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Farage Cioccolato: la nuova frontiera dell’accoglienza è la sala da thè

11/09/2018

Farage Cioccolato: la nuova frontiera dell’accoglienza è la sala da thè
Un pensiero interessante perché l’immaginario collettivo riporta a saloni rivestiti di specchi, porcellane e argenti, vassoi di pasticcini, camerieri altezzosi che servono dame agées e signori incravattati, profumo di ancien.

Niente di tutto questo. Pensiamo invece alla sala da thè come concetto, non come luogo, e cerchiamo di comprendere il punto di vista di Lina Farage, raffinata padrona di casa di uno dei bistrot più accoglienti, eleganti e moderni nella sua classicità, che Milano offre.

Siamo in via Brera, a pochi passi dalla famosa pinacoteca e nel cuore di un quartiere alla moda che di giorno vive e la sera si anima. Qui, tutti passano, prima o poi, milanesi o turisti, per lavoro o per diletto.

Brasiliana di nascita, milanese da trent’anni. Studi di design e di moda e poi una lunga esperienza nel mondo della ristorazione insieme al primo marito, titolare di uno dei locali storici più noti della città, la forneria Garbagnati, oggi gestito dai figli Daniele ed Emanuele. Poi le loro strade si dividono e Lina sceglie come ispirazione della sua attività il cioccolato. Nasce Farage Cioccolato, bottega, luogo di delizie, punto d’incontro di un savoir faire innato e di capacità d’espressione.
Farage Cioccolato: la nuova frontiera dell’accoglienza è la sala da thè
Ma il negozio è piccolo e dopo un paio d’anni l’attività si trasferisce in via Brera dove, oggi, Lina Farage ci accoglie col sorriso e la cortesia che fanno parte di lei.

Perché è importante la sala da thè, tra le tante attività possibili, e come pensi che possa rappresentare il concetto di accoglienza?

Quando si parla di sala da thè si pensa a un luogo noioso per persone anziane. Oggi non è più così, abbiamo svecchiato il concetto – ci sono illustri esempi all’estero - e offriamo un ambiente piacevole dove trascorrere momenti di relax gustando ottimi prodotti. L’esigenza nasce dal fatto che la maggior parte dei locali – bar, caffetterie o bistrot – soffrono nelle ore del pomeriggio della mancanza di avventori. Finite le colazioni e le pause caffè, finito il pranzo, resta un buco fino a sera. Un orario inutile che grava sui conti e non offre soddisfazione: insomma, le spese non diminuiscono perché calano gli avventori e occorre far fronte offrendo alla gente un motivo per entrare e fermarsi. La sala da thè offre un pretesto e riempie il locale. Naturalmente rivisitata e rinnovata.

Cos’è cambiato nella sala da thè moderna?

Lo stile è cambiato, perché punta su eleganza leggera e allegra, sulla luminosità piuttosto che sulla penombra, sull’arredamento un po’ kitch se vogliamo, in grado di accogliere giovani e meno giovani. Un ambiente che il cliente ama fotografare e, perché no, postare sui social. Le proposte sono cambiate: dolci sì, ma originali e serviti con classe. È il dessert al piatto il protagonista, come al ristorante ma molto più che al ristorante.

Cosa intendi con dessert? Non il solito vassoio di pasticcini, vero?

Certo che no. È ovvio che la selezione di pasticcini o cioccolatini rimane una risorsa, ma io intendo proprio un dessert, cioè un piatto creato appositamente. Il pomeriggio è il momento ideale per gustare il dolce, molto più che a fine pasto quando lo si accetta svogliatamente. Ecco, in questo modo lo si può valorizzare, ma è molto importante il servizio. Non si possono guardare quelle monoporzioni tristi adagiate solitarie su un piattino anonimo con sotto ancora il vassoietto di cartone. Io non l’ho mai fatto. I miei dessert sono veri e propri piatti dove la monoporzione – punto di partenza – viene servita sulla porcellana e decorata, accompagnata, completata da altri ingredienti che vanno a comporre la mise en place. Il dessert non è nutrimento, è godimento. La maggior parte dei miei clienti sono persone che lavorano e pensano a nutrirsi bene, sano e leggero, ma nel pomeriggio fanno una pausa e vogliono sentirsi appagate. È rilassante, no?

Chi sono queste persone e cosa vogliono?

Gente che lavora nei dintorni e che da me viene anche per la pausa pranzo; tanti turisti, moltissime donne, giovani, ben vestite. Le donne sono molto esigenti. La monoporzione è il segno dei tempi e rappresenta l’individualismo, la voglia di essere protagonisti: le nostre monoporzioni servite al piatto ne sono l’apoteosi.

Con quali bevande sono servite? È importante l’abbinamento?

Purtroppo gli italiani sono in generale poco preparati per apprezzare un buon thè o un caffè di pregio. Serviamo 12 tipi di thè, nero, verde, aromatizzato con fiori, affumicato, ma la clientela non li conosce. Solo le donne scelgono, ma scelgono solo il thè verde perché hanno sentito dire che ha proprietà “miracolose”. Peccato che sia l’unico tipo di thè che con i dolci si accompagna male. Gli stranieri apprezzano di più. Per il caffè ho scelto il Blue Mountain dalla Giamaica: straordinario con le praline!

E la pausa pranzo, in che modo la gestite?

Non c’è la cucina, per motivi di spazio. Ho studiato un metodo per offrire comunque piatti gustosi. Il menu è orientato prevalentemente su insalate, verdure crude e cous cous, che non hanno bisogno di cottura ma vengono preparate nel nostro piccolo laboratorio attrezzato di banco refrigerato dove le materie prime sono sempre freschissime. Per il menu cotto, molto limitato, utilizzo il servizio di una gastronomia molto seria che mi fornisce ottimi prodotti assolutamente garantiti. I dolci, il pane e le creme arrivano ogni giorno dalla pasticceria Garbagnati, sono quelli che producono i miei figli.  Ho trovato il sistema per avere un’offerta completa, di alta qualità e garantita anche sotto il punto di vista dell’igiene, della shelf life e della sicurezza. Inoltre, ho risolto il problema del personale di cucina. Un solo addetto è in grado di assemblare i piatti e gestire tutti i compiti.
Farage Cioccolato: la nuova frontiera dell’accoglienza è la sala da thè
Il personale di cucina è un problema, perché?

Purtroppo ci sono troppi, soprattutto giovani, non all’altezza del compito. Se non sono preparati pensano di essere dei fenomeni, se hanno una discreta preparazione e un po’ di esperienza, non hanno metodo. In un locale piccolo come il mio occorre un metodo ferreo, preciso e organizzato. L’igiene soprattutto non è un concetto astratto ed io su questo non transigo. Anche trovare del buon personale di sala non è facile: è un settore difficile, ammettiamolo, è complicato, ma diamo un servizio e deve essere perfetto.

Quali sono secondo te le regole della buona accoglienza?

Onestà: dobbiamo offrire ciò che il cliente si aspetta; giusto rapporto qualità/prezzo: non serve il lusso ma qualità e servizio; coerenza ed etica: l’etica dovrebbe essere alla base di tutto.

Insomma, da negozio di cioccolateria il Farage Cioccolato è diventato un locale dove vivere la giornata?

È stata una scelta obbligata. Il cioccolato per me è il simbolo dell’accoglienza, dell’eleganza, ma non si vende tutto l’anno; la caffetteria e le colazioni non bastano e neppure il pranzo. Con la sala da thè ho chiuso il cerchio. Per sostenere i costi bisogna ottimizzare.

Hai da poco aperto un blog dove condividi idee, pensieri e ricette. Perché?

Perché in tanti me lo chiedevano e l’idea mi divertiva. Mi piace mostrare il piacere che provo nel fare il mio lavoro e la gioia di vivere la mia casa, le piccole cose della vita. E la mia è stata complessa, ma quello che mi ha aiutato a mantenere l’equilibrio è una visione, forse antica, del piacere della casa e della famiglia intesa non come aggregazione ma condivisione della gioia di vivere. Condividere è una sorta di terapia e se può essere utili ad altri, perché no?
Farage Cioccolato: la nuova frontiera dell’accoglienza è la sala da thè
Cosa c’è del tuo Brasile nella tua attività e nel tuo modo di affrontare la vita?

Tutto. Il “mio” Brasile è molto diverso da quello di oggi e significa bellezza e dolcezza, importanza per i vincoli affettivi, gioia di vivere. L’amore per la cucina semplice per esempio; sentimenti che mi hanno trasmesso la mia famiglia, le mie nonne soprattutto. Il piacere di accogliere: servire su un bel piatto, su una tovaglia ricamata, con cura. Non significa sfarzo ma gioia. Il mio salottino piace, l’ho fatto come piaceva a me, ma mi sono accorta che incontra il gusto di molti, perché fa sentire a proprio agio, fa venire voglia di restare.

Lina sorride, e mi porge un piatto col bordo dorato dove sul candore della porcellana spiccano dei coloratissimi brigadeiros, cioccolatini morbidi e delicati tipici del Brasile. Se non li conoscete… Sì, si sta proprio bene, qui.

Marina Caccialanza

Farage Cioccolato
Via Brera 5
Milano
www.faragecioccolato.it

 
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