Bilanciamento e contestualizzazione
Si parte dalla materia prima e la si scompone, perché il latte non è solo latte ma è acqua per l’88%, solidi per il 12%, e poi grassi, lattosio ecc. “La prima settimana di corso – spiega Poloni – serve a esaminare i diversi elementi e imparare a comporre una tabella di bilanciamento: si fanno i conti. Infatti, la miscela di base altro non è se non un calcolo. Ma il gelato deve essere anche contestualizzato, e dopo aver chiarito i parametri di bilanciamento dobbiamo sempre ricordare che non è un’entità fine a se stessa ma fa parte di un contesto. Il secondo passaggio, dunque, serve a inquadrare il posizionamento del gelato.
In vetrina possiamo avere tanti gusti, ma l’unica cosa che li accomuna è la temperatura di servizio.
Il messaggio che Maurizio Poloni e Antonella Olivieri lanciano è chiaro: chi decide di produrre e servire gelato artigianale deve raggiungere un grado di autonomia che gli permetta di offrire un prodotto dall’identità precisa, perfettamente eseguito, secondo le tendenze alimentari e di mercato, che risponda alle aspettative di chi lo consumerà.
“Fare un buon gelato richiede grande precisione – conclude Maurizio Poloni – non si può affidarsi al caso perché ci sono dei limiti al di fuori dei quali, che si lavori bene o male, non si può uscire. All’interno di questi limiti però ci sono infiniti punti di gusto e sono questi punti che è importante intercettare e interpretare; faranno la differenza e permetteranno di creare un prodotto dall’identità definita in grado di essere contestualizzato secondo il menù, la stagione, le usanze gastronomiche, e valorizzato. Un tempo l’artigiano prendeva spunto dall’industria per realizzare i suoi prodotti, oggi è l’industria che si ispira al prodotto artigianale: un motivo ci sarà”.