Quasi 365 giorni orsono aprivamo l’anno facendo nostra un’affermazione con la quale Carlo Petrini proponeva un cambio di prospettiva nel modo di guardare la terra, il cibo, la crisi.
“È giunto il tempo della sobrietà felice” diceva: sobrietà intesa equilibrio, come ricerca del buono e del bello a costi, di ogni tipo, accessibili e gestibili; e felicità, nella sua accezione più vicina alla terra, fertile, nutriente, favorevole, accogliente.
Sobrietà felice, non come meta, ma come compagno di viaggio, vi avevamo augurato.
A quasi un anno da quelle parole,
le statistiche, i numeri dell’horeca riportano ancora il segno meno, ma ci suggeriscono anche una situazione, seppur molto seria, in divenire: secondo un’indagine del centro studi di
Fipe, 7 locali su 10 per Natale proporranno un menu che costerà in media 52 euro a quanti italiani hanno deciso di festeggiare fuori casa, solo il 15% rispetto al già esiguo 23% del 2011. Nulla di nuovo: il calo dei consumi è un dato con il quale i pubblici esercizi si confrontano tutto l’anno e maggiormente in questo periodo, in cui solitamente si trascorre il pranzo o la cena di Natale con i propri cari, formando tavoli numerosi – e quindi costosi – che si preferisce sempre di più gestire tra le mura domestiche.
Però altri due dati registrano una
controtendenza: intanto, sempre secondo la Fipe, il cenone dell’ultimo dell’anno avrà in media un costo per il menu fisso di 77 euro, che diventano 81 per il 35% dei ristoranti che proporrà anche il veglione. Sarà che in coppia si è disposti a spendere di più per celebrare un’occasione speciale come quella di un nuovo inizio: fatto sta che, secondo
Federalberghi e Coldiretti, le prenotazioni per due o tre notti fuori casa sono aumentate, negli
agriturismi, del 4% rispetto allo scorso anno: cosa hanno scelto i 420.000 italiani che hanno prenotato, soprattutto attraverso il web e le guide turistiche? Località non troppo lontano da casa, montagna o città d’arte, non più la settimana ma al massimo il week end lungo, e soprattutto strutture che offrono tra le proprie attrazioni un’offerta enogastronomica appetibile, golosa, costruita sulle specialità e il gusto locali. Una tendenza già osservata, quella di preferire e rivalutare la dimensione del piccolo, del lento, dell’accogliente e della semplicità, propri degli agriturismi, aumentati peraltro in numero del 2,2% quest’anno, con la Toscana e l’Alto Adige saldamente in testa per densità e preferenze, seguite da Lombardia, Veneto, Umbria, Piemonte e Emilia-Romagna.
L’augurio di quest’anno scaturisce dunque dalla lettura di ciò che si intravede dietro questi numeri: c’è l’Italia, con la sua voglia di ripartite da se stessa. E con ognuno di noi.
Alessandra Locatelli