“Quando – racconta Elide- al frantoio transitavamo con i carrelli carichi di damigiane su un certo punto del pavimento, sentivamo che sotto c’era il vuoto. Allora abbiamo iniziato a cercare di capire cosa ci potesse essere lì sotto. Un amico, un padre agostiniano, da studioso quale era, ci ha illuminato in questa ricerca. Sono emerse due antiche neviere sotterranee che, una volta ripristinate, Vittorio non ha tardato ad utilizzare, con grande maestria, come fosse per la stagionatura dei pecorini. E pensare che nemmeno la proprietaria precedente ne conosceva l’esistenza”.
Ma la svolta più grande nell’attività dei Beltrami arriva con la decisione di acquistare terreni a Ripalta, una frazione di Cartoceto. In questo angolo di paradiso che conta un oliveto con 1600 olivi, alberi da frutto dimenticati come il corbezzolo, il corniolo, il nespolo, una grande ricchezza di erbe incontaminate e un bosco, Vittorio decide di fare il capraro. La scelta cade sull’allevare, allo stato semibrado, capre camosciate alpine, animali non conosciuti in quella zona, persino ai veterinari. Si tratta quindi di iniziare a codificare i loro comportamenti (ricostruito loro sistema di vita), per poter garantirgli benessere (Vittorio arriverà a organizzarle per famiglie per una convivenza pacifica fra loro), inoltre si rende necessario trasformare il latte che producono.