La storia del Brunello di Montalcino prodotto in Uruguay è ormai risaputa. Ma quello che era un caso isolato di contraffazione ancora pochi anni fa sta diventando un grave problema per il vino italiano. A maggior ragione ora che l’export sta facendo volare produzioni e quotazioni sui mercati di mezzo mondo.
Per fronteggiare il fenomeno della contraffazione Assoenologi, dalla platea del suo 66° congresso ad Orvieto, rilancia l’esigenza di tracciare il DNA al vino italiano, una carta d’identità a tutela dell’intera produzione nazionale.
Ci sono paesi in cui una bottiglia su tre è contraffatta, protagonista di quel fenomeno di ‘Italian sounding’ che esalta, ma nel peggiore dei modi, lo stile italiano.
“Quasi il 50% del vino italiano si dirige oltreconfine. Sempre lanciati gli spumanti (+25%). “Ma la vera sorpresa – osserva il direttore generale di Assoenologi, Giuseppe Martelli – è il vino in bottiglia che mostra un’ espansione dei valori del +7,4%, mentre il valore medio è in crescita del 10,6%”. I mercati che nell’ultimo anno hanno considerevolmente aumentato la richiesta di prodotto italiano sono quello cinese (+84,7%) e quello russo (+76,6%)”.
Quest’ultimo mercato, che segna le migliori performance, nei giorni scorsi ha applicato dazi che impongono una tassa di 1,6 euro per le bottiglie da 0,75 litri contro gli 0,80 euro imposti alla Francia e alla Spagna. Tradotto vuol dire che il vino italiano a Mosca costerà il 30% in più. Se questo è il risultato della grande amicizia che lega i due premier, russo e italiano, che Dio ce la mandi buona!
Diverso il caso dei mercati orientali, in particolare la Cina, dove ad apprezzare il vino italiano sono sempre più persone e, mentre fino a poco tempo fa erano classi abbienti, l’interesse si sta estendendo come conferma Maurizio Conz, broker vitivinicolo per i Paesi asiatici e la Cina: “Il prodotto inizia ad interessare anche le classi meno abbienti, che possono acquistare i vini più economici nella varie catene di supermercati”.
Per difendere l’immagine e il valore del vino italiano all’estero, la via indicata da Assoenologi è quella di utilizzare le varie analisi a disposizione dei tecnici – anche altamente sofisticate come quella sul dna del vino, dell’acido shikimico, dei flavonoli nei vini bianchi e degli antociani in quelli rossi – per smascherare le frodi. Nell’ultimo anno sono stati portati a termine dall’Ispettorato controllo qualità del ministero delle politiche agricole sequestri per 11,5 milioni di euro ed è spesso emersa una convivenza tra le aziende vitivinicole e società di intermediazione per i mercati esteri. E questo non va affatto bene. Per niente!