Non volevo fermarmi a quello e, per cominciare a capire di più, gli ho chiesto di aiutarmi a raccogliere le loro storie di vita che, ora, rappresentano l’ossatura principale del libro. Mi sono inoltrato, con molta discrezione, in questo mondo nuovo e ho capito che non potevo stare in silenzio, io che avevo la possibilità di far emergere il problema. È stato un viaggio interiore che mi ha profondamente cambiato per le tante belle persone che ho incontrato, dai genitori ai bambini, dai medici allo staff di cucina che ha condiviso subito il percorso che mi ero prefissato. Fagioli ribelli prende il nome dalla forma dei piccoli reni di questi bambini. Uno degli scopi primari di quest’opera è riuscire a far sentire la voce dei suoi protagonisti, trasmettendo fiducia, condivisione, solidarietà e senso di speranza. Le prime azioni ci dicono che abbiamo imboccato la giusta strada. Da Bologna vorremmo che si espandesse in tutta Italia coinvolgendo sempre più persone”.