Quarta edizione del festival del pane e del grano e di chi si impegna per fare agricoltura nel rispetto della salute delle persone e della Terra. Sabato 1 e domenica 2 giugno, tra Bologna e Monghidoro
«Se compro una pagnotta di grano antico chi mi garantisce cosa c’è dentro e cosa mangio senza controlli? È stato dato valore a qualcosa che non ce l’ha.»
«Grani antichi? Una moda piena di falsità.»
«Non si può rispondere alle esigenze moderne con risposte del passato e le varietà antiche non danno alcun beneficio. È giusto dirlo ai consumatori che pagano prezzi più alti per comprare prodotti realizzati con queste farine.»
«I grani antichi non sono amici dell’ambiente perché sono poco produttivi e perciò servirebbero molti più ettari di terreno per avere un quantitativo accettabile.»
«Il grano antico poteva andare bene per il mondo di 100 anni fa ma oggi è del tutto inutile.»
Non usano il guanto di velluto gli ineffabili alfieri dell’agricoltura intensiva nei loro attacchi frontali al movimento che ricollega giovani generazioni di fornai alle produzioni cerealicole locali creando una filiera che ha stimolato il recupero dell’antica cultura del grano e del fare pane artigiano.
Il perché di questi attacchi è facilmente spiegabile: questa filiera, diffusa ormai su tutto il territorio nazionale, pur coinvolgendo un numero relativamente ridotto di artigiani e contadini rispetto alla maggioranza che pratica l’agricoltura convenzionale e fa uso di farine derivanti da quei grani, comincia a dare fastidio all’industria chimico-cerealicola perché fa proseliti sui due versanti della produzione e del mercato. Queste buone pratiche di agricoltura sostenibile hanno restituito valore economico, sociale e culturale alla coltivazione dei cereali in montagna sviluppando la produzione di pane pulito, sano e giusto, preservando la biodiversità e recuperando dall’abbandono territori variamente caratterizzati da campi e boschi, coinvolgendo anche i clienti-acquirenti nella condivisione di una nuova coscienza etica.