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Flavio Carsughi, un italiano a Barcellona

19/09/2022

Flavio Carsughi, un italiano a Barcellona

Ci sono molti cuochi italiani che scelgono di andare all’estero a lavorare e i motivi principali sono sempre uno stipendio più alto rispetto al nostro Paese e la voglia di fare esperienze diverse.

 

Ne abbiamo incontrato uno di questi, Flavio Carsughi, a cui abbiamo posto un po’ di domande.

 

Da dove vieni, quanti anni hai e perché hai scelto di lavorare lontano dall’Italia?

“Sono nato a San Sepolcro, in provincia di Arezzo nel 1990, mi sono diplomato all’istituto alberghiero di Pieve Santo Stefano e sono partito subito per Londra dove sono restato 18 mesi. Poi sono venuto a Barcellona dove ho lavorato dapprima al Carlota, successivamente con la catena Melià dove ho svolto il ruolo di capopartita ai secondi, infine al Virens, all’interno dell’hotel Almanac, dove sono tuttora”.

La sala del VirensLa sala del Virens

Che ruolo ricopri al Virens e che cucina si fa in questo ristorante?

“Il Virens è un ristorante vegetariano nato sotto l’egida dello chef Rodrigo de la Calle, uno dei migliori 50 chef al mondo. Suo è il ristorante El Invernadero a Madrid, una stella verde e una stella Michelin. Al Virens lui ha dettato la linea di cucina e a me spetta il compito di eseguirla, con un cambio di almeno due piatti ogni mese in funzione di quella stagionalità che l’agricoltura biologica sa offrire”.

 

Da quanto tempo sei al Virens?

“Abbiamo aperto nell’ottobre 2019, per poi chiudere tutto pochissimi mesi dopo a causa del Covid. Quindi il lavoro vero, serio, è cominciato nel luglio 2021”.

Salmorejo di caroteSalmorejo di carote

Come ti trovi? Avevi mai fatto un’esperienza così radicale?

“No, per me è stata una scoperta davvero interessante. Lavorare in cucina con le carni o con il pesce è decisamente più facile. Realizzare un piatto solamente con le verdure, renderlo accattivante per far capire anche quanto è buono è molto più difficile. Ti fa cambiare anche prospettiva rispetto al tuo stile di vita. Prima non avevo mai pensato, se non in maniera superficiale, al futuro sostenibile del pianeta. Oggi sono consapevole che per ottenere questo risultato anche il nostro compito di chef è fondamentale e, perciò, credo che, anche se cambiassi posto di lavoro, sceglierei questo tipo di cucina. Anche se è ancora difficile farla comprendere e realizzare un piatto intero solo con le verdure è abbastanza complicato”.

 

Quanto è importante per te il riconoscimento di una guida come la Michelin?

“Sicuramente per il mio futuro professionale essere uno chef stellato (cosa che ancora non sono) sarebbe un aiuto importante ma credo anche che, oggi, sia più importante svolgere il proprio lavoro in maniera sostenibile. Ho letto proprio sul vostro sito di un cuoco italiano, Jacopo Ticchi, che ha deciso di rispettare il fermo pesca (leggi qui l'articolo). Ecco, queste sono le cose che mi piacciono di più del mio mestiere e, grazie al rapporto che ho con Rodrigo de la Calle, sto imparando le logiche del rispetto in cucina, delle materie prime e del lavoro. Anche per questo siamo stati selezionati tra i primi tre ristoranti vegetariani spagnoli per il Discovery Award 2022 dalla guida We’re Smart e la proclamazione avverrà l’8 novembre”.

 

Come ti vedi nel tuo prossimo futuro, in Italia, a Barcellona o dove?

“Sarebbe bellissimo tornare in Italia, aprire un mio ristorante a Pieve Santo Stefano, fare lì tutto quello che sto imparando in questi anni. Però è troppo presto: ho ancora molto da imparare, poi dovrei convincere la mia compagna a spostarsi da una città cosmopolita come Barcellona a un piccolo borgo rinascimentale. Conto di stare ancora qui per due/tre anni”.

Flavio Carsughi, un italiano a Barcellona

Anche perché sarebbe ancor più difficile aprire un ristorante vegetariano in Toscana, patria della carne…

“Sarebbe difficile aprire un ristorante che dia reddito in Italia oggi. Per quanto riguarda la Toscana sarebbe stimolante aprire le menti. Perché è questo che deve fare uno chef oggi: la ristorazione deve diventare sostenibile, non ha più alcun senso che arrivino i prodotti, che so, dal Perù”.

 

A Barcellona uno chef percepisce un compenso più alto rispetto all’Italia?

“Nel mio caso no! Di certo non ci sono problemi d’ingaggio regolare essendo nella Comunità Europea. Infatti qui al Virens, dopo tre mesi di prova, l’assunzione è con un contratto a tempo indefinito, ma lo stipendio è uguale a quello italiano, al massimo 35.000 euro all’anno”.

Tartare di rape rosseTartare di rape rosse

Perché hai scelto di fare il cuoco? Cosa ti piace davvero di questa professione?

“Non sono figlio di Masterchef. Ho semplicemente vissuto in una famiglia dove si cucinava bene, il cibo era considerato per i valori, anche simbolici, che recava. Perché mi piace fare il cuoco? Per dare emozione alle persone con un piatto, per dare sfogo ad una creatività che altrimenti resterebbe compressa. Ogni sera esco in sala, guardo come si comportano gli ospiti, cerco di capirne le aspettative. Non mi accontento del tutto bene? Soprattutto qui al Virens dove spesso arrivano gli ospiti e sono impreparati a questo tipo di cucina ma solitamente ne escono soddisfatti”.

a cura di

Luigi Franchi

La passione per la ristorazione è avvenuta facendo il fotografo nei primi anni ’90. Lì conobbe ed ebbe la stima di Gino Veronelli, Franco Colombani e Antonio Santini. Quella stima lo ha accompagnato nel percorso per diventare giornalista e direttore di sala&cucina, magazine di accoglienza e ristorazione.
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