È vero, i cellulari a Vinitaly non funzionavano, ma i parcheggi della fiera sì. Il traffico era tanto, ma per uscire dalla fiera e raggiungere centro città o casello dell’autostrada si impiegavano pochi minuti. Del resto, quando una città di 230.000 abitanti come Verona passa in pochi giorni a 380.000 persone (140.000 visitatori e circa 10.000 addetti, i numeri di Vinitaly) qualche disservizio bisogna metterlo in conto preventivamente e smetterla di lamentarsi; il brutto di Vinitaly rimane infatti questo, una sfilata dei professionisti del lamento (spesso purtroppo solo da una specifica categoria di giornalisti o pseudo-tali).
Invece vogliamo dire che questo 46° Vinitaly è stato quello dell’identità riappropriata dell’Italia? Quello della dimostrazione che si può vincere anche la crisi se si dà voce, come Vinitaly ha fatto, alle migliaia di imprenditori che credono fermamente nel loro lavoro, nelle loro idee e nei loro prodotti?
Ecco, questo per noi, è il risultato vero, tangibile dell’ultima edizione di Vinitaly che si è chiusa con 140.000 visitatori professionali, arrivati dall’estero e protagonisti del canale ho.re.ca. italiano.
Le cose che ci sono piaciute?
Alcuni convegni di grande interesse per il settore del fuori casa, tra cui quello organizzato presso lo spazio del Consorzio Soave e quello a cura di Unicab, dove si è indagato in maniera seria il rapporto tra vino e ristorazione.
La conferenza stampa del ministro Mario Catania che ha esordito dicendo “sono qui per voi per il tempo che desiderate”; un esempio di cortesia che ci eravamo dimenticati, abituati agli arrivi in elicottero e codazzo di postulanti di alcuni precedenti ministri.
L’assegnazione del Premio Internazione Vinitaly a Donatella Cinelli Colombini, la produttrice che è riuscita ad aprire le porte del vino italiano ai turisti di tutto il mondo: mai premio fu più meritato.
L’aria di normalità che si respirava negli stand, tra gli operatori e un pubblico curioso di sapere, capire, scoprire; senza sguardi dall’alto in basso come, in molti casi, succedeva negli scorsi anni. Un segnale di come il vino torni ad essere considerato per quello che è: una buona bevanda sinonimo di piacere e di gioia.
Gli spunti di analisi e di riflessione, le nuove conoscenze di vini e di produttori, il legame tra il vino e le produzioni tipiche italiane come il riuscito evento di presentazione di Aroma, il bel libro scritto da Michele Grassi che racconta dei 43 formaggi Dop italiani, realizzata presso lo stand del Consorzio del vino Custoza in abbinamento ai formaggi del territorio veronese.
Da queste cose si capiscono meglio le parole del ministro Mario Catania quando rivolge “un grazie agli imprenditori perché ci sanno indicare come uscire positivamente da una fase di crisi” mettendo in evidenza come nessun paese sa offrire, come l’Italia, diversificazione e identità.
Luigi Franchi