Una situazione che è abbastanza drammatica, se si pensa che il turismo in Italia è una delle industrie che ha più futuro…
“Esatto. A questa prima osservazione ne segue una seconda, ancor più preoccupante. Infatti, anche quando si sviluppa una filiera formativa sull’ospitalità il tema viene trattato solamente sotto l’aspetto tecnico, non è abbastanza. È indispensabile un approccio culturale all’ospitalità, e questa mancanza rischia di creare profili che non bastano alla qualità del sistema. Non viene spiegata la radice culturale dell’ospitalità, quella che fa capire a un ragazzo che l’ospitalità è la vera rivoluzione in questa epoca: è il mestiere di desiderare il bene degli altri. Ma nessuno glielo dice. Da queste due osservazioni privilegiate ho deciso che non potevo stare fermo, dovevo fare qualcosa che non poteva essere un semplice progetto di scuola. Dovevo affrontare in maniera complessiva il problema, partendo dal concetto che l’ospitalità è integrata alla bellezza, all’arte, allo stile, quindi con quanto di più ricco c’è in Italia. Solo così si valorizza l’ospitalità, dandole spessore umano, dicendo a gran voce che l’ospitalità è gioire dello star bene delle persone”.
Da queste tue riflessioni nasce dunque Ospitalia: ma con quali concreti obiettivi?
“Inizialmente ho chiesto una mano ad alcuni amici: Giovanni Rovelli, titolare di Activeart, e Stefano Ravelli, amministratore delegato di Valsgana Lagorai, per coniare il brand Ospitalia e fare un primo convegno dove raccontare questa cosa. Il workshop, fatto nel dicembre 2017 a Levico, doveva marcare la differenza tra le centinaia di incontri che si fanno sul turismo e tracciare subito il tratto identitario di Ospitalia, la prima relazione fu affidata ad Alessandro Martinelli, un teologo della diocesi di Trento, a cui abbiamo chiesto di parlare dell’ospitalità nelle tre religioni monoteiste, per far capire a tutti che volevamo fare cultura. A lui è seguito l’intervento della Società dei Territorialisti, una onlus di urbanisti, sul tema del territorio bene comune. Infine è stata la volta di Marco Rossi Doria, maestro di strada e ex-sottosegretario all’istruzione, che lavora da sempre con ragazzi difficili, e gli abbiamo chiesto di parlare di scuole ospitali. Volevamo iniziare a parlare seriamente di ospitalità come motore di sviluppo del territorio e ci siamo riusciti”.
Cosa serve a un territorio per essere definito ospitale?
“Questa è la grande domanda che sottende alla missione di Ospitalia. A cui aggiungerei come facciamo noi, individui, con il nostro impegno, con le nostre relazioni, a contribuire affinché il nostro territorio diventi più ospitale? Dopo il primo convegno abbiamo cominciato a procedere con l’obiettivo di espandere, fuori dal Trentino, questi concetti. Abbiamo creato il collegamento con Re.Na.I.A., la rete nazionale degli istituti alberghieri. Poi abbiamo incontrato e coinvolto soggetti che trattano il tema della bellezza e del paesaggio, quali Oasi Zegna e il FAI; quello della cultura, coinvolgendo la Feltrinelli. Abbiamo cominciato a far crescere Ospitalia, creando un manifesto fondativo e dividendo in tre aree il nostro impegno. La prima area è la cultura dell’ospitalità dove, attraverso i convegni e la comunicazione, si parla dei valori primari dell’ospitalità, di quella rivoluzione a cui ho accennato prima. La seconda area è quella che individua i modelli di azienda che possono accompagnare questa crescita ospitale nei luoghi. Qui si apre un grande dilemma: invasione o crescita equilibrata dei territori? Noi siamo per una crescita che incrocia l’identità dei luoghi, perché l’ospitalità è strettamente collegata con l’anima dei luoghi. Ci interessa la loro dimensione umana, perché i ragazzi che vi crescono possano assorbirne l’anima per trovare più facilmente il senso del loro vivere. La terza area riguarda l’impatto economico dell’ospitalità; la nostra era è completamente definita dal turismo, lo dice Marco D’Eramo, autore de I selfie del mondo, ospite di uno dei nostri convegni. Il turismo è la più grande industria del secolo a livello mondiale, ma proprio questa dimensione va governata con un approccio ampio dove far capire che non è solo il denaro che conduce la vita degli uomini a pensare allo sviluppo delle proprie terre. È un elemento importante, produce benessere, ma serve anche un’etica delle imprese, servono imprenditori illuminati che possono guidare lo sviluppo. Questo è un grande tema che ne apre uno ancora più importante: se si forma una cultura rinnovata del modello di ospitalità, quali sono le filiere formative necessarie?