Il team che lavora con voi come viene scelto?
“All’inizio una prova di due-tre giorni. Qui guardiamo, più che la preparazione tecnica che si mette sempre a posto, quanta passione e quanta disponibilità al cambiamento è disposta a fare quella persona. Quelli che esordiscono con ‘io sono abituato così’ non iniziano neppure la prova. Apprezzo invece il senso critico. Un esempio su tutti: Claudio Farina, entrato da noi cinque anni fa, nessuna esperienza lavorativa, ha cominciato subito appena finito l’alberghiero ed è ancora qui”.
Torniamo da Giovanni con una domanda precisa a proposito della sua idea di cuoco: un artigiano che lavora con le mani, la testa e il cuore. Questo viene percepito dagli ospiti?
“Io sono l’ultimo anello, insieme a mio fratello, di una catena ben più lunga. Chi è arrivato prima di noi, i miei nonni ma in particolare mamma e papà, hanno seminato molto bene, hanno portato i risultati che io e Alberto ora amministriamo. Noi non dobbiamo far altro che continuare a seminare, ma con un seme più affinato e contemporaneo. Il senso è quello di calarsi in un percorso che la famiglia ha tracciato, rendendolo più moderno, come ognuno di noi ha fatto in questi cento anni, nel proprio tempo e nel proprio spazio. Gli ospiti se ne accorgono? Si! E ne sono soddisfatti. Perché l’anima e l’identità sono state preservate”.
Quanto pesa l’educazione familiare che avete ricevuto?
“Tanto, ma altrettanto importante, oserei dire taumaturgica, è stata l’università. Se non l’avessi frequentata il peso di questo ruolo non è detto che sarei riuscito a sostenerlo, senza prima imparare il metodo. Qui, è ovvio, avrei avuto subito le porte aperte, ma sarei stato in grado di affrontarne la responsabilità?”
Lo vedi nella costruzione del piatto?
“Senza dubbio. È qui che serve il metodo. Non ha senso stravolgere un tortello, farlo scomposto o destrutturarlo. Non ha senso gettare via la storia. Ha invece senso affinare, lavorare con logica. Noi non dobbiamo stravolgere, rinnegare o cancellare ciò che altri hanno fatto per tutti gli anni precedenti. Il mio pensiero è tenere tutto quello che di buono ha fatto chi c’era prima di me, ma renderlo contemporaneo al gusto e alle esigenze alimentari di adesso”.
Cosa hai cambiato in cucina, Giovanni?
“Il sistema organizzativo: sono cambiati i tempi di produzione, la pasta si fa al momento, la qualità migliora ulteriormente. Voglio fare il meglio possibile, anche dal punto di vista etico. Cerchiamo la razionalità nel rapporto con i fornitori, comprando poco e spesso, e cercando di legarli ancor di più alla nostra idea di cucina, motivandoli. Voglio che i rapporti, in una cucina, siano sereni. Piccoli cambiamenti, ma importanti per la nostra identità. A volte i giornalisti mi chiedono quali novità, ma non possono esserci sempre novità eclatanti. La mia ricerca sulla pasta è fatta di piccoli dettagli, la pasta fresca è un mondo che cambia ogni volta, anche se non è una notizia eclatante, ma è quello che ricerchiamo ogni giorno”.
Rispetto all’essere social siete anche qui un esempio di diversità…
“Io non sono social, mio fratello un poco di più. Ci sono molti vantaggi, ad esempio quello di arrivare in breve tempo ad una incredibile quantità di persone, di contro il limite è che l’essere umano non è fatto per correre così veloce come internet. La nostra vita biologica non è così; è un miglioramento straordinario ma dobbiamo stare attenti a non superare il limite. Internet può aiutarci a valorizzare ma non a fare, non nella visione che ho io di questa professione”.
Il rapporto con il cliente dalla cucina com’è?
“Abbiamo la fortuna di essere famiglia e questo ci aiuta a capire meglio il bisogno del cliente, che lo capisce meglio chi sta in sala. Una cosa è certa, noi siamo al servizio de cliente, non lo dimentichiamo mai. Non cambiamo mai in base a chi tira la giacchetta da una parte o dall’altra. Quello che conta, per noi, è il lungo periodo. Non assecondiamo le sollecitazioni altrui, se non ci crediamo veramente”.
Su questo Alberto è addirittura talebano, soprattutto nel momento in cui parliamo del luogo in cui si trova il ristorante.
“Per me la natura è un elemento determinante nel fare questo lavoro. La serenità che ci attornia è funzionale a governare bene il ristorante, a migliorarci ogni giorno. Noi dobbiamo fare molto meglio ancora e ci sono le condizioni adatte per farlo. Vivere in un paese di 36 abitanti aiuta a cogliere, quando viaggi, aspetti che altrimenti non vedresti in modo così chiaro e adattarli, se sono utili, alle forme del servizio. Sta tutta qui la forza mia e di Giovanni, guardare la linea dell’orizzonte che c’è qui da noi e coglierne il bello, il vero”.
Luigi Franchi
Dal Pescatore
Località Runate 15 - Riserva del Parco Oglio Sud
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Mantova
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