Sono decisamente interessanti i dati elaborati dal Food Industry Monitor 2022, l’Osservatorio creato otto anni fa dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, che, in questa ottava edizione, ha riversato l’attenzione sull’imprenditoria familiare nell’agroindustria.
La presentazione, avvenuta nella sede dell’Università a Pollenzo (TO), ha visto l’introduzione e la presentazione del rapporto affidata a due relazioni introduttive molto interessanti, condotte da Michele Fino, professore associato di UNISG, e da Carmine Garzia, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio, docente di Management presso l'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Le conclusioni a Carlo Petrini, fondatore di Slow Food International e presidente dell’Università di Scienze Gastronomiche.
Michele Fino e la sostenibilità
“La sostenibilità, di cui parlano tutti quando le cose vanno bene mentre quando le cose non vanno bene, come in questo periodo di guerra e pandemia, viene messo da parte, è la capacità di un sistema di durare senza consumare risorse irriproducibili che sono necessarie al pianeta. Spesso viene scambiato con il termine resilienza, anch’esso sovra-abusato, mentre sono completamente diversi e, anzi, in questo momento, spesso antitetici. Infatti la resilienza a cui tutti noi abbiamo fatto riferimento nel periodo pandemico ha messo a dura prova la sostenibilità. Un esempio su tutti – ha raccontato il professor Michele Fino – è il dato di ISPRA che, a fine 2021, evidenziava che nei nostri mari c’erano più mascherine che meduse. Lo stesso sistema economico cinese sta puntando alla resilienza per tornare ai livelli pre-pandemia ma non è certo un esempio di sostenibilità. Per quanto riguarda l’energia – continua Michele Fino – l’Italia pesa per il 38% dalla Russia e solo per il 9% da fonti alternative, a differenza della Germania che vanta oltre il 50% di energie alternative. Anche i tedeschi hanno avuto comunque la tentazione di accendere le centrali a carbone, tutto questo è sensato? si domanda il giornale Die Zeit. Stiamo facendo tentativi seri per salvare il pianeta o continuiamo a spostare in avanti le soluzioni?
“Dobbiamo smettere di cercare occasioni per NON cambiare” ha affermato Michele Fino. Dobbiamo cominciare dai gesti quotidiani, dalle relazioni sociali, persino dal carrello della spesa, non possiamo aspettare le grandi decisioni, occorre una nuova responsabilità di tutti.
I dati dell’Osservatorio Food Industry Monitor 2022
Il 2021 ha segnato una forte ripresa nel settore del food, con una crescita record del 6,8%, superiore a quella del Pil (6,6%). La crescita si protrarrà anche nel 2022 e nel 2023, con tassi intorno al 4% annuo, più del doppio del Pil. La redditività commerciale (ROS) ha raggiunto il 6,5% nel 2021, e le proiezioni indicano una sostanziale tenuta anche per 2022, nonostante le forti tensioni sui prezzi delle materie prime. La struttura finanziaria delle aziende del settore resta solida, con una lieve crescita del tasso di indebitamento. Nel 2021 le esportazioni hanno ripreso a crescere con un tasso superiore al 10%, in forte rimbalzo rispetto al -0,4% del 2020. Le esportazioni continueranno a crescere, ma a tassi molto più contenuti fino al 2023. Questi sono i dati generali elaborati dall’Osservatorio di Food Monitor Industry che, nelle previsioni 2022/2023 evidenzia come i comparti delle farine e del caffè saranno interessati nel 2022 da una crescita a due cifre, questo anche per effetto dell’aumento dei costi delle materie prime. Faranno bene anche i comparti dell’olio, dei surgelai e del latte. Il vino crescerà del 4,8%, appena al di sotto della media settoriale. I comparti più dinamici per le esportazioni nel 2022 saranno: distillati, birra, latte e soft drink, ma anche vino e pasta fanno bene nell’export.
**L’analisi delle performance di sostenibilità evidenzia che il 98% delle aziende utilizza del tutto o in parte materie prime a ridotto impatto ambientale. Circa l’88% delle aziende usa in via esclusiva o prevalente packaging sostenibili. Circa il 57% ha ottenuto una o più certificazioni inerenti alla sostenibilità ambientale e il 30% circa pubblica un bilancio di sostenibilità, mediamente da almeno tre anni. “Materie prime a ridotto impatto ambientale significa che sono state prodotte secondo criteri quali il km zero o l’agricoltura biologica, con fonti di energia rinnovabile e/o packaging da materie prime riciclate. La tendenza è molto diffusa, anche se utilizzata in modo non esclusivo. - ha precisato Carmine Garzia - Se dunque il 98% delle aziende utilizza del tutto o in parte materie prime sostenibili, solo un 22% le utilizza in modo prevalente. Rispetto ai dati dello scorso anno, le imprese stanno comunque incrementando in modo significativo gli investimenti in sostenibilità”.
Per quanto riguarda le gestioni familiari delle imprese i risultati evidenziano che “le società familiari hanno un ruolo preponderante nel settore del food. Il 78% del campione di aziende analizzato è controllato da una o più famiglie. L’86% ha un Consiglio d’Amministrazione interamente composto da membri della famiglia, l’11% è caratterizzato da una composizione del CdA mista, che comprende membri esterni e interni alla famiglia; il 3% ha un CdA composto interamente da membri esterni. Solo l’8% delle imprese analizzate ha un CEO esterno alla famiglia”.
“Un elemento su cui riflettere – sottolinea Alessandro Santini, Head of Corporate & Investment Banking per Ceresio Investors – se si considera che circa il 65% delle aziende è attualmente gestito dalla prima generazione di imprenditori, il 30% dalla seconda e poco più del 4,5% riesce a giungere alla terza e quarta generazione. In molti casi insomma non si considerano i benefici di un modello gestionale aperto, che preveda l’affiancamento di manager esterni a membri familiari, e questo è spesso una delle cause di forte freno allo sviluppo. In taluni casi può minare la continuità familiare dell’azienda”. In generale, comunque, le aziende familiari che riescono a mantenere una guida solida e stabile hanno performance di redditività e produttività superiori a quelle con un CEO non familiare. I dati dimostrano che la scelta vincente è un management team con membri della famiglia affiancati da manager professionisti, cosa che consentirebbe alle aziende di ottenere migliori performance di redditività (ROS) e soprattutto di costruire un profilo di sostenibilità più solido”.
Le conclusioni di Carlo Petrini
Un autentico visionario che anticipa sempre le tendenze, solo così si riesce a comprendere la lettura che Petrini dà di questo periodo storico: “È necessario coinvolgere i nostri studenti quando si organizzano queste cose – ha rimproverato in apertura del suo intervento – perché, in 18 anni di università, abbiamo formato centinaia di ragazzi che hanno aperto le loro piccole aziende nel settore dell’agroalimentare, sia produttrici sia di consulenza o marketing. Ed è importante ascoltare le loro voci, soprattutto in questo momento storico dove la risposta a guerre medievali può venire anche dai giovani, dal loro modo di guardare il mondo che è decisamente migliore rispetto al nostro. Infatti non possiamo più permetterci di fare i grandi appuntamenti, come l’ultimo a Glasgow della Cop26, e non mantenere gli impegni che ci siamo assunti. Occorre dirlo che il sistema alimentare, con tutte le sue contraddizioni, è il primo responsabile dello sconquasso ambientale, con emissioni cdi Co2 che incidono per il 34%. Non possiamo nasconderci dietro alla bellezza del paesaggio, dobbiamo affrontare il problema, mettere in atto cambiamenti profondi. Oggi più del 50% della pubblicità si gioca sul termine sostenibilità, ma quel termine è un elemento di pensiero ben più profondo! Il cibo non è solo una componente economica, non può essere ridotto a comparto economico e finanziario, esso è un elemento fondamentale per vivere e come tale deve essere trattato. Cominciamo con il farlo noi, persone semplici, cambiando alcuni nostri gesti assurdi: come smetterla di comprare un etto di prosciutto avvolto nella plastica. Oppure la produzione agroalimentare che produce cibo per 12 miliardi di viventi, siamo però in 7 miliardi, quindi il 33% del cibo nel mondo viene sprecato, il 33% capite? Quanti milioni di terra fertile vengono utilizzati male? Quanti milioni di acqua vengono sprecati? Sono questi i pensieri che occorre tenere a mente, insieme a un altro: trecento anni fa la rivoluzione industriale ha creato le condizioni per permettere all’uomo di vivere bene ma partendo da un principio profondamente sbagliato: che le risorse fossero infinite!”
Ora abbiamo davanti un’altra rivoluzione, più difficile da attuare perché nessuno di noi ne vedrà le conseguenze positive; quella della transizione ecologica.
“Una rivoluzione – afferma Carlo Petrini – che non si può misurare sulle nostre esistenze, una rivoluzione che ancora non conosciamo ma che è indispensabile iniziare per non correre il rischio che l’umanità non abbia più il tempo sufficiente per cambiare. Dobbiamo capire che non è nella crescita la salubrità”.
Luigi Franchi