E in Italia, come si guarda al futuro del vino?
Dopo l'intervista con Giuseppe Martelli, abbiamo posto la stessa domanda a Lamberto Vallarono Gancia, Presidente di Federvini, ecco la risposta.
Gli Stati Uniti rappresentano un mercato in espansione e negli ultimi anni i consumatori americani si sono dimostrati curiosi e sempre più attenti alla qualità.
Il vino italiano, ed in particolare gli spumanti, trovano nel mercato americano uno sbocco significativo ed un’opportunità sulla quale le aziende stanno puntando attraverso investimenti mirati.
A livello globale, dopo un anno difficile nel quale si è registrata una contrazione dei fatturati delle società produttrici vinicole di oltre il 4%, nel 2010, grazie ad un’offerta sempre più mirata e di alta qualità, il comparto ha recuperato un 5%, che colloca l’intero indotto del vino ad un fatturato complessivo di 10 miliardi di Euro.
Nell'Unione Europea ai 27 stati membri, nel 2010, abbiamo esportato vini e mosti per un valore pari a 2 miliardi circa di Euro, mentre, a livello mondiale l'Italia ha esportato nel 2010 vini e mosti per un valore pari a quasi 4 miliardi di Euro ( nel 2009 abbiamo registrato un valore di 3,5 miliardi di Euro) ed in particolar modo negli USA abbiamo esportato vini e mosti per un valore di 827 milioni di Euro ( nel 2009 il valore si aggirava sui 742 milioni) dei quali circa 74 milioni solo di spumanti.
Esiste un parallelismo tra consumatori italiani e americani?
Nell’esprimere una considerazione parallela sui consumatori italiani rispetto agli atteggiamenti degli americani vi sono molti aspetti differenti ed alcuni trend non convergenti, in quanto consumatori di diversa storia, cultura e tradizione.
Innanzitutto ci troviamo di fronte a due culture del bere molto eterogenee: quella di oltre oceano è sicuramente più giovane, meno tradizionale ed incline all’innovazione e alla costante scoperta di nuovi prodotti; la cultura del bere del nostro paese è radicata, ha origine antiche e trova nella sobrietà e nella moderazione, tipica dello stile mediterraneo, la sua essenza.
Rileviamo che in Italia il consumo di vino, negli ultimi 10 anni, è diminuito: da alimento è diventato un piacere, ma rimane sempre alta l’attenzione alla qualità, alla scoperta di antichi vitigni, in particolare quelli autoctoni, dopo aver anche valorizzato quelli internazionali.
Diversa cultura e quindi diverso approccio?
Nell’ultimo periodo assistiamo ad un passaggio del consumo dal fuori casa a quello in casa che va in parte interpretato come un cambio dello stile di vita del consumatore, decisamente più attento alle spese e legato a momenti conviviali e celebrativi, anche quotidiani. Si consuma di più alla sera, mentre negli Stati Uniti è sempre molto forte la tendenza al bere miscelato. I consumatori italiani hanno un gusto molto evoluto e raffinato, i giovani in particolare dimostrano maggiore curiosità; invece in America si cercano i due opposti: o vini semplici e facili da bere o super strutturati .
Può azzardare previsioni per il futuro?
Non ritengo sia possibile prevedere un’evoluzione del consumo italiano nei prossimi 20 anni: è un lasso di tempo lungo e soggetto a troppe variabili. Ma possiamo affermare con certezza che nel nostro paese siamo depositari di un sapere antico, di un’enologia che esalta le caratteristiche e la storia del nostro territorio che è e sarà sempre un valore da preservare: i consumatori italiani si dimostrano essere i migliori testimonial delle nostre ricchezze. La grossa sfida sarà sempre di più spiegare, con un linguaggio semplice ed accattivante, le varie tipologie di territorio, i vini, i prodotti e le filosofie imprenditoriali che rendono unica ed inimitabile la nostra bella Italia dei vini!