Lorenzo Barsotti
Mentre il curriculum di Filippo Di Bartola viaggia su un registro diverso: dopo le stagioni dalla zia, la prima esperienza d’impatto avviene al banco del bar Forte America a Forte dei Marmi, dal 1995 per cinque anni; un passaggio all’Enoteca Marcucci a Pietrasanta; l’approdo, come responsabile di cantina all’Enoteca Pinchiorri (Fu lui a servire gli ispettori Michelin nell’anno della terza stella); infine, dal 2003 al 2007, all’Enoteca L’olio e il vino di Lorenzo Viani a Forte dei Marmi.
Nel 2008 apri il tuo primo locale, Da Filippo. Cosa hai pensato quel giorno?
“Che lo volevo. A tutti i costi. Quando lasciai l’Enoteca Marcucci ricordo che dissi: non ho soldi, ho investo su Filippo o non posso fare diversamente. Trovai la fiducia nel mio progetto da parte del direttore di banca e, da quel momento, cominciai a costruire il mio futuro professionale. Forse il locale di adesso nella testa c’era già dieci anni fa, ma ero consapevole dell’esperienza che non avevo. Quindi pochi piatti, sei in tutto ma ogni giorno diversi. Avevo una cuoca di casa, senza nessuna esperienza di cucina di un ristorante, ma con lei ho giocato sull’emozione e il plauso dei clienti. Ed è diventata una grande cuoca. Quel giorno, il primo di apertura, era uscito un articolo sul quotidiano locale e ricordo, da solo in cucina, che piansi come un bimbetto”.
Come hai scelto quel tipo di cucina e di servizio e come hai formato la tua brigata?
“Ho girato tanto. Era fondamentale vedere quali erano i locali pieni, perché erano pieni. E dove la gente stava più a suo agio per trovare la formula vincente. La cucina è venuta di conseguenza. Noi tutti proveniamo da una cucina molto semplice, fatta di sapori che tornano alla mente e ti riempiono il cuore di ricordi. Quello volevo e quello, anche qui dove la ricerca è più spinta, rimane il fulcro. Con la brigata, invece, faccio sempre un lungo colloquio non per capire quale esperienza o quali ambizioni, bensì per chiedere ai miei ragazzi cosa non piace di questo mestiere. Solo così vengono alla luce i problemi e si cercano le soluzioni. Il gap generazionale a volte inibisce il confronto, invece bisogna avere il coraggio di mettersi nelle loro mani”.
Qual è la tua ambizione nell’aprire questo nuovo locale?
“Ho deciso di aprire un altro ristorante perché avevo voglia di completare il lavoro in maniera diversa. La mia ambizione parte sempre dal cliente. Da lui ho avuto la forza di capire che questo è il mio mondo. In realtà volevo fare il giornalista, poi lavorando in questo ambiente, giorno dopo giorno, il cliente mi ha messo questo pungolo: poter dare un prodotto più completo possibile. In questa città, nella Versilia, c’era lo spazio per fare qualcosa di più”....
fine prima parte...continua
Luigi Franchi
Foto di Andrea Moretti