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I camionisti non vanno più in trattoria?

21/02/2025

I camionisti non vanno più in trattoria?

Quella che vedete qui sotto è una foto simbolica, un paio di camion parcheggiati nello spiazzo di una classica trattoria lungo una delle tante strade del nostro Paese.

L’immagine vuole descrivere, con una punta di nostalgico romanticismo, come la scelta di un ristorante, una volta compiuta osservando i parcheggi dei ristoranti, nel tempo è approdata su strumenti sempre più sofisticati, prima i giornali, quindi, le guide, infine le applicazioni e le recensioni online, con quelle su Google che stanno surclassando, per numero, tutte le altre.

Quell’immagine, però, mi sono reso conto solo dopo, rappresenta anche altro: due soli camion in un grande spazio raccontano, infatti, di un cambiamento nei costumi che avviene, non tanto per l’utilizzo di nuovi mezzi più o meno tecnologici per effettuare una scelta, ma, più prosaicamente, per necessità, per una combinazione di cause, principalmente un generale impoverimento e un aumento dei prezzi al consumo. 

 

I camionisti non vanno più in trattoria?

Cosa sia successo e con quali modalità, è stato oggetto di un paio di sondaggi condotti da Fedetrasporti e di un’analisi dei commenti pubblicati nei gruppi di camionisti riuniti sui social network più diffusi.

Prima di approfondire la situazione presente, facciamo un passo indietro, ricordando cosa abbia significato, e, in parte, ancora significhi, un fenomeno che, attraverso i decenni, ha rappresentato una modalità di consumo del pasto, fin dal dopoguerra, entrata nell’immaginario collettivo.

La ripresa di produzione e commercio e lo sviluppo dei trasporti, soprattutto, negli anni del boom economico, ha creato nuove necessità. La consegna delle merci in ogni angolo del Paese, svolta principalmente su gomma, ha avuto come naturale conseguenza un forte aumento della presenza di mezzi pesanti sulle strade, i quali, pensati per lunghe percorrenze, dovevano sostare in luoghi che fossero, anzitutto, lungo la via, comodi per manovrare e, fattore determinante, un posto buono per mangiare.
La rete autostradale stava crescendo a ritmo serrato e, se vogliamo, le aree di servizio attrezzate per il rifornimento di carburante, si ispirarono proprio a quegli spiazzi, spuntati un po’ ovunque sui percorsi delle maggiori direttrici, per impiantare strutture, alcune per allora avveniristiche, destinate alla ristorazione e, in seguito, al commercio.

Gli autogrill, appaltati oggi a diversi grandi marchi di ristorazione collettiva, non hanno però intaccato il successo delle “trattorie per camionisti”, come abbiamo imparato a conoscere e definire per praticità. Spesso, dovendo, comunque, interrompere il viaggio, anche in ossequio al codice della strada, molti autisti hanno continuato a preferirle, uscendo dall’autostrada, per fermarsi nelle aree adiacenti alle statali, le quali, nel frattempo, si sono evolute, dotandosi di molti servizi utili a soddisfare le esigenze dei lavoratori del trasporto.

Così, nel tempo, questi luoghi si sono trasformati in un punto di riferimento, anche per chi                                                                    viaggiava, per diletto o lavoro, senza per questo essere un camionista, facendoli diventare parte del panorama e luogo comune: “dove parcheggiano i camion si mangia bene (e si spende poco)”.

L’assioma ci ha accompagnato per decenni, anche se per mangiare bene si intendeva, più che altro, “tanto” e, certamente, si rispettava il secondo principio, potendosi rifocillare a un costo contenuto.

Cosa è cambiato, dunque? Ci fermiamo ancora quando vediamo un parcheggio pieno di camion e gli stessi autisti dei giganti della strada preferiscono ancora questa opzione per la pausa pranzo? 

Negli ultimi anni, grazie allo sviluppo tecnologico, i camionisti hanno a disposizione diversi strumenti per monitorare i ristoranti, condividere le informazioni, valutare la cucina. Ciò ha permesso di perpetuare e raffinare l’abitudine di fare tappa nelle trattorie, ma anche di aumentare e diffondere la conoscenza della “ristorazione da strada”.

Tutto ciò ha migliorato l’esperienza, facendo scegliere un luogo non solo per conoscenza diretta o grazie alla percezione positiva data dall’affollamento, ma anche di sviluppare un passaparola non più solo tramite la radiotrasmittente (il “baracchino), ma anche con l’ausilio di app e social network.

Tuttavia, nonostante sia più facile individuare piazzali e relative trattorie, pare che la romantica immagine, metafora di un buon pasto nel posto giusto, non sia più realtà dei nostri giorni. I numeri, infatti, raccontano un’altra storia con una consistente diminuzione di camionisti che scelgono ancora di mangiare come una volta, dal momento che dal 2010 al 2018 si è passati dal 70% al 50% dei camionisti intervistati.

L’arco di tempo indagato è lungo e non è neppure così recente, tanto da far immaginare che la percentuale sia scesa ulteriormente. Pensiero avvalorato dai commenti rilevati in rete, perché, in effetti, l’innalzamento dei prezzi è un fenomeno di questi ultimi 5 anni.

Se la media di un pasto fino a pochi anni fa era di 11 euro, oggi si è avvicinata ai 18 euro.

A queste cifre gli autisti, non potendo, peraltro, contare sulla copertura completa da parte dei datori di lavoro, devono rispondere cambiando abitudini, magari tornando alla cara vecchia “schiscetta”, che, oggi, grazie a una strumentazione innovativa che fa sembrare le cabine dei camion dei mini appartamenti, può essere un’alternativa programmata a lungo e molto più conveniente.

In conclusione, se si pensa che il fine dining sia morto, le trattorie dei camionisti non stanno molto bene.

 

a cura di

Aldo Palaoro

Giornalista ed Esperto di Relazioni Pubbliche, da quando non si conosceva il significato di questo mestiere. Ha costruito la sua professionalità convinto che guardarsi in faccia sia la base di ogni rapporto. Organizza corsi di scrittura e critica gastronomica.
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