Sono migliaia le foto che ricordano, sui social, il grande Maestro Gualtiero Marchesi. Ciascuno di noi ne ha almeno una, accanto a lui, nel proprio cassetto dei ricordi; anche questo un segno della straordinaria generosità di Marchesi. Sempre disponibile, sempre prodigo di consigli. Alcune delle sue frasi, al pari delle sue creazioni culinarie, hanno cambiato, in modo definitivo, la visione della cucina.
“Chi parla di cucina, parla a vanvera se non chiarisce che la creatività e l’improvvisazione possono nascere solo da un lungo tirocinio, dalla perfetta conoscenza della materia prima e delle cotture” scrisse nel suo messaggio a Expo.
La creatività e la riflessione per lui erano simbiosi perfetta per poter rendere al cibo l’onore che merita: quello di portare benessere, di diffondere cultura e, perché no, di essere arte. Gualtiero Marchesi, lo dico senza timore di smentita, è il cuoco di cui, semplicemente chiudendo gli occhi e anche per chi non le ha mai assaggiate, si ricordano visivamente le creazioni.
Lo voglio ricordare in due modi: con un brano di intervista e con la foto di questo articolo.
Una foto che ho scattato all’Accademia Marchesi in occasione della presentazione del suo Grande Ricettario della Cucina Italiana, dove molti dei suoi allievi lo festeggiano: lo ricordo come uno dei momenti più sinceri del mondo gastronomico, troppo spesso ridotto a barnum.
L’altro è un estratto della lunga intervista/conversazione che feci con lui alcuni anni fa, di cui riporto due risposte: una è l’inizio della sua lunga bellissima storia, l’altra è la sintesi vera del suo pensiero.
Cosa la spinse a viaggiare, scoprire, capire cosa succedeva negli anni ’50 nella cucina internazionale e italiana?
“Sono nato figlio di albergatori e ristoratori con una iniziale scarsa voglia di studiare, ancor meno di seguire la strada dei miei genitori. Fu mia madre che, con uno spettacolare colpo d’ala, mi spedì a 17 anni al Kulm Hotel di St. Moritz. Mi sono entusiasmato di quello stile e, in quel momento, mi sono reso conto dell’ambiente straordinario in cui ero nato. Fu così che decisi di iscrivermi alla scuola alberghiera a Lucerna. Alla scuola seguirono molti anni al Mercato, l’albergo dei miei genitori, dove passavano tutti, Fellini, Visconti, Testori che definì il nostro ristorante tra i migliori degli alberghi in Europa. Poi l’incontro con mia moglie che mi ha appassionato alla musica, con lei ho cominciato a studiare il piano. Sono state queste due donne che hanno influito sulla mia formazione e vita. Il passaggio successivo fu la Francia e l’incontro con Troisgros, da cui me ne andai solo dopo aver capito. Capito cosa? mi chiese. Vedrai, fu la mia risposta".
Da maestro quali sono i suoi maestri?
“Il maestro è colui che insegna con l’esempio”.
Ci sono migliaia di parole che ricordano il Maestro, in questi giorni in rete, tra queste prendo in prestito una frase dell’oste Franco Cimini: Fortunati gli angeli , cucinerai per loro. Riposa in pace Maestro.
Luigi Franchi