Piacere e lentezza
“Sii paziente, ciò che conta nella vita
richiede tempo” afferma lo scrittore di viaggi, vita e cucina, Gianluca
Gotto. La pazienza e l’attesa sono sempre stati un ponte per il piacere.
Nelle relazioni, nella vita, ma anche quando parliamo di cibo e servizio. Li
ritroviamo saldi, come esercizi quotidiani, in Luigi Zolin Cibo,
un’osteria che si affaccia ad una strada del cento di Sandrigo (VI), località
storicamente legata alla preparazione del baccalà. Questa, che si presenta con
un’insegna rossa con su scritto “Ferramenta Colori”, è la casa d’ospitalità di
due fratelli, Luigi e Giuseppina Zolin, capaci in tarda età di darsi
alla ristorazione. O meglio, proprio all’osteria: qui, tra tavoli in legno
posati su pavimenti retrò circolano solo prodotti selezionati esposti in
ordinati scaffali, ricette della tradizione, sorrisi e abbondanti dosi di
genuinità. In sala campeggia la scritta “cucina lenta”: una sorta di
manifesto del locale, voluto da Luigi Zolin, per dire che qui si aspetta, non
per mancanza di organizzazione, ma per dare tempo ad alcune preparazioni
espresse di cuocere. “Giuseppina è bravissima - ci racconta Luigi, che nasconde
dietro al grembiule bianco un passato da stilista nell’alta moda, event
designer, e non nasconde invece un grande spirito di osservazione - è sempre
stata brava a cucinare. Ama preparare i piatti della memoria e lo fa con una
passione che è difficile rintracciare. Quando abbiamo aperto, dieci anni fa,
abbiamo deciso di andare controtendenza: si stavano affermando i locali con
cucine artificiose, ambienti modernissimi, servizi impettiti. Abbiamo
percorso un’altra strada: più lenta, più pacata, alla portata di tutti. I
nostri clienti, che vengono soprattutto da fuori, ci danno ragione. Qui si
dimenticano dell’ora, siedono e conversano, aspettano, si concedono tempo per
parlare, per guardarsi attorno. Anche io che mi occupo della sala traggo
vantaggio in questo ritmo lento: ho il tempo di conoscere l’ospite, lo osservo,
cerco di capire come posso farlo stare bene. C’è chi non ama il Parmigiano sul
primo piatto, chi gradisce il cuscino per una seduta più comoda, chi viene
perché sa di trovare una parola o un gesto di conforto. Ho tutto il tempo
necessario per comprendere queste necessità, memorizzarle, anticiparle. A
questo punto il rapporto non è più ristoratore - cliente, ma si accede a una
sfera di piacere e condivisione, di convivialità, e perché no, anche di
intimità, tra noi e chi ci fa visita che genera piacere da entrambe le
parti”. Non è un caso, poi, se piacere, dal latino placere condivide
la stessa radice con il verbo placare: entrambe riportano a una situazione di
calma, soddisfazione, accomodamento. Proprio quella vanno in molti cercando.