Stessa spiaggia, stesso mare… per 90 anni. È questa la durata che le concessioni di uno stabilimento balneare potranno avere d’ora in poi. Lo stabilisce l’articolo 5 del decreto Sviluppo approvato ieri dal Consiglio dei Ministri.
“Il diritto di superficie – che sostituisce il vecchio canone demaniale – sarà a pagamento e noi pensiamo che sarà pagato molto bene”, rassicura Tremonti. “Gli imprenditori però devono essere in regola con il fisco, con
la previdenza e pensiamo che debbano assumere giovani”.
In pratica, fermo restando il diritto di passaggio su spiagge e scogliere, che è inviolabile, il terreno o l’immobile degli stabilimenti balneari non saranno più oggetto di concessione, ma di diritto di superficie; il “prestito” durerà 90 anni, il canone sarà annuo e determinato dall'agenzia del territorio in base ai valori di mercato.
Tremonti, nell’affermare che “le spiagge restano pubbliche” rassicura che il termine lungo tutelerà il settore del balneare, componente fondamentale dell'economia turistica italiana che conta circa 30.000 imprese, con 300.000 addetti occupati, oltre ai lavoratori dell'indotto.
La questione delle concessioni. Il decreto arriva in risposta alla direttiva europea, denominata Bolkestein, che nel 2009 contesta all’Italia una procedura d'infrazione europea sul diritto delle concessioni, fino ad ora rinnovate automaticamente ogni 6 anni, cosa che ha permesso, anche ai piccoli imprenditori, di pianificare nel tempo importanti investimenti nelle strutture.
Secondo la direttiva comunitaria dal 2015, con lo scopo dichiarato di permettere a tutti di disporre di questi beni pubblici le concessioni del demanio marittimo turistico, dovranno invece essere messe sul libero mercato e assegnate all’asta ogni 5/6 anni. I gestori potrebbero quindi essere estromessi da grandi investitori, anche stranieri, che si mostrino interessati al settore.
Tutto ciò, dal 2009, ha dato origine a un comprensibile arresto a tutti gli investimenti da parte dei gestori degli stabilimenti balneari, con un conseguente grave danno alla nostra immagine e alla nostra economia balneare che vale 1/3 della ricchezza prodotta dall’intero comparto turistico.
Cosa succede nel resto d’Europa. In Europa, le aste sono rinnovate ogni 4-6 anni, tutti possono partecipare e chi offre di più si aggiudica la concessione che, alla scadenza, viene rimessa all’asta, permettendo allo stato di realizzare introiti direttamente proporzionali agli incassi delle attività.
Ad esempio, a Formentera, le concessioni vengono rinnovate ogni quattro anni, in Francia le concessioni per gli stabilimenti balneari vengono concesse per un massimo del 20% della superficie del litorale.
Come aggirare l’ostacolo europeo. Per scongiurare la maxi-multa della UE, il decreto cancella le due norme del codice della navigazione che stabiliscono il rinnovo automatico delle concessioni demaniali marittime e la prelazione per il gestore uscente. Una sorta di paracadute che potrebbe consentirci di andare a trattare con Bruxelles l'esonero dalla direttiva Bolkestein che si ripropone di combattere le rendite di posizione, i privilegi, le nicchie e le corporazioni e di promuovere la concorrenza, la competitività e la libera circolazione dei “prestatori di servizi”.
I 90 anni di durata per le concessioni balneari stabiliti dal decreto non sembrano proprio andare in questa direzione…
Polemiche da opposizione e ambientalisti, sostegno delle associazioni di categoria