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Conversazione con Costanzo Cacace

04/04/2024

Conversazione con Costanzo Cacace

Quando è stata raccolta questa intervista non era ancora stata annunciata la riapertura del Don Alfonso dopo un anno di chiusura per una radicale ristrutturazione in ottica di ecologia integrale che ha riguardato ogni aspetto dell'azienda, dalla gestione dei rifiuti, dei consumi idrici, energetici, qualità dell'aria a "zero emissioni". 
Costanzo Cacace appartiene alla prima metà della storia cinquantennale del famoso tristellato di Sant’Agata sui due Golfi, c’è un segno anche in questa coincidenza.

 

Sognava di fare il calciatore Costanzo Cacace, e grazie al calcio è arrivato nel mondo della ristorazione. A Roma si teneva un campionato importante per la sua categoria così un amico gli disse «perché non vieni qui a lavorare? così puoi anche giocare». Aveva 17 anni quando lasciò Sant’Agata sui Due Golfi inseguendo il pallone per scoprire di avere altre qualità. Cominciò come cameriere in un grande albergo e intanto giocava guidato da un grande allenatore, Dino Da Costa, ex della Roma. 

 

Il primo impiego fu all’Hotel Continental, poi al Parco dei Principi, all’Excelsior, una gavetta durata cinque anni, poi decise di tornare a casa ma era irrequieto così rientrò a Roma a lavorare in un ristorante a Piazza Campitelli, La Vecchia Roma, uno dei più rinomati allora. Tornato definitivamente a casa si sposò e nel 1980 gli arrivò la proposta di andare a lavorare nel ristorante della famiglia Iaccarino. L’aveva chiamato l’amico Alfonso dicendogli che avevano bisogno di un cameriere. I due giocavano a pallone nella stessa squadra, Costanzo centrocampista, Alfonso era punta, con uno scatto bruciante e un tiro fortissimo. Fortunatamente il richiamo della cucina ebbe il sopravvento sul calcio. Forse si è trattato di predestinazione per tutti e due anche se la famiglia di Alfonso gestiva da tempo quel ristorante che godeva di un buon nome in un territorio dove c’erano diversi altri ristoranti di pari qualità. Il locale era frequentato massimamente da napoletani. Quando Alfonso cominciò ad evolvere la sua cucina non fu facile al principio convincere quei clienti che rimanevano legati ai piatti tradizionali, ma intanto la voce si spargeva e cominciarono ad arrivare clienti anche da altre regioni, e turisti stranieri, mentre i napoletani cominciavano ad abituarsi alle novità. 

Costanzo Cacace con Luigi Veronelli, Alfonso e Lidia IaccarinoCostanzo Cacace con Luigi Veronelli, Alfonso e Lidia Iaccarino

Nel 1985 arrivò la prima stella Michelin. Alfonso - dice Costanzo - è sempre stato alla ricerca della finezza nella cucina napoletana cercando di ottenere il massimo dai prodotti del loro territorio fino ad arrivare a creare la sua azienda agricola da cui provengono tutt’ora i prodotti che usano in cucina. La seconda stella è arrivata nel 1990, me nella sua mente è rimasto indelebile il ricordo di quando nel 1997 vide Livia in lacrime perché lei e Alfonso avevano appena ricevuto la notizia della terza. Era il risultato di quasi vent’anni di lavoro di una grande squadra. A detta di Costanzo, Alfonso di stelle ne meritava 20!

Oltre a dirigere la sala con la sapienza di grande maître, il nostro ha sempre curato la cantina del ristorante. Ricorda che nei primi anni avevano anche i vini in botte, e il suo fiuto e le sue conoscenze lo portavano ad acquisire grandi vini, come quella volta in cui comprarono una botte di Solopaca del 1982, un vino straordinario che vendevano sfuso.


Nel 2003 Costanzo Cacace venne premiato dalla guida dell’Espresso come miglior maître d’Italia. Impossibile elencare i personaggi famosi che Costanzo ha servito ai tavoli del Don Alfonso: Jean-Paul Sartre, la Regina Beatrice dei Paesi Bassi, il presidente della Repubblica Azeglio Ciampi, persino degli astronauti americani che vennero a mangiare a Sant’Agata nei primi anni ottanta, e poi attrici e attori, imprenditori e campioni dello sport.

Costanzo Cacace con Luigi veronelli nella cantina del Don AlfonsoCostanzo Cacace con Luigi veronelli nella cantina del Don Alfonso

Ha lavorato al Don Alfonso per 27 anni, poi arrivò anche il momento degli addii quando decise di andare a fare un’esperienza al Relais Blu, a Massa Lubrense dove in cucina c’era un allievo di Heinz Beck. Vi rimase però solo tre mesi per divergenze di idee con il proprietario e si spostò al ristorante Capo La Gala a Vico Equense dove rimase due anni nei quali arrivò la stella Michelin. Poi andò a lavorare al Sirenuse, a Positano, un albergo stupendo, e anche lì arrivò la stella Michelin.  Rimase in quel ristorante per cinque anni poi abbandonò anche quello perché non aveva più voglia di affrontare quei servizi che andavano dalla mattina alla sera, poi la strada della Costiera Amalfitana è piena di curve con un traffico difficile, così si avvicinò a casa andando a lavorare alla Terrazza Marziale a Sorrento, un ristorante molto elegante. Erano anni irrequieti perché in breve tempo decise di spostarsi nuovamente. Il suo nuovo approdo fu in sala al Ristorante Casa Mele, dove finalmente trovò un proprietario divertentissimo, una persona molto allegra che amava il suo lavoro e stava in cucina alla preparazione di ottimi primi. 

E dopo tanto girovagare finalmente arrivò alla pensione.

 

Adesso Costanza fa il nonno per i suoi cinque nipoti, tiene dietro al suo orto e dirige una scuola di calcio, l’Atletico Sant’Agata, ma non dimentica la sua profonda passione per il vino così continua a curare la cantina di Mimmo De Gregorio alla Trattoria Lo Stuzzichino a Sant’Agata sui Due Golfi. Mimmo ha un profondo debito di riconoscenza per lui perché l’ha fatto crescere fin da giovane accompagnandolo alla conoscenza dei vini come da solo non avrebbe mai potuto fare, tanto che oggi la Cantina dello stuzzichino, con 900 etichette in carta, ha ottenuto vari riconoscimenti come migliore carta dei vini di tutte le trattorie italiane e se la gioca alla pari con il contesto stellare della penisola sorrentina. Costanzo conosce Mimmo fin da quando era piccolo, ne è anche padrino avendolo accompagnato alla cresima, e con lui condivide la passione che li porta alla scoperta di piccoli grandi vini di produttori poco noti. A detta di Costanzo, Mimmo possiede delle doti nella gestione del ristorante, nella cura della sala e nella conoscenza dei vini che possiedono in pochi, giudizio che espresso da lui equivale a una laurea honoris causa.

Costanzo Cacace a una recente manifestazione delle Premiate Trattorie Italiane allo Stuzzichino, SantCostanzo Cacace a una recente manifestazione delle Premiate Trattorie Italiane allo Stuzzichino, Sant'Agata Sui due Golfi

Quando si chiede a Costanzo come veda il futuro del servizio in sala lui risponde che la cucina è fondamentale, ma senza un adeguato servizio di accoglienza in sala è difficile completare il successo di un ristorante. Poi, con la sua risata contagiosa, commenta le difficoltà a trovare camerieri e cuochi in Italia dicendo che sembra che nel nostro paese la gente faccia solo attività di ristorazione. In realtà - continua - ci sono ragazzi che non sono adeguatamente preparati e probabilmente molti proprietari che non vogliono pagare tanto, non è una situazione semplice. Dalle sue parti ad esempio gli stipendi dei camerieri formati, cominciano a essere abbastanza corposi.

Impossibile chiedergli se veda in giro dei suoi eredi perché il contesto attuale non è comparabile al suo. Riconosce di essersi trovato ai suoi tempi in una situazione molto favorevole, il Don Alfonso è stata la sua università dove ha potuto crescere assieme ad Alfonso e Livia in un rapporto davvero esemplare. Dice che nello stesso paese di Sant’Agata ci sono ragazzi che sono andati a studiare a Montreux in Svizzera, a lavorare all’estero, accumulando grandi esperienze che a suo avviso devono essere sempre intrise di grande umiltà perché il cliente va messo a suo agio, va assistito, ascoltato, cercando di capire se vuole essere guidato, con molta discrezione. Mai fare i professori, specialmente con chi non ne capisce di vino. 

 

Costanzo Cacace è stato un grande maestro ma non ha voluto mai insegnare la sua arte perché non ne aveva tempo anche se le scuole alberghiere lo cercavano e l’ha cercato anche Niko Romito, suo grande amico che conosce fin dai primi tempi della carriera. Lo corteggiò a lungo perché desiderava che andasse a insegnare nella sua Accademia ma lui gli disse che era troppo attaccato alla sua terra.

a cura di

Bruno Damini

Giornalista scrittore, amante della cucina praticata, predilige frequentare i ristoranti dalla parte delle cucine e agli inviti nei salotti preferisce quelli nelle cantine. Da quando ha fatto il baciamano a Jeanne Moreau ha ricordi sfocati di tutto il resto.

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