardare al futuro è: “Se le aziende sapranno adottare strategie di valorizzazione (anche con politiche di promozione più legate al territorio ma rivolte a mercati esteri che oggi non risentono della crisi, come ad esempio quelli arabi o asiatici), riusciranno a superare questo momento che più che di crisi è di stallo. Credo che i prodotti tipici debbano puntare di più e meglio, sul grande potenziale che il binomio Tradizione - Qualità ha sulle scelte dei nuovi consumatori. I numeri torneranno a crescere”.
Un auspicio che trova riscontro in un dato di grande interesse, evidenziato dal Rapporto Unioncamere: i contratti di rete.
Sviluppatisi grazie alla legge 33/2009, che prevede vantaggi fiscali e incentivi per le aziende che li stipulano, i contratti esistenti, a metà aprile 2011, vedono il coinvolgimento di 283 imprese manifatturiere e di servizi, 56 province e 16 regioni.
La casistica, indicata nel rapporto, è decisamente varia tra contratti di produzione, green technology, servizi in outsourcing o di marketing di comparto, ma anche per la commercializzazione.
"Sono 13mila le Pmi manifatturiere che stanno scommettendo sulle opportunita' del gioco di squadra e fanno gia' parte o hanno intenzione di inserirsi all'interno di una rete", ha sottolineato il Presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello. "Ma perche' le reti possano svilupparsi e raggiungere i mercati globali c'e' bisogno di favorire il loro raccordo con i centri di ricerca e con le università”.
Luigi Franchi