La risicoltura campana
Era il 1820 quando, con un decreto regio, morì la risicoltura campana. Ci si apprestava alla bonifica dell’area, l’emergenza sanitaria della malaria lo rendeva necessario. È così che per duecento anni la risicoltura è stata cosa d’altri.
“Non abbiamo mai smesso di coccolare il sogno di nostro padre, sin dalla sua scomparsa, ma soltanto adesso ci è parso fosse il momento giusto. Per fare qualcosa di davvero innovativo bisognava partire da un lavoro di ricerca: prima la storia per poi giungere alle nuove tecnologie in campo”, spiegano i fratelli Bifulco.
Sfruttando il know how della Piana del Sele specializzata in baby leaf, sin dal primo momento si è deciso di coltivare il riso in secca e nelle serre fredde. Una scelta particolarmente sostenibile, visto che l’irrigazione a microportata localizzata, detta anche irrigazione a goccia, aumenta la precisione ed elimina gli sprechi d’acqua. Inoltre, la serra è di aiuto nella riduzione dell’impiego di fitofarmaci e prodotti di difesa.
“Quando termina la stagione delle baby leaf parte la nostra, anche questo aspetto ci indica che stiamo percorrendo la strada giusta. In più, quando raccogliamo il riso lasciamo direttamente pacciamatura utile, evitando costi aggiuntivi e facendo risparmiare un passaggio agli agricoltori”.