Il progetto Fovea
Nato e cresciuto in mezzo al grano duro, la domanda che Michele si è posto è: “perché non è possibile utilizzarlo per produrre birra?”.
La sua risposta l’ha trovata in un lungo periodo di ricerca e di sperimentazioni, di certo era un’impresa ardua. Nessuno era attrezzato per maltare il grano duro, così il primo passo è stato la costruzione di una micro malteria artigianale che fosse concepita per questo specifico cereale. Dopo qualche anno e l’esperienza di Michele, oggi due malterie italiane si sono organizzate per realizzarlo, di cui una a Lucera, a pochi chilometri dal birrificio.
“Non esisteva prima del 2019 un solo esempio di birra con il 100% di malto di grano duro e ancora oggi la nostra Fovea è l’unica al mondo di questa tipologia e non poteva che prendere il nome dell’antica città di Foggia, legata indissolubilmente alle fosse granarie. Si inserisce nel contesto delle birre di grano internazionali che sono le weiss tedesche e le blanche belghe, ma a differenza di queste - che hanno sempre una percentuale del 50% di malto d’orzo accompagnato da grano tenero - la nostra sfida è stata utilizzare esclusivamente grano duro”.
Territorio, ma anche sostenibilità: un altro concetto che ritorna. “Con lo scarto (ovvero la trebbia di grano duro) realizziamo del pane buonissimo, sono orgoglioso della circolarità che riusciamo a rendere realtà. Fovea non imita nessuna birra al mondo, questa è la vera rivoluzione, da qui il nome del progetto Fovea Revolution”.
Dopo aver ricevuto, nel 2021, il premio Birra dell’anno da Unionbirrai, Fovea è stata inserita tra le 30 birre più iconiche della storia della birra artigianale italiana (che ha appena compiuto 30 anni) dall’autrice Alessandra Agrestini nel libro “Di cotte e di crude”.